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Contratto ibrido o part-time? Differenze, pro e contro per lavoratori e aziende

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Riforme del lavoro in Italia: analisi critica di effetti e conseguenze
Riforme del lavoro in Italia (diritto-lavoro.com)

Questo articolo esamina le differenze tra contratti di lavoro ibridi e part-time tradizionali, analizzando aspetti come flessibilità, requisiti legali, sicurezza lavorativa, vantaggi economici per le aziende e preferenze dei lavoratori.

Differenze nei criteri di flessibilità

I contratti ibridi sono stati progettati per offrire una notevole quantità di flessibilità ai dipendenti, combinando elementi di lavoro remoto e in ufficio.

Questo tipo di contratto consente ai lavoratori di gestire meglio l’equilibrio tra vita lavorativa e personale, riducendo i tempi di spostamento e migliorando la produttività.

D’altro canto, i contratti part-time tradizionali tendono ad avere una struttura più rigida in termini di orari, sebbene offrano comunque il vantaggio di giornate lavorative più brevi rispetto ai contratti a tempo pieno.

La flessibilità nei contratti part-time si limita generalmente alla scelta di turni, piuttosto che alla gestione personale del tempo di lavoro e sede.

La pandemia ha accelerato l’adozione di modelli di lavoro flessibili, rendendo i contratti ibridi sempre più attraenti sia per i datori di lavoro che per i dipendenti.

Questo cambiamento sta influenzando anche la cultura aziendale, promuovendo un ambiente di lavoro più inclusivo ed efficiente.

Differenze nei criteri di flessibilità
La flessibilità nel lavoro ibrido (diritto-lavoro.com)

Requisiti legali e regolamentari

I requisiti legali per i contratti ibridi e part-time possono variare significativamente.

I contratti part-time sono regolamentati da leggi ben definite che indirizzano aspetti come il numero massimo di ore lavorative settimanali, i diritti di retribuzione, e l’accesso ai contributi previdenziali.

I contratti ibridi, essendo relativamente più recenti, possono avere una regolamentazione meno dettagliata, ma devono comunque aderire alle normative relative al lavoro a distanza, sicurezza dei dati e monitoraggio delle prestazioni.

È indispensabile per le aziende adottare politiche chiare che rispettino le normative vigenti, sia per proteggere i diritti dei lavoratori che per evitare contenziosi legali.

Inoltre, le giurisdizioni internazionali possono presentare leggi divergenti sulle modalità di lavoro ibrido, richiedendo alle multinazionali di personalizzare le loro impostazioni contrattuali secondo le norme locali per garantire la conformità.

Impatto sulla sicurezza lavorativa

La sicurezza lavorativa è un aspetto cruciale che distingue contratti part-time tradizionali e contratti ibridi.

I contratti part-time hanno storicamente offerto meno sicurezza rispetto ai contratti a tempo pieno, spesso associati a minori benefici e maggiore incertezza riguardo al rinnovo dei contratti.

Tuttavia, i contratti ibridi possono offrire un equilibrio maggiore, mantenendo una parte di presenza fisica in ufficio e la visibilità con i manager, pur godendo dei vantaggi del lavoro a distanza.

Questo può tradursi in una percezione di maggiore sicurezza lavorativa rispetto al part-time.

Anche i datori di lavoro possono beneficiare migliorando la fidelizzazione dei dipendenti, riducendo il turnover del personale e instaurando una fiducia reciproca attraverso modalità di collaborazione più moderne e flessibili.

È cruciale, tuttavia, che le aziende investano in infrastrutture tecnologiche e formazione adeguata per supportare il lavoro ibrido, al fine di mantenere alti standard di sicurezza.

Benefici economici per le aziende

I contratti ibridi e part-time possono entrambi offrire benefici economici differenti alle aziende.

I contratti part-time possono ridurre i costi legati agli stipendi, poiché i dipendenti lavorano meno ore, mentre la flessibilità dei contratti ibridi può portare a una maggiore produttività e riduzione degli spazi fisici necessari in ufficio.

Le aziende che adottano contratti ibridi spesso sperimentano un miglioramento delle performance aziendali, grazie alla maggiore soddisfazione e motivazione dei dipendenti.

Inoltre, la possibilità di accedere a un pool più ampio di talenti è un altro vantaggio dei modelli di lavoro ibrido, consentendo alle aziende di assumere i migliori professionisti indipendentemente dalla posizione geografica.

Tuttavia, la gestione di una forza lavoro ibrida può richiedere investimenti iniziali significativi in tecnologie per la collaborazione a distanza e politiche aziendali ben definite per gestire efficacemente le operazioni.

Preferenze dei lavoratori e indagini

Le preferenze dei lavoratori riguardo ai contratti ibridi e part-time sono state un argomento centrale nelle indagini sul posto di lavoro moderne.

I sondaggi indicano che un numero crescente di dipendenti predilige il lavoro ibrido per la sua capacità di conciliare meglio la vita privata e professionale, senza il vincolo fisso dell’ufficio.

I lavoratori part-time potrebbero scegliere questa modalità per motivi di studio, gestione familiare o altre attività personali.

Tuttavia, molti sottolineano la preferenza per modelli di lavoro che garantiscano maggiore autonomia e controllo sul proprio tempo.

Le aziende che rispondono a queste preferenze possono godere di tassi più alti di soddisfazione e fidelizzazione del personale.

Ciò è particolarmente rilevante nel contesto della “Great Resignation”, dove il bilanciamento tra lavoro e vita privata è diventato un fattore critico nelle decisioni di carriera dei dipendenti.

L’ascolto attivo delle preferenze dei lavoratori è quindi fondamentale per le aziende che mirano a attrarre e trattenere talenti di alta qualità.

Richiama dopo un SMS e perde subito 1.700 euro: questa truffa è pericolosissima, ci mettono pochi minuti

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Nuova truffa telefonica
Una nuova truffa telefonica - (diritto-lavoro.com)

Una nuova truffa telefonica sta mietendo vittime in tutta Italia. Un nostro connazionale ha perso una somma molto grossa. Fate attenzione!

L’ultimo caso registrato riguarda un cittadino di Reggio Emilia, al quale sono stati sottratti ben 1.700 euro dal conto corrente. La dinamica è ormai tristemente collaudata: un SMS, apparentemente inviato da un istituto di credito affidabile, avverte di un tentativo di pagamento sospetto. La vittima, allarmata, viene indotta a chiamare un numero indicato nel messaggio. Da lì inizia la frode.

Prima di entrare nello specifico, vogliamo sottolineare con forza che è consigliabile attivare sistemi di autenticazione a due fattori e monitorare frequentemente i movimenti del proprio conto. Segnalare tempestivamente eventuali anomalie può fare la differenza tra il recupero del denaro e la sua perdita definitiva.

Il meccanismo truffaldino

Il messaggio incriminato sembra arrivare da “Posteinfo”, un nome familiare per i clienti di Poste Italiane. Il contenuto è semplice ma inquietante: si segnala un’operazione non autorizzata sulla carta o sul conto e si invita il destinatario a contattare un numero verde, che in questo caso era lo 0282861199. È proprio questo numero che ha fatto scattare l’allarme tra le associazioni dei consumatori e le forze dell’ordine.

Persi 1.700 euro
Truffa ai danni di un cittadino emiliano – (diritto-lavoro.com)

Il cittadino emiliano, come molti altri, ha seguito le indicazioni riportate nell’SMS, fidandosi dell’apparente autorevolezza del mittente. Ha composto il numero fornito e ha parlato con un presunto operatore del servizio clienti. L’interlocutore, con tono rassicurante e professionale, ha chiesto alla vittima di verificare l’identità accedendo alla propria area riservata tramite un link o fornendo direttamente le credenziali telefonicamente. Una volta ottenuti questi dati sensibili, i truffatori hanno avuto libero accesso al conto corrente della vittima e hanno immediatamente effettuato un prelievo di 1.700 euro.

Il malcapitato ha scoperto l’ammanco solo dopo qualche ora, quando ha consultato l’estratto conto. A quel punto ha contattato Poste Italiane per chiedere spiegazioni e tentare di bloccare l’operazione. Tuttavia, in un primo momento, l’istituto ha rifiutato ogni responsabilità, sostenendo che il cliente aveva condiviso volontariamente i propri dati sensibili e, pertanto, non aveva diritto al rimborso. Una posizione che, purtroppo, non è nuova in questi casi.

Solo l’intervento di Confconsumatori, un’associazione che tutela i diritti dei cittadini nei confronti di abusi da parte di aziende e istituzioni, ha permesso alla vittima di ottenere giustizia. Dopo aver esaminato il caso, i legali dell’associazione hanno evidenziato come la truffa fosse particolarmente ingannevole e come l’utente fosse stato tratto in inganno da un messaggio che imitava perfettamente quelli ufficiali. Inoltre, l’associazione ha sottolineato la necessità per gli istituti bancari di investire maggiormente nella prevenzione e nell’informazione ai clienti, soprattutto le persone anziane o meno avvezze alle tecnologie digitali.

L’episodio rilancia l’attenzione su una delle forme più diffuse e insidiose di cybertruffa, ovvero lo smishing, cioè il phishing via SMS. Questa tecnica si basa sulla fiducia che le persone ripongono nei messaggi ricevuti dai propri istituti di credito o fornitori di servizi. È importante ricordare che nessuna banca o ente ufficiale chiederà mai tramite SMS o telefonata di fornire le credenziali di accesso, PIN o password temporanee.

Parlano gli imprenditori: ecco perché i bonus sulle assunzioni fanno davvero la differenza

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Politiche del lavoro per mestieri invisibili: innovazione e protezione
Politiche del lavoro per mestieri invisibili (diritto-lavoro.com)

In questo articolo esploriamo le storie di successo di imprenditori provenienti da diversi settori, il feedback diretto sulle strategie di utilizzo dei bonus, come tali incentivi abbiano trasformato la gestione aziendale, gli errori comuni evitabili e consigli pratici per altre imprese.

Storie di successo da diversi settori

I bonus aziendali rappresentano un potente strumento nelle mani degli imprenditori per incentivare e motivare i propri collaboratori.

Numerosi leader aziendali in settori diversi, dalla tecnologia alla produzione manifatturiera, hanno condiviso le loro esperienze di come l’introduzione di sistemi di bonus targettizzati abbia determinato un impatto significativo sulla produttività e sulla soddisfazione dei dipendenti.

Ad esempio, nell’industria tecnologica, un giovane CEO ci racconta come l’introduzione di bonus legati al raggiungimento di milestones di progetto ha portato ad un miglioramento del 30% nella consegna dei risultati nei tempi previsti.

Allo stesso modo, nel settore della moda, un imprenditore ha visto un aumento della creatività e dell’innovazione quando ha implementato un sistema di incentivi per le designazioni più originali.

Ogni storia di successo è caratterizzata dall’adattamento dei sistemi di bonus alle specifiche esigenze aziendali, dimostrando che non esiste una soluzione unica, ma l’importanza di un approccio personalizzato e strategico.

Storie di successo da diversi settori
Storie di successo (diritto-lavoro.com)

Feedback diretti dagli imprenditori

Il diretto feedback degli imprenditori sull’efficacia dei bonus aziendali varia, ma una costante è la trasformazione positiva che questi schemi hanno portato nelle performance globali dell’azienda.

La grande maggioranza degli imprenditori intervistati riferisce di un aumento evidente nel coinvolgimento dei dipendenti e nella loro voglia di contribuire con nuove idee.

Una vasta gamma di professionisti concorda sul fatto che, quando i bonus sono legati a obiettivi chiari e misurabili, non solo migliorano i risultati aziendali, ma rafforzano anche il senso di appartenenza e dedizione del personale.

In settori competitivi come il marketing digitale, gli imprenditori hanno sottolineato come il sistema di bonus non solo abbia ridotto il turnover del personale, ma abbia anche stimolato un ambiente creativo più vivace, portando a campagne più efficaci e clienti più soddisfatti.

Come i bonus hanno cambiato la gestione aziendale

L’introduzione dei bonus nelle strategie aziendali ha portato a cambiamenti significativi nella gestione delle aziende.

Essa richiede un ripensamento delle pratiche di management tradizionali verso un modello più dinamico e rivolto alla performance.

Molti manager hanno sviluppato abilità nella definizione di obiettivi SMART (Specifici, Misurabili, Achievable, Rilevanti, Temporizzabili) per garantire che i bonus siano percepiti come equi e raggiungibili.

Questo ha comportato una cultura aziendale più trasparente, dove i dipendenti sono ben informati su cosa è necessario per raggiungere determinati obiettivi.

La fiducia tra management e personale è cresciuta, alimentata da un sistema di incentivi mirato a premiare chi mostra impegno e dedizione.

Non sorprende che molte aziende che hanno implementato con successo tali sistemi riportano anche un’accresciuta collaborazione interdipartimentale, migliorando l’unità e la sinergia tra i team.

Errori comuni e lezioni apprese

Nel mentre alcuni imprenditori hanno raggiunto un grande successo con i bonus aziendali, altri hanno incontrato ostacoli lungo il percorso, offrendo lezioni preziose.

Un errore comune è stato quello di non comunicare chiaramente i criteri per i quali i bonus sarebbero stati assegnati, portando a incomprensioni e disillusione tra i dipendenti.

Un imprenditore nel settore della vendita al dettaglio ha evidenziato come la mancanza di coerenza nell’assegnazione dei premi possa creare malcontento e abbassare il morale.

Inoltre, alcuni hanno scoperto che i bonus esclusivamente monetari possono a volte essere meno efficaci se non bilanciati con riconoscimenti non monetari, come opportunità di crescita professionale o apprezzamenti pubblici.

Dunque, una delle lezioni più importanti apprese è l’importanza del feedback continuativo e dell’adattabilità, assicurandosi che il sistema di incentivazione evolve insieme ai bisogni dell’azienda e dei suoi dipendenti.

Consigli pratici per altre imprese

Per le imprese che intendono implementare o migliorare i propri sistemi di bonus, ci sono alcuni consigli pratici da considerare.

In primo luogo, è fondamentale allineare i bonus con gli obiettivi strategici dell’azienda, assicurandosi che incentivi e obiettivi siano ben compresi da tutti i livelli dell’organizzazione.

Un altro consiglio cruciale è quello di mantenere una comunicazione aperta: assicurarsi che i dipendenti capiscano il ‘cosa’ e il ‘perché’ dietro ogni incentivo.

Le aziende devono anche essere pronte a rivedere e adattare i propri sistemi di bonus regolarmente, in risposta ai cambiamenti nelle condizioni di mercato o nelle priorità interne.

Infine, misurare l’efficacia dei bonus attraverso metriche di feedback può aiutare a identificare rapidamente le aree di miglioramento o modifiche necessarie, garantendo così un sistema equo ed efficace che continui a motivare tutti all’interno dell’organizzazione.

Spid, addio all’account gratuito: ora si dovrà pagare un costo annuale

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Spid, addio all'account gratuito: ecco cosa sapere
Spid, addio all'account gratuito: ecco cosa sapere- diritto-lavoro.com

Spid, potrai dire addio all’account gratuito, adesso il servizio ha un costo: ecco di che si tratta, tutti i dettagli e le curiosità

Nella nostra società moderna l’utilizzo dello Spid è diventato fondamentale per qualunque cose che partono dalle operazioni basi come l’uso di servizi telematici ma anche per il pagamento di bollette e cose che sono davvero quotidiane per la tua vita. Oggi, però, le cose cambiano poiché si dovrà pagare un costo annuale: andiamo a vedere meglio di che si tratta e quali sono i dettagli e le curiosità a riguardo.

Come abbiamo appena detto, oggi avere lo SPID è diventato indispensabile soprattutto per tutti i servizi della Pubblica Amministrazione e, si parla principalmente del portale dell’Agenzia delle entrate, INPS, e apre le porte dei servizi online pubblici. 

L’identità digitale, quindi, consente tramite il proprio username e password, di effettuare prenotazioni sanitarie, iscrizioni a scuola o di accedere ai servizi online dell’Agenzia delle Entrate. Inoltre, il livello dello SPID ha tre livelli:

  • le credenziali SPID di livello I permettono di accedere ai servizi online
  • le credenziali SPID di livello II sono dedicate ai servizi che richiedono un grado di sicurezza maggiore
  • le credenziali SPID di livello III prevedono l’utilizzo di ulteriori soluzioni di sicurezza

Addio SPID, adesso sarà a pagamento: ecco di che si tratta

Le cose stanno letteralmente cambiando per il servizio SPID, in quanto dal lunedì 28 luglio 2025, lo Spid rilasciato da InfoCert non sarà più gratuito. Infatti, proprio il servizio ARUBA ha comunicato la sua decisione di introdurre un canone annuale pari a 5,98 euro Iva compresa.

Spid, addio all'account gratuito
Spid, addio all’account gratuito: ecco i dettagli- duritto-lavoro.com

Per essere precisi, bisognerà pagare 5,98 euro all’anno Iva inclusa (ovvero 4,90 euro senza Iva).  Una cifra non è assolutamente proibitiva, ma è la prima volta che viene richiesto ai cittadini. Inoltre, il rinnovo non avverrà in maniera automatica,  per cui dovrà essere l’utente ad autorizzare l’operazione.

L’utente, però, potrà recedere al contratto  inoltrando una Pec a “revoca.spid@legalmail.it” o una raccomandata con avviso di ritorno indirizzata a “InfoCert S.p.A., – Direzione Generale e Amministrativa – Piazzale Flaminio 1/B 00196 Roma”.

Nel messaggio precisamente si legge: “Infocert per 10 anni ha offerto lo Spid gratuitamente, sostenendo tutti gli investimenti necessari per promuovere l’accesso alla digitalizzazione da parte dei cittadini”.

Tutti, però, si pongono la stessa domanda: sarà una scelta solo di InfoCert e Aruba, oppure di tutti? Ecco nel nostro Paese sono attive 39 milioni di identità, quindi sarà anche uan scelta di Poste Italiane. Al momento, però, Poste Italiane non ha al momento in programma di addebitare un canone ai propri clienti.

Cartelle esattoriali, importanti novità: serve meno tempo per la prescrizione, controlla questa data

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Novità cartelle esattoriali
Cartelle esattoriali: cosa cambia - (diritto-lavoro.com)

Il Governo ha approvato una misura che segna un punto di svolta per il sistema fiscale. Tutte le novità sulle cartelle esattoriali

A partire dal 1° gennaio 2026, non sarà più valida la proroga straordinaria di 85 giorni sui termini di prescrizione e decadenza per accertamenti, controlli fiscali e cartelle esattoriali. Questa proroga era stata introdotta durante l’emergenza Covid-19 per concedere maggiore flessibilità alla macchina amministrativa, ma nel tempo ha generato confusione sia tra i contribuenti che tra gli addetti ai lavori. Con la nuova riforma fiscale, il sistema torna a regole più chiare e definite.

La sospensione dei termini era stata prevista dall’articolo 67 del Decreto Cura Italia, emanato nel marzo 2020, in piena emergenza sanitaria. L’obiettivo era quello di sospendere per 85 giorni – tra l’8 marzo e il 31 maggio 2020 – i termini relativi a liquidazioni, accertamenti, controlli, riscossioni e contenziosi tributari. Tuttavia, nei mesi e anni successivi, ci si è interrogati sull’effettiva applicazione di questa proroga: doveva valere solo per gli atti in scadenza durante quel periodo, oppure anche per quelli con scadenza successiva?

La risposta definitiva è arrivata nel gennaio 2025, con l’ordinanza n. 960 della Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha stabilito che i termini ordinari previsti dalla normativa dovevano essere automaticamente allungati di 85 giorni anche se l’atto scadeva dopo il 2020. Questo ha avuto un impatto rilevante su molti procedimenti in corso, dilatando i tempi entro cui il Fisco poteva agire e generando incertezze tra i contribuenti, in particolare per chi sperava che un atto fosse ormai prescritto.

Il ritorno alla normalità dal 2026

Con la riforma fiscale approvata dal Consiglio dei Ministri il 4 giugno 2025, si è deciso di abbandonare questa eccezione temporanea. Dal 1° gennaio 2026, i termini di prescrizione e decadenza torneranno a essere quelli ordinari, senza alcuna proroga automatica. Questo significa che l’Agenzia delle Entrate e gli altri enti preposti alla riscossione non avranno più a disposizione giorni extra per emettere avvisi o cartelle esattoriali.

Cartelle esattoriali, prescrizione
Prescrizione cartelle esattoriali: cambia la prescrizione – (diritto-lavoro.com)

Per i contribuenti, si tratta di un passo importante verso una maggiore certezza del diritto. Sarà infatti più facile calcolare i termini entro cui un tributo può essere riscosso o un controllo fiscale può essere avviato. Tuttavia, è bene ricordare che la prescrizione non agisce in modo automatico: deve essere sollevata espressamente dal contribuente, ad esempio in sede di ricorso o opposizione.

I termini di prescrizione variano a seconda della tipologia di tributo. Per l’IRPEF, l’IVA e le imposte sui redditi, il termine è generalmente di 10 anni. Per tributi locali come IMU, TARI o bollo auto, la prescrizione è fissata a 5 anni. Questi termini si riferiscono al periodo entro cui lo Stato può riscuotere quanto dovuto, salvo eventuali interruzioni causate da atti formali notificati al contribuente.

Dal punto di vista pratico, ogni contribuente dovrebbe conservare con cura la documentazione fiscale e monitorare la data di eventuali cartelle ricevute, poiché l’emissione di un atto oltre i limiti temporali stabiliti è annullabile.

Brutte notizie per gli automobilisti italiani: se hai questi oggetti in auto ti becchi una multa salata

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Rischio maxi multa
Attenzione al rispetto di queste regole - (diritto-lavoro.com)

Alzi la mano chi non ha mai portato in auto uno di questi oggetti. Eppure, sappiate che state infrangendo la legge. Ecco perché

Molti automobilisti trasportano nella propria auto oggetti comuni senza sapere che alcuni di essi, in determinate condizioni, possono portare a una vera e propria maxi multa. Come sempre sosteniamo, informatevi bene, perché la legge non ammette ignoranza e può diventare (giustamente) spietata.

Le sanzioni per il trasporto non corretto partono da 87 euro e arrivano a 344 euro, ma possono salire fino a 1.697 euro in caso di trasporti pericolosi o inadeguati su veicoli commerciali. In casi estremi, è previsto anche il fermo amministrativo del veicolo.

Oggetti comuni che possono diventare pericolosi

Non è tanto la natura dell’oggetto a essere proibita, quanto la sua posizione, stabilità e la potenziale interferenza con la guida. Alcuni esempi frequenti includono bottiglie d’acqua o oggetti cilindrici lasciati liberi sul pavimento dell’abitacolo: in caso di frenata, possono rotolare e incastrarsi sotto i pedali, ostacolando l’uso di freno, frizione o acceleratore. Profumatori appesi allo specchietto retrovisore: rappresentano un ostacolo alla visuale, anche minimo, ma sufficiente per compromettere la sicurezza. Il Codice della Strada impone che il parabrezza sia completamente libero da oggetti che limitino la visibilità.

Rischio multa
Attenzione a cosa trasporti in auto, o riceverai una multa salata – (diritto-lavoro.com)

Smartphone non correttamente fissato: un telefono appoggiato senza supporto può cadere durante la marcia, distraendo il conducente e spingendolo a movimenti pericolosi per recuperarlo. Oggetti voluminosi sui sedili posteriori: se non fissati correttamente, in caso di frenata diventano veri e propri proiettili. Anche una semplice borsa o una scatola può ferire passeggeri o conducente. Carichi sul portapacchi interno o esterno non saldamente ancorati: se l’oggetto si muove o cade, si rischiano multe e ritiro del mezzo, oltre a gravi conseguenze per gli altri automobilisti.

Secondo l’articolo 164 del Codice della Strada, “il carico deve essere sistemato in modo da evitare la caduta o la dispersione, da non diminuire la visibilità al conducente né impedirgli la libertà di manovra”. È vietato inoltre caricare oggetti che possano ridurre l’efficacia dell’illuminazione o la leggibilità della targa.

Per evitare sanzioni e soprattutto per garantire la sicurezza di tutti, è buona norma sistemare sempre ogni oggetto nel bagagliaio o in appositi contenitori, fissare le borse, i pacchi o le scatole con cinture o reti fermacarico, non appendere oggetti allo specchietto retrovisore. Infine, usare supporti certificati per smartphone e navigatori, posizionandoli in modo da non ostacolare la visuale.

Naspi 2025, cambiano le regole per la disoccupazione: quante settimane minime ci vogliono per l’assegno

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Nuove regole NASPI
Come cambia la Naspi - (diritto-lavoro.com)

Recentemente sono entrate in vigore importanti modifiche al meccanismo della NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego). Cosa sapere

Parliamo della prestazione economica dell’INPS che garantisce un sostegno al reddito per i lavoratori che hanno perso involontariamente l’occupazione. La riforma, prevista dalla Legge di Bilancio 2025 e ufficializzata dalla circolare INPS n. 98 del 5 giugno 2025, introduce un nuovo requisito per coloro che interrompono volontariamente un contratto di lavoro a tempo indeterminato e si ritrovano disoccupati entro 12 mesi.

L’obiettivo della misura è quello di contrastare gli abusi del sistema e assicurare che l’indennità sia concessa solo a chi ne ha effettivamente diritto. Ecco, allora tutto quello che c’è da sapere.

NASpI: tutte le novità

La principale novità della riforma riguarda l’introduzione di un requisito addizionale. Da gennaio 2025, chi lascia volontariamente un lavoro a tempo indeterminato — sia per dimissioni che per risoluzione consensuale — e successivamente perde un nuovo impiego in maniera involontaria entro l’anno, potrà accedere alla NASpI solo se avrà maturato almeno 13 settimane di contribuzione effettiva nel periodo compreso tra le due cessazioni lavorative.

NASpI: tutte le novità
NASpI: tutte le novità da conoscere – (diritto-lavoro.com)

Il nuovo requisito si applica solo ai rapporti di lavoro interrotti volontariamente a partire dal 1° gennaio 2025. Tutti i casi avvenuti prima di questa data non rientrano nella nuova normativa. Inoltre, restano invariate le modalità di calcolo della NASpI: né la durata né l’importo dell’indennità subiscono variazioni.

Va sottolineato che le 13 settimane di contribuzione devono essere maturate nel periodo compreso tra le due cessazioni lavorative, e non all’interno del quadriennio ordinario di riferimento per la NASpI. Non basta, quindi, aver già maturato questo requisito in precedenza: sarà necessario dimostrare continuità contributiva dopo le dimissioni volontarie.

Ai fini del raggiungimento delle 13 settimane richieste, sono considerate valide le settimane di lavoro retribuite che rispettano il minimale contributivo, i contributi figurativi legati a maternità, congedi parentali e malattia, i periodi agricoli, dove sei giornate equivalgono a una settimana e i periodi di lavoro all’estero se coperti da totalizzazione.

Non tutti i lavoratori che interrompono volontariamente il loro contratto saranno soggetti al nuovo requisito. Infatti, la norma non si applica in alcuni casi. Dimissioni per giusta causa, come mobbing, mancato pagamento dello stipendio o modifiche peggiorative delle condizioni di lavoro. Dimissioni durante il periodo protetto di maternità o paternità, come previsto dal Decreto legislativo 151/2001. Risoluzioni consensuali nell’ambito di procedure di conciliazione obbligatoria, ad esempio nell’ambito dell’articolo 7 della Legge 604/1966. Rifiuto di trasferimento oltre 50 km o 80 minuti di percorrenza, che giustifica la risoluzione consensuale.

Quali rischi corre chi lavora di notte? Effetti sulla salute e misure di prevenzione da conoscere

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Lavoro notturno nel mondo: cosa prevedono le normative e come tutelano i lavoratori
Lavoro notturno nel mondo (diritto-lavoro,.com)

Questo articolo esplora i diversi rischi fisici e psicologici affrontati dai lavoratori notturni, evidenziando importanti misure preventive e l’importanza del sonno e della nutrizione. Il ruolo delle aziende è fondamentale nella promozione del benessere, contribuendo a creare un ambiente di lavoro più salutare.

Rischi fisici legati ai turni notturni

I turni notturni presentano una serie di rischi fisici che possono compromettere la salute dei lavoratori.

Innanzitutto, lavorare di notte sconvolge il normale ciclo circadiano, l’orologio biologico interno che governa i ritmi sonno-veglia.

La mancanza di esposizione alla luce diurna può alterare la produzione di melatonina, un ormone cruciale per il sonno, che a sua volta può portare a disturbi del sonno e affaticamento cronico.

Inoltre, i lavoratori notturni spesso affrontano l’aumento dei disturbi cardiovascolari; diverse ricerche hanno indicato un legame tra i turni notturni e l’alta pressione sanguigna oltre al maggiore rischio di sviluppare malattie cardiache.

Il metabolismo è un altro aspetto interessato: lavorare di notte può interferire con i normali processi metabolici, aumentando così il rischio di obesità e diabete.

Problemi a lungo termine possono includere un sistema immunitario indebolito, che rende più difficile combattere le malattie, e un aumento della probabilità di sviluppare alcuni tipi di tumore.

Effetti psicologici del lavoro a ciclo continuo

Accanto ai rischi fisici, i lavoratori notturni possono soffrire di vari effetti psicologici.

Il primo e più evidente è l’impatto sulla mente dovuto alla privazione del sonno che può portare a una ridotta capacità di concentrazione e processamento delle informazioni.

Questo può tradursi in errori sul lavoro e, nei casi peggiori, anche in incidenti.

Inoltre, la disconnessione dagli orari di lavoro tradizionali può contribuire a sentimenti di isolamento sociale.

Le attività sociali e familiari sono spesso programmate durante il giorno, e l’incapacità di partecipare può portare a una sensazione di esclusione.

Questi problemi possono essere amplificati dal jet lag sociale, una discrepanza tra il tempo biologico interno e i tempi sociali richiesti, che è comune tra chi lavora di notte.

In casi estremi, questo isolamento può sfociare in ansia e depressione.

Infine, la mancata sincronizzazione tra il corpo e il lavoro può portare ad un aumento del livello di stress, che può esacerbare ulteriormente problemi psicologici e fisici.

Misure per prevenire problemi di salute

Per mitigare i problemi di salute associati al lavoro notturno, è fondamentale adottare strategie efficaci.

Prima di tutto, le aziende e i singoli lavoratori dovrebbero tener conto della gestione dei turni, cercando di programmare rotazioni che permettano un adeguato tempo di recupero per il personale.

Un’opzione può essere quella di implementare turni rotativi, che offrono periodi più lunghi di riposo tra i turni notturni.

Inoltre, i lavoratori dovrebbero essere aiutati a sviluppare routine di sonno che migliorano la qualità del riposo, come l’arredamento della camera da letto per creare un ambiente buio e silenzioso.

Eventuali dispositivi che bloccano il rumore possono essere utili.

È essenziale anche la promozione di abitudini sane, come fare esercizio fisico regolare e mantenere una dieta equilibrata.

Questi fattori non solo aiutano a regolare il metabolismo, ma promuovono anche una maggiore energia e concentrazione durante le ore di lavoro.

Infine, i controlli medici regolari sono cruciali per identificare precocemente problemi di salute legati al ritmo di lavoro atipico.

L’importanza del sonno e della nutrizione

Il sonno e la nutrizione sono aspetti critici per mantenere la salute dei lavoratori notturni.

Dormire in orari non convenzionali richiede una maggiore attenzione alla qualità del sonno per prevenire la privazione di sonno che può peggiorare la salute generale.

I lavoratori dovrebbero andare a letto e svegliarsi a orari stabiliti ogni giorno, anche nei giorni di riposo, per allineare il più possibile il corpo ai nuovi ritmi.

Inoltre, l’insonnia può essere affrontata evitando caffeina e pasti pesanti prima di dormire, e creando un ambiente ottimale per il sonno.

La cura della nutrizione è altrettanto vitale.

I turni notturni, spesso associati a pasti irregolari o a scelte alimentari malsane, possono minare i processi metabolici.

Una dieta equilibrata, ricca di nutrienti e basata su pasti regolari, può compensare le potenziali carenze.

Gli spuntini leggeri e sani durante il turno notturno possono mantenere i livelli di energia senza appesantire il sistema digestivo, contribuendo così a migliorare l’efficienza lavorativa e il benessere generale.

Ruolo delle aziende nella promozione del benessere

Le aziende hanno un ruolo fondamentale nel promuovere il benessere dei lavoratori notturni.

Implementare politiche aziendali che rispettano i ritmi biologici dei dipendenti può fare una grande differenza.

Le aziende dovrebbero considerare la creazione di turni di lavoro flessibili che permettano ai lavoratori di avere un’adeguata quantità di sonno.

Fornire formazione sui rischi legati ai turni notturni e le strategie per mitigarli può innalzare la consapevolezza tra il personale.

Anche l’ambiente di lavoro dovrebbe supportare il benessere: aree di riposo dedicate e accesso a cibi e bevande salutari durante i turni possono contribuire a migliorare la qualità del lavoro e la salute del personale.

Programmi di benessere aziendale, che includono supporto psicologico e promozione di abitudini salutari, possono avere un impatto positivo che va ben oltre le ore lavorative.

Investire nel benessere dei lavoratori non è solo una questione di responsabilità sociale, ma anche di efficienza aziendale, poiché un personale in salute è più produttivo e motivato.

Cosa prevede la legge per la sicurezza nei lavori in quota? Obblighi, dispositivi e regole da rispettare

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Cosa prevede la legge per la sicurezza nei lavori in quota? Obblighi, dispositivi e regole da rispettare
Normativa di sicurezza lavori in quota (diritto-lavoro.com)

Questo articolo esplora le normative fondamentali per la sicurezza nei lavori in quota, confronta le regolamentazioni europee e italiane, e discute gli obblighi documentali del datore di lavoro. Inoltre, analizza le sanzioni previste e le recenti modifiche normative, fornendo un quadro completo delle leggi attuali.

Normative principali da rispettare nei cantieri

Nel contesto dei lavori in quota, le normative di sicurezza giocano un ruolo cruciale nel prevenire incidenti e garantire l’incolumità dei lavoratori.

In Italia, la normativa di riferimento è il Decreto Legislativo 81/2008, noto anche come Testo Unico per la Sicurezza sul Lavoro.

Questo decreto stabilisce che i datori di lavoro devono valutare tutti i rischi associati ai lavori in quota e adottare le misure necessarie per mitigarli.

Una delle misure fondamentali è l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale (DPI) come caschi, cinture di sicurezza e imbracature, che devono essere costantemente manutenuti e ispezionati.

Inoltre, è obbligatorio l’uso di sistemi di protezione collettiva come barriere e parapetti, quando possibile.

Il documento di valutazione dei rischi deve essere periodicamente aggiornato per riflettere qualsiasi cambiamento nelle condizioni di lavoro o nei metodi di esecuzione.

La formazione e l’informazione dei lavoratori sono anch’esse parti integranti del rispetto delle norme: tutti i lavoratori devono ricevere istruzioni chiare e dettagliate sui rischi specifici del loro operato e sulle procedure da seguire in caso di emergenza, garantendo così un ambiente di lavoro sicuro per tutti.

Normative principali da rispettare nei cantieri
Sicurezza nei cantieri (diritto-lavoro.com)

Regolamentazioni europee e italiane a confronto

Le regolamentazioni europee in materia di sicurezza sul lavoro rappresentano un quadro legislativo che gli Stati membri devono recepire nei loro ordinamenti nazionali.

Una delle fonti più importanti è la Direttiva 92/57/CEE, che si concentra sulla sicurezza nei cantieri temporanei e mobili.

In Italia, questa direttiva è stata recepita con aggiornamenti nel Testo Unico per la Sicurezza sul Lavoro.

Mentre le regolamentazioni europee stabiliscono principi generali di sicurezza e salute, lasciano agli Stati membri la facoltà di definire misure specifiche adattate alle proprie esigenze e situazioni industriali.

In pratica, questo significa che l’Italia può avere standard più rigidi in alcune aree se ritenuto necessario.

Un aspetto chiave delle regolamentazioni europee è il principio di responsabilità condivisa tra datori di lavoro, lavoratori e coordinatori della sicurezza, promuovendo una cultura della sicurezza integrata nei processi aziendali.

Di conseguenza, le norme italiane, pur risentendo del quadro europeo, si caratterizzano per un approccio più dettagliato e sanzioni più precise, con un forte accento su prevenzione e formazione continua dei lavoratori.

Obblighi di documentazione per il datore di lavoro

I datori di lavoro hanno l’obbligo di mantenere una serie di documenti essenziali per dimostrare il rispetto delle norme di sicurezza nei lavori in quota.

Il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) rappresenta il cuore dell’osservanza legislativa: esso deve identificare tutti i rischi potenziali e dettagliare le misure preventive adottate.

Oltre al DVR, sono necessarie le schede di manutenzione dei DPI, che attestano l’ispezione regolare e l’efficacia dei dispositivi utilizzati dai lavoratori.

Inoltre, i datori di lavoro devono tenere registri dettagliati della formazione e dell’addestramento forniti al personale, inclusi corsi obbligatori aggiornati e attestati di partecipazione.

Ogni attività formativa deve essere documentata con precisione per garantire che ciascun lavoratore sia adeguatamente preparato ad affrontare i rischi specifici del proprio lavoro.

Infine, i datori di lavoro devono rendere disponibili tutte le copie della documentazione pertinente ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, sottolineando l’importanza della trasparenza e della collaborazione nella gestione della sicurezza nei cantieri.

Sanzioni per il mancato rispetto delle norme

Il mancato rispetto delle norme di sicurezza nei lavori in quota comporta significative sanzioni legali e finanziarie.

Le violazioni possono variare da lievi inadempienze a gravi contravvenzioni che mettono a rischio la vita dei lavoratori.

Le sanzioni possono includere ammende considerevoli, che possono ammontare a migliaia di euro, a seconda della gravità della violazione.

Inoltre, i responsabili delle imprese rischiano anche conseguenze penali, con la possibilità di pene detentive in caso di violazioni che abbiano causato infortuni o decessi.

Oltre alle sanzioni dirette, il mancato rispetto delle norme di sicurezza può comportare la sospensione delle attività lavorative in un cantiere, con conseguenti ritardi e perdite economiche.

Queste misure severe sono progettate per motivare le aziende a mantenere alti standard di sicurezza, sottolineando l’importanza della conformità normativa come un pilastro fondamentale della gestione dei cantieri.

Infine, le sanzioni servono anche da deterrente per altre imprese, promuovendo una cultura della sicurezza in tutta l’industria edile e proteggendo la salute e il benessere dei lavoratori.

Modifiche normative e loro applicazioni pratiche

Negli ultimi anni, il quadro normativo relativo alla sicurezza nei lavori in quota ha subito diverse modifiche per rispondere meglio alle sfide moderne e migliorare la protezione dei lavoratori.

Queste modifiche spesso derivano da revisioni europee o dall’adozione di nuove tecnologie e metodi di lavoro che richiedono aggiornamenti normativi.

Un esempio recente include l’introduzione di tecnologie avanzate, come i droni, per ispezionare strutture in quota, riducendo la necessità di esposizione fisica diretta dei lavoratori ai rischi.

Questi cambiamenti richiedono un adattamento costante da parte delle aziende, che devono essere pronte a investire in formazione aggiuntiva e in nuovi strumenti di lavoro.

Le applicazioni pratiche di queste normative richiedono una collaborazione interdipartimentale per incorporare rapidamente le nuove regole nella routine aziendale.

Inoltre, spesso vengono sviluppate linee guida pratiche e manuali operativi per facilitare l’implementazione delle nuove normative nei cantieri.

Queste modifiche sono essenziali per mantenere un ambiente di lavoro sicuro e conforme alle leggi, mettendo in luce la necessità di un’aggiornamento continuo e di un impegno proattivo da parte di tutte le parti coinvolte.

Pugno duro del Governo contro il lavoro nero, partono controlli serrati: sono questi i settori in cui si rischia di più

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Governo lavoro nero
La stretta del Governo contro il lavoro nero - (diritto-lavoro.com)

Il contrasto al lavoro nero torna al centro dell’agenda politica. Il Governo italiano ha deciso su diversi provvedimenti. I dettagli

I dati più recenti, forniti dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), mostrano un aumento sensibile dell’attività di vigilanza nei primi tre mesi del 2025: i controlli sono cresciuti del 17% rispetto allo stesso periodo del 2024, e il numero di violazioni riscontrate è aumentato di circa il 20%. Una strategia che sta già producendo effetti concreti, seppur con alcune criticità da monitorare.

In molte delle situazioni esaminate, sono emersi casi di impiego totalmente in nero o con contratti fasulli (come finte collaborazioni autonome). In altri, si è trattato di violazioni minori ma comunque significative, come la mancata comunicazione di assunzione o l’evasione parziale dei contributi previdenziali.

I provvedimenti contro il lavoro nero

Secondo il Ministero del Lavoro, questo potenziamento non è casuale ma parte di un piano più ampio che prevede azioni coordinate su più fronti. Al centro c’è l’impiego di strumenti tecnologici per migliorare l’efficacia dei controlli: grazie all’integrazione tra diverse banche dati (INPS, INAIL, Agenzia delle Entrate), gli ispettori riescono ora a individuare con maggiore precisione le situazioni sospette da approfondire.

Edilizia, lavoro nero
L’edilizia tra i settori maggiormente attenzionati – (diritto-lavoro.com)

In parallelo, si punta anche sulla prevenzione. Il Governo ha annunciato la creazione di tavoli tecnici con le organizzazioni sindacali per elaborare strategie condivise che aiutino le imprese a evitare irregolarità, attraverso attività formative e campagne informative dedicate. L’obiettivo è disincentivare il lavoro nero non solo con le sanzioni, ma anche promuovendo una cultura del lavoro regolare.

Non tutti i settori sono ugualmente esposti al rischio di impiego irregolare. Gli ispettori hanno concentrato i controlli soprattutto in ambiti come l’edilizia, l’agricoltura, la ristorazione, i servizi di pulizia e l’assistenza domestica: comparti nei quali il lavoro non dichiarato è purtroppo ancora diffuso.

Per chi viene sorpreso a impiegare personale irregolare, il rischio è concreto. Le sanzioni per ogni lavoratore in nero possono superare diverse migliaia di euro. In presenza di aggravanti, come la recidiva o l’utilizzo di minori, le multe possono aumentare dal 20% al 30%.

Tuttavia, il sistema prevede anche meccanismi che incentivano il ravvedimento. Le aziende che decidono di regolarizzare volontariamente i lavoratori prima dell’intervento ispettivo possono beneficiare di sconti sulle sanzioni, a patto che vengano versati gli arretrati e rispettati tutti gli obblighi contributivi.

Il rafforzamento dei controlli, però, non si limita all’inasprimento delle multe. Secondo la ministra del Lavoro Marina Calderone, l’approccio deve essere bilanciato: “Puntiamo a un sistema che premi le imprese corrette e accompagni quelle in difficoltà verso la regolarità”. Non a caso, il Ministero sta valutando anche l’introduzione di incentivi per chi assume regolarmente lavoratori precedentemente in nero.

Inoltre, per evitare che il fenomeno si trasformi in forme più subdole, come false partite IVA o contratti flessibili usati in modo improprio, il Governo intende intensificare l’uso di algoritmi e intelligenza artificiale per monitorare i flussi occupazionali e individuare anomalie.

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