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La circolare del Ministero Lavoro sulla maxisanzione:

Sempre in argomento lavoro irregolare la circolare del Ministero Lavoro sulla maxisanzione per lavoro nero introduce modifiche al regime sanzionatorio che sono contenute nell’art. 22 del D.Lgs. n. 151 del 2015 (Circolare n 26 del 12 ottobre 2015).

Ad esempio, proprio per quanto concerne il lavoro nero, l’art. 22 del D.Lgs. n. 151/2015 ha sostituito il comma 3 dell’art. 3 del D.L. n. 12/2002 (convertito dalla L.n. 73/2002) nel senso che la modifica apportata non andrà ad incidere sulla condotta integrante la fattispecie illecita (lavoro nero), atteso che il comportamento sanzionato resta “l’impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con l’esclusione del datore di lavoro domestico”.

La novità sta nel fatto la nuova disciplina elimina la “previsione di un trattamento sanzionatorio più favorevole, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo a quello prestato “in nero” (c.d. maxisanzione affievolita), con la conseguente equiparazione di tale fattispecie alla condotta tipica”.

Di seguito l’approfondimento in tema contenuto in un articolo pubblicato oggi (21.12.2015) dal Sole 24 Ore (Firma: Stefano Rossi; Titolo: “I tre mesi di servizio sono necessari anche per le attività stagionali”).

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Ecco l’articolo.

La circolare 26/2015 del ministero del Lavoro dedicata alla maxisanzione per lavoro irregolare lascia aperti alcuni problemi legati all’interpretazione dell’articolo 22 del Dlgs 151/2015.

La circolare esclude a ragione la possibilità di accedere ad agevolazioni contributive con la sottoscrizione di contratti a tempo indeterminato, ma non spiega se, stante il rinnovo dell’esonero contributivo per le nuove assunzioni previsto per il 2016 dalla legge di Stabilità, i contratti a termine di tre mesi, alla scadenza si possano trasformare accedendo allo sgravio previsto dalla legge 190/2014.

Se lo scopo della norma è consentire al datore di lavoro di accedere al pagamento della sanzione in misura minima, tuttavia, non dovrebbe trovare spazio la possibilità di accedere alla decontribuzione per contratti che comunque sono stati sottoscritti per sanare un rapporto irregolare.

La chance del part-time

Un’altra questione riguarda la possibilità del datore di regolarizzare il lavoratore con un contratto part-time soprattutto nei settori delle pulizie o dei pubblici esercizi, dove la prestazione di lavoro è legata a orari svolti nei fine settimana o, comunque parcellizzata, con difficoltà di ipotizzare un minimo di 20 ore rispetto al normale orario di lavoro, in particolare se il prestatore svolge già altre attività, anche a carattere intermittente.

Il contratto a termine

Per la regolarizzazione, il datore potrebbe poi sottoscrivere un contratto a termine a orario pieno di durata non inferiore a tre mesi, che dovrà, comunque, rispettare il limite di contingentamento dei contratti a termine previsto dal Dlgs 81/2015, con il rischio di incorrere anche nella sanzione per il superamento della soglia legale del 20% o del diverso limite previsto dai Ccnl.

I contratti a tempo indeterminato part-time o a termine full time non si conciliano con le attività stagionali, soprattutto agricole, di raccolta dei prodotti, o nel settore dell’edilizia perché le prestazioni di lavoro sono legate alle specifiche lavorazioni, come ha sottolineato l’Associazione nazionale dei consulenti del lavoro in un’istanza di interpello, alla quale ha fatto seguito la nota 20549 del 26 novembre 2015. Il ministero ha precisato però che il personale ispettivo non può effettuare alcuna valutazione nel merito sulla fattibilità della ottemperanza alla diffida.

Il mantenimento in servizio

Per quanto riguarda poi il mantenimento in servizio per tre mesi del personale, già in forza presso il datore di lavoro, si pone la difficoltà di ritenerlo senza esclusioni, come precisato del resto dal ministero. In sostanza, mentre nella “stabilizzazione” delle collaborazioni a progetto e delle partite Iva secondo il Dlgs 81/2015 è prevista l’esimente del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, nella diffida prevista con il Jobs act, il mantenimento in servizio del lavoratore per tre mesi dovrà trovare pieno compimento, qualunque ne sia la ragione, entro il centoventesimo giorno dalla notifica del verbale. Ciò vuol dire che il lavoratore non potrà dimettersi per giusta causa, né il datore lo potrà licenziare, né potrà trovare spazio il recesso per mancato superamento del periodo di prova. Il ministero dovrebbe dunque chiarire quali ipotesi di interruzione del rapporto possano rappresentare esimenti alla diffida.

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