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Apprendistato negli studi professionali:

Il contratto di apprendistato negli studi professionali è disciplinato dal CCNL per i dipendenti degli studi professionali nella versione rinnovata del 17 aprile scorso ed in particolare all’art. 28 viene definita la percentuale dei lavoratori che deve essere mantenuta in servizio alla scadenza del contratto stesso.

È questo l’argomento trattato da un articolo pubblicato oggi (24.11.2015) dal Sole 24 Ore (Firma: Alessandro Rota Porta; Titolo: “Apprendisti da confermare al 20%”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

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L’apprendistato cerca il rilancio all’interno del contratto collettivo nazionale degli studi professionali rinnovato il 17 aprile di quest’anno. Con particolare riferimento all’apprendistato professionalizzante, l’intervento effettuato nel Ccnl si muove principalmente lungo due direttrici: la regolamentazione delle percentuali di conferma e la definizione della componente formativa.

Per quanto concerne la prima disciplina l’articolo 28 del Ccnl stabilisce, infatti, che il datore di lavoro deve aver mantenuto in servizio almeno il 20% dei lavoratori il cui contratto di apprendistato sia “venuto a scadere” nei 18 mesi precedenti per le strutture sotto i 50 dipendenti (senza la previsione del Ccnl non ci sarebbe vincolo di legge) e il 50% degli apprendisti per quelle sopra i 50 dipendenti.

Agli effetti pratici, quanto illustrato significa che, qualora il datore di lavoro violasse la clausola contrattuale, subirebbe la trasformazione del contratto in un normale rapporto di lavoro subordinato solo se occupa almeno 50 dipendenti; viceversa, la violazione avrebbe effetti solo sul piano privatistico (a fornire questa interpretazione è intervenuta la circolare del Lavoro 18/2014). Questo perché la formulazione normativa generale (Dlgs 81/2015) richiede solo ai datori di lavoro che occupano non meno di 50 dipendenti di assumere nuovi apprendisti purché abbiano confermato almeno il 20% dei rapporti di apprendistato, nei 36 mesi precedenti.

Per i profili formativi, il Ccnl lascia sostanzialmente svincolati i datori di lavoro da qualsiasi onere per la formazione di base, qualora la Regione di riferimento non abbia attivato l’offerta formativa pubblica nei termini indicati dalla norma (articolo 44, del Dlgs 81/2015) ossia entro 45 giorni dalla comunicazione di assunzione del lavoratore apprendista. Pertanto, la mancata erogazione della componente trasversale, in caso di inerzia della Regione, non comporterà alcuna responsabilità a carico dei datori di lavoro che applicano questo Ccnl.

Invece nell’ipotesi in cui la formazione sia fruibile, per i contenuti e la durata della stessa il contratto nazionale rinvia alle linee guida adottate in conferenza Stato-Regioni, con l’intesa del 20 febbraio 2014: 120 ore per gli apprendisti privi di titolo, in possesso di licenza elementare e/o della sola licenza di scuola secondaria di 1° grado; 80 ore per gli apprendisti in possesso di diploma di scuola secondaria di secondo grado; 40 ore per gli apprendisti in possesso di laurea o titolo equivalente.

Passando poi alla componente specialistica, il contratto collettivo nazionale prevede un percorso formativo con un monte ore ridotto rispetto alla precedente regolamentazione che imponeva da un minimo di 300 a un massimo di 360 ore, a seconda del livello finale di inquadramento: l’attuale previsione va da 260 a 280 ore complessive (incluse quelle di eventuale formazione pubblica), senza i vincoli prima imposti circa l’erogazione minima nel primo anno di contratto (sul tema valgono le indicazioni del ministero, fornite con la circolare 5/2013).

Si fa notare, infine, come le disposizioni contenute nel Ccnl degli studi professionali, sebbene sottoscritte il 17 aprile 2015, siano del tutto in linea con il codice dei contratti, attuativo del Jobs act.

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