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Doppia causale per le assunzioni a termine

Come fin qui si è detto, l’art. 1 del D.Lgs. n.368/2001, nell’affermare il principio secondo il quale il contratto di lavoro è di norma a tempo indeterminato, ammette tuttavia l’apposizione di un termine al rapporto di lavoro, in caso di esigenze di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo.
Sorge pertanto sul punto una domanda: è possibile indicare nello stesso tempo due motivazioni differenti per giustificare l’apposizione del termine al contratto di lavoro?

Tale questione è stata affrontata dalla Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 6328 del 16 marzo 2010.

Tale sentenza è stata emanata a seguito di una controversia giudiziaria, instaurata da una lavoratrice nei confronti dell’ex datore di lavoro la quale impugnava il contratto a termine stipulato per le seguenti ragioni: “esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi, nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002, 13 febbraio e 17 aprile 2002 congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo estivo”.

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La lavoratrice deduceva nell’atto introduttivo del giudizio, che l’indicazione di una causale multipla, quale ragione giustificatrice del contratto a termine, fosse di per sé indice di genericità ed incertezza della ragione stessa.

Sia il Giudice di prime cure che la Corte d’Appello condividevano l’assunto della lavoratrice ed in particolare deducevano la indeterminatezza e la genericità delle esigenze di carattere tecnico, organizzativo, produttivo e sostitutivo poste a base del contratto a termine ed affermavano che la circostanza di aver indicato nel contratto di lavoro ben tre causali giustificative del termine, e cioè la riorganizzazione in atto, la mobilità del personale e l’esigenza di fronteggiare le ferie nel periodo estivo, determinava in effetti l’illegittimità del contratto stesso e conseguentemente avevano concluso dichiarando la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato fin dall’inizio e condannando la società datrice di lavoro a pagare alla lavoratrice la retribuzione mensile con decorrenza dall’atto di messa in mora.

La società datrice di lavoro proponeva ricorso in Cassazione e, per quel che qui interessa, con il primo motivo essa deduceva la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368/2001, art. 1, nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata. Al riguardo la società rilevava che “dalla sentenza sembrerebbe che il solo fatto di avere indicato tra causali giustificative del termine apposto al contratto di lavoro abbia convinto la Corte territoriale della illegittimità di tale termine, e ciò in violazione del D.Lgs. citato, art. 1, che non impone l’indicazione di un’unica causale”.

La società inoltre affermava che tutte e tre le causali congiuntamente indicate “a giustificazione della clausola oppositiva del termine al contratto di lavoro tra le parti avrebbero corrisposto a situazioni reali al momento dell’assunzione … essendo in atto un processo di ristrutturazione della società, nell’ambito del quale era stata attivata una procedura di mobilità che aveva condotto alla stipulazione degli accordi sindacali citati nel contratto ed essendo l’assunzione avvenuta in un periodo in cui si era aggiunta altresì la necessità di sostituire il personale in ferie“. Il primo motivo si concludeva poi con la formulazione del seguente quesito da parte della ricorrente alla Corte: “Se, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, in presenza di due o più esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, idonee singolarmente o unitariamente considerate, a giustificare l’assunzione a termine, il datore di lavoro possa richiamare tali molteplici esigenze nel contratto di assunzione a termine del singolo lavoratore, ovvero se, ai fini della legittimità dell’assunzione con contratto a termine, debba sussistere e, quindi, essere indicata nel contratto di assunzione, un’unica esigenza di carattere tencico, produttivo, organizzativo o sostitutivo“.

La Corte Suprema, aderendo al precedentemente orientamento già espresso dalla Corte stessa nel 2008 (sentenze n. 12985, 16396 e 21092) sul punto ha affermato che “se nel caso concreto ricorrono due ragioni legittimanti è ben possibile che le parti, nel rispetto del criterio di specificità, le indichino entrambe ove non sussista incompatibilità o intrinseca contraddittorietà, nè ridondando ciò di per se solo, salvo un diverso accertamento in concreto, in incertezza della causa giustificativa dell’apposizione del termine“, ciò significha che tali ragioni, oltre ad essere chiaramente e dettagliatamente specificate nel contratto, dovranno essere reali e in rapporto di causalità con l’assunzione a termine.

Pertanto la Corte Suprema, nella sentenza in esame, ha ritenuto erronee le argomentazioni svolte dalla Corte di Appello relativamente alla ritenuta genericità della indicazione in contratto delle cause che giustificavano l’apposizione del termine al contratto di lavoro unicamente perchè si trattava di “ragioni molteplici”.

E sul punto concludeva che la presenza in un contratto di più ragioni legittimanti il termine, non costituisce di per sé sola, salvo naturalmente un diverso accertamento in concreto, un’incertezza della causa giustificativa del termine.

La Corte Suprema rigettava il ricorso proposto dalla datrice di lavoro.

Tale decisione assume grande rilievo, perchè consente di venir fuori dall’equivoco, creato dai giudici di merito sul fatto che la ragione giustificativa del contratto a termine debba essere necessariamente unica a pena di invalidità del contratto stesso. Pertanto seppure la presenza di più causali non comporti di per sè illegittimità del termine per contraddittorietà o incertezza della causa giustificativa, resta tuttavia impregiudicata la necessità che ciascuna ragione sia adeguatamente specificata e non appaia generica.

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