sabato, Luglio 27, 2024
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Rottamazione quater in scadenza: ecco cosa e come pagare

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Fisco rottamazione quater come e dove pagare
Rottamazione quater. Foto X @ItaliaOggi

Alla fine del mese di luglio scadrà il termine per la quinta tranche di versamenti fiscali nell’ambito della definizione agevolata, la cosiddetta rottamazione quater, che copre tutti i carichi affidati dall’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022.

In realtà è previsto un periodo di tolleranza di cinque giorni, quindi la scadenza definitiva è spostata a lunedì 5 agosto. In caso di mancato pagamento – o di pagamento oltre i termini – si perdono i benefici legati a questo tipo di riscossione dei debiti. I versamenti effettuati si considereranno come titoli di acconto sulle somme dovute. Ma quali sono i debiti agevolabili? E come pagarli?

Rottamazione quater, cos’è

La rottamazione quater è stata introdotta con la legge n° 197 del 2022. Si riferisce a tutti i carichi affidati dall’Agente della riscossione che vanno dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022. Per i contribuenti con i conti non in ordine è vantaggiosa. Prevede infatti la possibilità di estinguere i debito col Fisco versando unicamente le somme dovute a titolo di capitale e quelle maturate a titolo di rimborso spese per le procedure esecutive e per i diritti di notifica. Non sono invece da versare le somme dovute a titolo di interessi iscritti a ruolo, sanzioni, interessi di mora e aggio.

Leggermente diversa la situazione per i debiti che riguardano le sanzioni per violazioni del Codice della strada, nonché le altre sanzioni amministrative. In questi casi l’accesso alla misura agevolativa prevede che non siano da corrispondere le somme dovute a titolo di interessi. Compresi quelli di cui all’art. 27, sesto comma, della Legge n. 689/1981 (cosiddette “maggiorazioni“), quelli di mora di cui all’art. 30, comma 1, del DPR n. 602/1973 e di rateizzazione, nonché le somme dovute a titolo di aggio.

La rottamazione-quater riguarda i contenuti in cartelle non ancora notificate; i carichi interessati da provvedimenti di rateizzazione o di sospensione. Ma anche i carichi già oggetto di una precedente misura agevolativa (cosiddetta “Rottamazione e/o Saldo e Stralcio“). Anche se decaduta per il mancato, tardivo, insufficiente versamento di una delle rate del precedente piano di pagamento.

Come effettuare i versamenti dovuti

La legge n. 197 del 2022 che introduce la rottamazione-quater ha previsto la possibilità di pagare i debiti in un versamento unico (privo di interessi) oppure in un numero massimo di 18 rate (in cinque anni) consecutive. Le prime due sono scadute il 31 ottobre e il 30 novembre 2023. Le restanti rate, ripartite nei successivi 4 anni, andavano saldate il 28 febbraio e il 31 maggio scorso (slittamento fino al 5 giugno).

Le rimanenti, poi, il 31 luglio e il 30 novembre. La prime due rate dovevano essere pari al 10% delle somme complessivamente dovute a titolo di Definizione agevolata, le restanti rate invece di pari importo. Dal 1° novembre 2023 si applicano interessi al tasso del 2% annuo.

Come si pagano dunque le cartelle? I metodi sono diversi. Lo si può fare innanzitutto online: oltre al servizio Paga online, è possibile utilizzare i canali telematici delle banche, di Poste Italiane e di tutti gli altri Prestatori di Servizi di Pagamento (PSP) aderenti al nodo pagoPA. La lista completa degli aderenti e le informazioni sui canali di pagamento attivi sono reperibili sul sito web di PagoPA.

In alternativa, è attivo il nuovo servizio di domiciliazione bancaria disponibile nella sezione “Definizione agevolata” in area riservata, che consente di attivare o revocare l’addebito diretto delle rate sul conto corrente. È possibile infine pagare quanto dovuto usando i moduli allegati alla Comunicazione delle somme dovute presso banche, Poste, ricevitorie, tabaccai. Disponibili, su appuntamento, anche gli sportelli del Fisco.

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Piano Mattei, accordo con l’Algeria sull’agricoltura “rigenerativa”

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Algeri Italia agricoltura
Foto X @AlgiersHerald

Un’intesa sull’agricoltura rigenerativa sostenibile ad alta tecnologia fra Italia e Algeria si è concretizzata il 6 luglio scorso nell’ambito del cosiddetto Piano Mattei. L’accordo rappresenta il più grande investimento del genere fatto sinora dall’Italia in Nord Africa. Un’area dove il Governo italiano è impegnato con un’azione ad ampio raggio che coinvolge diversi Paesi della sponda sud del Mediterraneo. 

Nell’ambito del Piano Mattei per l’Africae a seguito dell’incontro bilaterale del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con il Presidente della Repubblica di Algeria, Abdelmadjid Tebboune, a margine del Vertice del G7 di Borgo Egnazia, è stata firmata ad Algeri un’intesa nel campo dell’agricoltura rigenerativa ad alta tecnologia“. Il tutto “alla presenza dei rispettivi ministri dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida e Youcef Cherfa“. Così Palazzo Chigi in una nota.

Cosa prevede l’intesa con l’Algeria

L’accordo sull’agricoltura rigenerativa prevede una concessione strategica da parte del Governo algerino di 36mila ettari, che la società Bonifiche Ferraresi S.p.A. recupererà all’uso agricolo, creando un’intera filiera produttiva. Le attività cominceranno già nel 2024 tramite la creazione di pozzi e una prima semina di cereali. Una volta a regime nel 2028, la coltivazione sarà di cereali, e nello specifico grano duro e tenero, per circa il 70% della superficie. La restante parte sarà dedicata ai legumi.

Le produzioni avranno come sbocco il mercato locale. I primi interventi per il 2024 prevedono la costruzione di pozzi, fondamentali per la realizzazione di un moderno sistema di irrigazione a goccia, essenziale per ottimizzare l’utilizzo e adeguare l’attività agricola ai cambiamenti climatici che stanno interessando l’Algeria, tra i Paesi più colpiti dal surriscaldamento globale della Terra. Inoltre, sarà avviata la prima fase delle attività agricole con la semina a cereali dei primi 3mila ettari, sul totale dei 36mila concessi, già a partire dal prossimo novembre 2024.

Cos’è l’agricoltura rigenerativa

L’agricoltura rigenerativa è un sistema di pratiche agricole che mira a migliorare e ripristinare la salute del suolo, la biodiversità e l’ecosistema complessivo, piuttosto che semplicemente mantenere il livello attuale di produttività. Questo approccio va oltre le pratiche agricole sostenibili tradizionali e mira non solo a ridurre l’impatto negativo sull’ambiente, ma anche a invertire i danni causati da pratiche agricole intensive e inquinanti.

Il Piano Mattei per l’Africa

L’agricoltura rigenerativa non solo produce cibo in modo sostenibile, ma contribuisce anche alla lotta contro il cambiamento climatico. Tali pratiche agricole, infatti, consentono di sequestrare carbonio nel suolo e migliorare la resilienza degli ecosistemi agricoli agli eventi climatici estremi.

Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha affermato che “si tratta del primo segno tangibile dell’impegno italiano in Africa nel quadro del Piano Mattei“. Ovvero di un progetto, quello dell’intesa con l’Algeria per lo sviluppo dell’agricoltura rigenerativa, che mette in condizione una grande impresa italiana come Bonifiche Ferraresi “rappresentata dal suo Ad Federico Vecchioni di creare e consolidare una partnership forte tra due nazioni“.

Il tutto grazie a “un elemento che tende alla sicurezza alimentare attraverso la produzione, la formazione e il valore dei prodotti che verranno realizzati” ha detto ancora il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste. “Si tratta di un investimento che garantisce autosufficienza alimentare, qualità dei prodotti e difesa dell’ambiente, perché gli agricoltori sono i primi ambientalisti del pianeta“.

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Lavoro dipendente o partita IVA: pro e contro

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Lavoro partita IVA
Fotografi @Foto Crediti Envato Elements - DirittoLavoro

Nel momento in cui ci si trova a valutare diverse opzioni lavorative, una domanda che può emergere è relativa alla scelta tra lavoro dipendente o partita IVA. Scopriamo, allora, i possibili pro e contro di ciascuna situazione.

A seconda della tipologia di lavoro che ci si appresta a fare, valutare i pro e i contro di un lavoro da dipendente o a partita IVA è importante per capire quale potrebbe essere la scelta migliore. In ogni circostanza, infatti, esistono degli aspetti da prendere in considerazione affinché un lavoratore possa trovarsi nella condizione più confortevole possibile.

Benefici e limiti del lavoro dipendente e a partita IVA

Partendo dal lavoro da dipendente, ovviamente, il primo pro da valutare è lo stipendio fisso e la possibilità di usufruire di benefici quali l’assicurazione sanitaria e le ferie retribuite. Avere la partita IVA, invece, tra i suoi benefici garantisce più autonomia e libertà. In questo secondo caso, infatti, si è potenzialmente più liberi di scegliere quali progetti accettare e come organizzare il proprio tempo. Ma se il lavoro dipendente limita queste forme di libertà, il lavoro a partita IVA comporta comunque più responsabilità. Lasciando queste premesse, è importante ricordare che la prima differenza tra queste due tipologie di lavoro è data dalla fiscalità. Ovvero, per il lavoro dipendente le tasse sono trattenute dallo stipendio e versate dal datore di lavoro, mentre per i possessori di partita IVA le tasse sono pagate in autonomia.

I lavoratori dipendenti sono soggetti ad una tassazione basata sulle aliquote progressive, quindi più si guadagna più si paga di tasse. Sebbene esistano delle detrazioni fiscali e agevolazioni che possono ridurre l’imposta sul reddito. Anche per chi è possessore di partita IVA ci possono essere dei vantaggi fiscali. Ed in questo caso, per esempio, si possono detrarre diverse spese aziendali (affitto dell’ufficio, acquisto di attrezzature, spese di viaggio…). I lavoratori a partita IVA a regime ordinario, poi, sono tenuti a riscuotere l’IVA dai clienti e a versarla allo Stato. Altro aspetto importante per chi ha la partita IVA è relativo alla gestione delle imposte. Se i lavoratori dipendenti hanno le tasse trattenute dallo stipendio, i lavoratori autonomi devono pianificare e versare le proprie imposte.

E le tasse variano a seconda del regime fiscale. Nello specifico, le partita IVA in regime ordinario devono pagare l’IRPEF, come i lavoratori dipendenti, con aliquote che vanno dal 23% al 43%. Invece, le partite IVA in regime forfettario pagano una tassa diversa, che si chiama imposta sostitutiva, con aliquote che si presentano particolarmente vantaggiose pari al 15% o persino il 5%. Facendo tutte queste valutazioni indispensabili, si potrebbe concludere che la scelta tra lavoro dipendente e partita IVA è da relazionarsi alle esigenze personali, a cui si accompagnano le proprie esigenze lavorative e, ovviamente, alla situazione finanziaria sempre del lavoratore stesso. Per ogni tipologia di lavoro esistono pro e contro, pertanto non resta che considerare l’opzione più favorevole alle proprie esigenze (e/o aspettative). Ad ogni modo, difronte ad ogni perplessità o insicurezza si possono sempre consultare esperti finanziari e commercialisti.

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I videogiochi? Verranno dall’Arabia Saudita: “Pronti 38 miliardi di investimenti”

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Arabia Saudita videogames e non solo
Foto X @HazzadorGamin

L’Arabia Saudita vuole conquistare il mondo dei videogiochi e degli e-sports. Con investimenti miliardari i sauditi stanno manovrando per mettere in campo risorse e strategie. L’obiettivo finale è di diventare un polo industriale globale che produca prodotti ed esporti un franchise internazionale di successo.

Vogliamo diventare un centro globale per i videogiochi e gli e-sport“, ha spiegato il principe Faisal bin Bandar bin Sultan Al Saud, presidente della Federazione internazionale degli e-sport (IESF), in un’intervista all’AFP durante una visita a Tokyo. Nell’ambito del programma Vision 2030, volto a diversificare un’economia basata sul petrolio, il regno saudita ha già investito 38 miliardi di dollari in questa strategia videoludica. Un meccanismo ben oliato che le organizzazioni occidentali per la tutela dei diritti umani definiscono un modo per ‘ripulire’ l’immagine di un Paese in cui i dissidenti sono imprigionati e le esecuzioni sono frequenti.

L’obiettivo di Riad è creare 39mila posti di lavoro legati ai videogiochi o agli e-sport e far sì che questi settori generino l’1% del PIL entro il 2030. Quest’estate Riad ospiterà una coppa del mondo di e-sport, che assegnerà più di 60 milioni di dollari ai vincitori e spera di attirare milioni di fan, oltre che l’attenzione mediatica globale. I videogiochi e gli e-sport “fanno naturalmente pensare” a paesi come il Giappone o la Corea del Sud, ma “vogliamo che l’Arabia Saudita abbia un parte attiva in questa conversazione“, afferma il principe Faisal.

Un’industria ‘olistica’ dei videogiochi

Tuttavia, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Agi, il principe riconosce di vedere gli e-sport come “una porta d’accesso” a un universo molto più grande, perché “quello che vogliamo costruire è un’industria olistica” dei videogiochi. Per raggiungere questo obiettivo, il regno ha acquisito Scopely, uno studio californiano specializzato in giochi per cellulari, per 4,9 miliardi di dollari nel 2023. Il suo gioco Monopoly Go, lanciato lo scorso anno, ha generato entrate per 2 miliardi di dollari in soli 10 mesi.

Altre grandi acquisizioni sono all’orizzonte, avverte Brian Ward, amministratore delegato di Savvy Games. Si tratta del gruppo di proprietà del potentissimo Saudi Public Investment Fund, al centro della strategia dell’Arabia Saudita. “Non ci fermiamo mai. Andiamo avanti a tutta forza sempre“, spiega all’AFP. La speranza è che, col tempo, Savvy possa sfruttare gli ingenti investimenti del fondo nei principali studi internazionali, come l’americana Activision Blizzard e le giapponesi Nintendo e Capcom.

Posti di lavoro per i giovani

Uno degli obiettivi degli eSport” spiegano le autorità saudite “è creare percorsi di carriera per migliaia di giovani dell’Arabia Saudita che sono entusiasti dei videogiochi e aspirano a trovare un percorso lavorativo che corrisponda ai loro desideri“. Già nel 2022 il principe Faisal fece delle chiare previsioni per il settore: entro il 2030 saranno creati oltre 35.000 posti di lavoro con un contributo di 13,3 miliardi di dollari per l’economia della nazione. Numeri simili a quelli ribaditi in questi giorni. “Siamo un paese di oltre 21 milioni di giocatori. Abbiamo più di cinque campioni del mondo in diversi e-sport e oltre 100 squadre professionistiche“, spiegò allora. “Intorno a questi attori principali ci sono migliaia di appassionati che realizzerebbero grandi imprese se trovassero un percorso di carriera in linea con la loro passione“.

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Fiumicino migliore aeroporto d’Europa per la sesta volta in 7 anni, ecco perché

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aeroporto fiumicino roma
Fiumicino migliore aeroporto europeo per la sesta volta. Foto Ansa/Telenews

L’aeroporto di Roma Fiumicino è il migliore d’Europa per la sesta volta negli ultimi sette anni nella categoria degli scali con più di 40 milioni di passeggeri. Lo ha decretato a Istanbul l’associazione internazionale di categoria Aci (Airport Council International) Europe nel corso dell’Assemblea generale in cui, ogni anno, si premiano gli scali europei che hanno raggiunto l’eccellenza nei diversi settori.

A svolgere le valutazioni è stata una giuria indipendente composta da 6 personalità di spicco del mondo istituzionale e tecnico operanti nel settore europeo dell’aviazione. Lo scalo Leonardo da Vinci di Fiumicino, vincitore quest’anno ex-aequo proprio con l’aeroporto internazionale iGA di Istanbul, si è inoltre aggiudicato il Digital Transformation Award. L’aeroporto romano ha visto riconosciuto il suo impegno nella digitalizzazione e nella promozione dell’innovazione, per offrire un’esperienza aeroportuale dei viaggiatori di crescente qualità.

I punti forti di Fiumicino

Fiumicino è sempre più “digitale, affidabile, data-driven e sostenibile“: così lo ha descritto la giuria di esperti del settore Aviation. Lo scalo di Roma ha dunque consolidato il suo primato in Europa, costruito con l’aggiudicazione del Best Airport Award negli anni 2018, 2019, 2020, 2022 e 2023. Nello specifico, tra i criteri di valutazione sono stati riconosciuti l’impegno di Adr nelle operations e nella customer experience; lo sviluppo di nuove infrastrutture green e l’impegno dello scalo a 5 Stelle Skytrax come Careport nella promozione di un aeroporto sempre più sostenibile, che si prenda cura delle persone e del territorio.

Inoltre Fiumicino primeggia sull’innovazione come driver di sviluppo del settore, incluso il design e la progettazione di nuove modalità di trasporto. “Sono orgoglioso di questo nuovo primato europeo raggiunto dallo scalo di Roma Fiumicino – ha affermato il Presidente di Aeroporti di Roma, Vincenzo Nunziatache riconosce l’eccellenza e la qualità dei servizi offerti a migliaia di passeggeri ogni giorno, insieme agli investimenti in sostenibilità e digitalizzazione. Questo riconoscimento rappresenta un’ulteriore dimostrazione dell’impegno della nostra società che ha l’obiettivo di contribuire al crescente consolidamento dell’attrattività e della crescita turistica ed economica del nostro Paese su scala globale“.

Un riconoscimento molto ambito

Ottenere per la sesta volta il riconoscimento di Best European Airport da parte di Aci Europe è motivo di grande orgoglio e soddisfazione. Conferma che stiamo guidando il nostro sviluppo nella giusta direzione, grazie al lavoro e alla passione di tutte le nostre persone e dell’intera comunità aeroportuale” ha dichiarato l’amministratore delegato di Aeroporti di Roma Marco Troncone.

Raggiungere questo risultato ex-aequo con il nuovo, grande aeroporto di Istanbul, oltre al Digital Transformation Award, ci spinge ancor di più a ragionare sul futuro. Se oggi l’aeroporto di Fiumicino è in grado di gestire ottimamente l’importante aumento di traffico, è grazie a una visione che ci ha portati a mettere in atto, anche nei momenti più difficili, importanti investimenti – pari a 2,5 miliardi di euro negli ultimi 10 anni”.

Ora, è importante che, per continuare a competere al livello dei grandi hub mondiali, la traiettoria di sviluppo del nostro aeroporto possa proseguire per far fronte all’ulteriore crescita di passeggeri attesa nei prossimi anni“. A testimonianza della forte capacità di attrazione della Capitale, in queste settimane il Leonardo da Vinci sta registrando un incremento del traffico passeggeri del +20% rispetto allo stesso periodo del 2023. Nella giornata di domenica 23 giugno, è stato toccato un nuovo record storico di passeggeri transitati sullo scalo in un solo giorno: oltre 173mila.

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Imu, dal 2025 aliquote predeterminate dal ministero dell’Economia

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Imu aliquota ministero Economia
Foto X @sole24ore

Nel 2025 entrerà in vigore “il sistema di determinazione delle aliquote Imu sulla base di fattispecie imponibili individuabili dai Comuni esclusivamente tra quelle predeterminate con un decreto del ministro dell’Economia”. Lo ricorda il direttore generale del ministero dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Spalletta, che sul punto ha riferito in Parlamento alla Commissione sull’Anagrafe tributaria.

Si tratta di un esempio – ha affermato – “di quelli che potranno essere i futuri assetti della riscossione“: quello appunto concernente l’Imu, l’imposta diretta sul patrimonio immobiliare. “Il sistema tende verso l’adempimento guidato dell’obbligazione tributaria, mediante la realizzazione di un’applicazione informatica da rendere disponibile ai contribuenti sul portale del Federalismo fiscale. Utile a mettere a disposizione elementi informativi per la determinazione e il versamento dell’imposta, compresi gli elementi che già sono a disposizione dell’Agenzia delle Entrate e di altre amministrazioni pubbliche“, ha aggiunto Spalletta.

Come cambierà l’Imu

Si tratta, ha argomentato, poi, il dirigente di Via XX settembre, di “una novità che consente da un lato di delimitare il perimetro entro il quale il Comune può esercitare la sua potestà regolamentare nel rispetto dei principi costituzionali che ne regolano l’autonomia impositiva. E dall’altro rende possibile che i contribuenti, comprese le software house, dispongano di un valido supporto per il corretto pagamento dell’Imu. L’obiettivo è quello di rendere gli Enti locali consapevoli della potenzialità di tali strumenti e di assisterli nella loro concreta utilizzazione, attraverso una migliore riscossione ed un più efficiente controllo delle entrate“, ha concluso Spalletta.

Nel 2024, considerando anche la seconda rata da pagare il 16 dicembre, il peso dell’Imu raggiungerà – dal 2012, anno della sua istituzione con la manovra Monti – la cifra di quasi 300 miliardi di euro in 13 anni. Il calcolo è dell’associazione dei proprietari, che evidenzia come l’imposta sia “dovuta persino per gli immobili inagibili e inabitabili. Sia pure con base imponibile ridotta alla metà“. Inoltre “eliminare – simbolicamente – questa forma di tassazione particolarmente odiosa costerebbe poco più di 50 milioni di euro.

Una patrimoniale de facto

Tra il 2011 e il 2022 gli immobili ridotti alla condizione di ruderi sono più che raddoppiati, passando da 278.121 a 610.085 (+119%). Si tratta di immobili, appartenenti per il 90% a persone fisiche, che raggiungono condizioni di fatiscenza per il semplice trascorrere del tempo. Ma anche per effetto di atti concreti dei proprietari finalizzati a evitare almeno il pagamento dell’Imu, afferma ancora Confedilizia.

L’Imu, come tutte le patrimoniali, è un’imposta progressivamente espropriativa dei beni che colpisce” dichiara il presidente Giorgio Spaziani Testa. “Il fatto che questi beni siano gli immobili, vale a dire la tradizionale forma di investimento degli italiani, rende particolarmente pesante l’impatto del tributo, anche sul piano sociale. Chiediamo al Governo di avviare una graduale riduzione di questa imposta nemica del risparmio e della crescita. Si potrebbe cominciare eliminandola sulle case in affitto con i contratti a canone concordato, per estendere l’offerta abitativa, e sugli immobili dei piccoli centri, per agevolare la rinascita di borghi e aree interne. Si scelgano delle priorità, ma occorre iniziare“.

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Riscatto laurea: come e quando si può fare

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Riscatto laurea
Laurea @Foto Crediti Envato Elements - DirittoLavoro

Il riscatto della laurea è una forma di investimento che consente di convertire gli anni di studio in contribuiti ai fini pensionistici. A tal proposito, è utile sapere come e quando si può effettuare questa procedura.

Il riscatto della laurea consente di integrare contribuiti ai fini del diritto e del calcolo delle prestazioni pensionistiche future. Tra le prime considerazioni da valutare, vi è la possibilità di detrarre il costo del riscatto dal modello 730 al 19% oppure di poterlo dedurre integralmente.

Come riscattare gli anni di studio universitari

Il riscatto della laurea è aperto a tutti coloro che hanno conseguito una laurea o un titolo equivalente. Ed in più, i plurilaureati hanno la possibilità di riscattare tutti i titoli ottenuti. Il periodo che può essere riscattato equivale alla durata effettiva del percorso di laurea e non degli anni fuori corso. Per poter chiedere il riscatto, tuttavia, è importante che durante il periodo di studi universitari non si siano percepiti contributi lavorativi. In questo ultimo caso sarà possibile riscattare solo il periodo in cui non sono stati percepiti contribuiti di lavoro.

Il riscatto della laurea può essere chiesto sia da un lavoratore che da un disoccupato e senza alcun limite d’età. Per i periodi di studio universitario all’estero occorre fare riferimento al documento ufficiale in cui sono riportati i termini per il riconoscimento dei titoli di studio relativi all’insegnamento superiore nella regione europea. Nello specifico possono essere riscatti: diploma universitari (della durata non inferiore a due anni e non superiore a tre); lauree (della durata non inferiore a quattro anni e non superiore a sei);
diploma di specializzazione, di durata superiore ai due anni, conseguiti dopo la laurea; dottorati di ricerca regolati da specifiche disposizioni di legge; lauree triennali, specialistiche o magistrali; diplomi AFAM rilasciati dagli Istituti di Alta Formazione Artistica e Musicale.

Il riscatto della laurea può essere totale, ovvero per tutta la durata del corso di laurea, o parziale, ovvero per singoli periodi di studio. Non sono riscattabili periodi coperti da contribuzione obbligatoria, figurativa o da riscatto, non solo presso il fondo cui è destinata la richiesta, ma anche in altri regimi previdenziali indicati dall’articolo 2, comma 1, del Decreto Legislativo 30 aprile 1997, n. 184. Anni di studi che non hanno portato al conseguimento della laurea non sono riscattabili.

Quanto costa il riscatto della laurea

L’INPS individua quattro diverse metodologie per definire il costo del riscatto della laurea. Nel dettaglio, vi è il sistema di calcolo contributivo per gli anni di studio dopo il 1996, nel quale il costo è determinato in base al reddito (dei 12 mesi meno remoti) e all’aliquota contributiva personale (33% per i dipendenti, 24% per gli autonomi), moltiplicati per il numero di anni da riscattare. Altra metodologia è il sistema di calcolo retributivo per gli anni di studio fino al 1995, in questo caso il costo è determinato in base alla maggiore pensione che si riceverà a seguito del riscatto di anni nel sistema retributivo.

Esiste poi il riscatto agevolato della laurea dove è previsto il pagamento in quota fissa, basato esclusivamente sul numero di anni da riscattare. Per il 2024 il costo agevolato è di 6.076,95 euro. Ed infine vi è il riscatto in quota fissa per chi non ha ancora contribuiti, qui il costo è come il riscatto agevolato.

Nei primi tre casi, il lavoratore è tenuto a coprire il costo del riscatto della laurea, il quale è completamente deducibile dal proprio reddito. Lo Stato contribuisce a finanziare una percentuale variabile del costo attraverso rimborsi diretti in busta paga o mediante una riduzione delle imposte. Il costo del riscatto si può suddividere il 120 rate mensili, senza l’applicazione di interessi aggiuntivi. Infine, un genitore può assumersi il costo del riscatto della laurea per un figlio ancora a proprio carico, godendo di una detrazione fiscale del 19% sulla spesa sostenuta.

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Musk, stipendio da 56 miliardi? Azionisti Tesla in rivolta e lui potrebbe lasciare

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Musk stipendio miliardario
Foto Ansa/Epa Lukasz Gagulski

Alla prossima assemblea degli azionisti di Tesla, la casa automobilistica di Elon Musk che produce avveniristiche auto elettriche, il fondo sovrano dello Stato norvegese voterà contro la retribuzione da 56 miliardi di dollari per l’amministratore delegato. Vale a dire per lo stesso Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo che, secondo alcuni rumors, Donald Trump vorrebbe come consigliere alla Casa Bianca se dovesse vincere le elezioni presidenziali di novembre. 

A riportare la notizia è l’agenzia di stampa statunitense Bloomberg evidenziando che il fondo norvegese a fine 2023 possedeva una partecipazione dello 0,98% di Tesla per un valore di 7,72 miliardi di dollari. “Rimaniamo preoccupati per la dimensione totale del premio, la struttura data ai fattori della performance“, evidenzia Norges bank investment management. La decisione di dire no al maxi stipendio per Musk è “coerente con il nostro voto sullo stesso premio nel 2018” spiega ancora il fondo, aggiungendo che “continuerà a dialogare in modo costruttivo con Tesla su questo e altri argomenti“.

Musk, anche un fondo Usa contro di lui

Risale infatti a 6 anni fa l’approvazione di un pacchetto retributivo senza precedenti, che prevedeva che Musk ricevesse azioni della Tesla in base al raggiungimento di una serie di obiettivi nell’arco di 10 anni. Al momento dell’approvazione il valore era stimato in 56 miliardi di dollari. Un tribunale del Delaware lo scorso gennaio aveva annullato la decisione aziendale sulla maxi retribuzione, accogliendo il ricorso di un azionista.

Se adesso Tesla dovesse riuscire a riapprovarlo, lo ‘stipendio’ da 56 miliardi di dollari farebbe di Musk l’amministratore d’azienda più pagato nella storia moderna. Ma la contrarietà del fondo sovrano norvegese è in linea con quella di altri soci di Tesla, fra cui il fondo statunitense Calvert. Anche per Calvert, infatti, il “valore del premio rimane eccessivo. Anche considerando il successo della società“.

Posizioni che rispecchiano le indicazioni dei proxy advisor: le società di analisi specializzate nel fornire consulenza agli investitori su come votare alle assemblee degli azionisti. Il proxy Glass Lewis, ad esempio, ha formulato la sua raccomandazione, citando le “dimensioni eccessive” dell’accordo sulla retribuzione.

Tesla: “Così Elon se ne andrà”

Da parte sua Tesla ha replicato seccamente alla raccomandazione di Glass Lewis affinché Calvert si opponga alla maxi retribuzione di Elon Musk. E ha affermato che l’advisor “omette considerazioni chiave, usa una logica errata e si basa su speculazioni e ipotesi“. Una bocciatura in assemblea della retribuzione dell’amministratore delegato, seppur solo consultiva, potrebbe mettere in grande imbarazzo Elon Musk. E potrebbe indurlo, secondo le indiscrezioni di mercato, a dare l’addio alla sua creatura per continuare a dedicarsi a tutte le altre sue aziende: da SpaceX a X (l’ex Twitter), passando per Neuralink, che si occupa di sviluppare interfacce neurali impiantabili nel corpo umano.

Nei giorni scorsi la presidente di Tesla, Robyn Denholm, in una lettera agli azionisti, ha spiegato che il massiccio pagamento del Ceo consta di un piano d’assegnazione titoli che si sviluppa in un decennio. E serve “a mantenere l’attenzione di Elon e a motivarlo a concentrarsi sul raggiungimento di una crescita sorprendente per la nostra azienda“. Insomma, Musk ha bisogno di una retribuzione da 56 miliardi di dollari permantenere attenzione” e “concentrarsi” sull’azienda.

Le polemiche scoppiano in una fase delicata per Tesla, in particolare per una serie di iniziative che guardano al futuro del gruppo. In particolare il mercato guarda al progetto di un veicolo a basso costo e allo sviluppo della tecnologia di guida autonoma. Tesla sta “attraversando un periodo difficile di crescita e quindi bisogna avere pazienza“, spiegano gli analisti finanziari. Non è ancora chiaro se la stessa pazienza l’avranno tutti gli azionisti Tesla nei confronti di Elon Musk, all’assemblea del 13 giugno.

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Trump, le sue società ai massimi a Wall Street dopo l’attentato

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Donald Trump attentato Usa
Foto Ansa/Epa David Maxwell

Con un rialzo di oltre il 30%, Trump Media & Technology Group, la società quotata a Wall Street dell’ex presidente statunitense scampato a un attentato sabato scorso 13 luglio, vola sui listini d Borsa. Nei primi momenti di contrattazione, lunedì 15 luglio, il balzo era ancora maggiore con un rialzo del 50%.

La società controlla la piattaforma di social media Truth Social, lanciata dopo il divieto contro Trump a seguito alla rivolta del Campidoglio del 2021, per la quale il tycoon è sotto processo con l’accusa di aver ispirato l’assalto armato di migliaia di sostenitori nel giorno dell’Epifania di 3 anni fa.

Trump e la Borsa

A questo punto, da inizio anno, il valore del titolo della Trump Media è più che raddoppiato (+ 134%) ma con un percorso molto accidentato, fatto di forti oscillazioni. Il 27 marzo scorso ad esempio il titolo valeva 66 dollari, tre settimane dopo meno di 23. La spinta arriva adesso dalla supposizione che il tentato assassinio del 13 luglio spinga Trump ancora più vicino a un secondo mandato alla Casa Bianca. La volatilità delle azioni di Trump Media si spiega anche con le altalenanti prospettive di un secondo mandato. L’ex presidente possiede una quota di maggioranza nella società.

Altri titoli a cui viene associato un beneficio da una nuova presidenza Trump (ad esempio Geo Group a + 10%) sono a loro volta in forte rialzo. Discorso analogo per le criptovalute. Bene pure i produttori di armi con Smith & Wesson Brands, in rialzo di oltre il 12%, e Sturm Ruger & Company, in crescita di circa il 8%. Le compagnie di assicurazione sanitaria, che sono viste come potenziali beneficiarie di una minore regolamentazione sotto un’amministrazione Trump, salgono seppur in minor misura. Viceversa sono in discesa le azioni di energie rinnovabili.

L’attentato del 13 luglio

Come è noto il 13 luglio durante un comizio in Pennsylvania il tycoon, colpito da spari e ferito all’orecchio destro, è rimasto cosciente e si è subito rialzato. Immediatamente si è rivolto alla folla alzando il pugno prima di essere portato via dal Secret Service. Un ex capo dei vigili del fuoco, partecipante al comizio, ha perso la vita e altre due persone sono rimaste gravemente ferite. L’attentatore, che è stato ucciso dalla polizia, è stato identificato come Thomas Matthew Crooks, 20enne della Pennsylvania. Il ragazzo ha sparato da un tetto di un edificio nelle vicinanze. Aveva materiale esplosivo nell’auto e in casa.

Dimesso dopo un paio d’ore dall’ospedale, Trump si è fatto sentire sui social: “Non mi arrenderò mai“. E in alcune interviste descrive l’attentato come “un’esperienza surreale”. Sostiene di essere “vivo solo perché in quel momento ho distolto lo sguardo dalla folla“. Si è effettivamente voltato e la cosa sembra sia stata provvidenziale, altrimenti probabilmente sarebbe stato centrato alla testa. L’ex presidente ha quindi partecipato alla convention repubblicana di Milwaukee del 15 luglio: “Farò un discorso completamente diverso” dal solito, ha detto.

Da parte sua il presidente Usa, Joe Biden, ha dichiarato: “Sono felice che sia salvo“. Col presidente c’è stata anche una telefonatabreve e rispettosa“. Stephen Moore, consigliere senior della campagna di Trump esprime dubbi sulla preparazione del Security Service. Un testimone afferma di aver visto il presunto tiratore “spostarsi da un tetto all’altro” prima del tentativo di assassinio e di aver avvisato la polizia. L’FBI indaga per “terrorismo interno: l’attentatore ha agito da solo“. E sono ormai esplose le polemiche e i rimpalli di responsabilità fra polizia federale e polizia locale della Pennsylvania.

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Boschi e ‘superforeste’, ecco perché crearli è un investimento

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Boschi e superforeste investimento per il futuro
Foto Ansa

Creare un nuovi boschi e foreste in Italia può essere un buon business. Certo, si parla di un investimento a lungo termine. Non si tratta soltanto di un semplice atto di piantumazione ma di una scommessa sul futuro sostenibile del nostro ambiente e della nostra comunità. Eppure quanto costa davvero portare alla vita una nuova area boschiva, e quali benefici possono derivare da tale investimento?

Come riporta Adnkronos, stando a ricerche di Etifor, B Corp e spin-off dell’Università di Padova specializzata in consulenza ambientale, il costo di creazione di un nuovo bosco può variare. Un progetto standard può oscillare tra i 14mila e i 23mila euro a ettaro (10mila metri quadrati di superficie). Mentre i boschi progettati scientificamente, in grado di soddisfare criteri di multifunzionalità e standard qualitativi internazionali più elevati, possono costare fino a 38mila euro per ettaro.

Boschi e biodiversità

La tutela della biodiversità è una delle principali ragioni dietro la creazione di nuovi boschi. Le foreste non sono solo degli ecosistemi vitali per il pianeta, ma sono anche fondamentali per la conservazione della biodiversità. Con oltre l’80% delle specie terrestri che chiamano le foreste la loro casa, proteggere questi habitat è essenziale per preservare la varietà di flora e fauna del nostro pianeta.

L’Italia vanta 11 milioni di ettari di foreste, più di un terzo del territorio nazionale, con oltre 58mila specie animali e 6.700 specie di piante vascolari. Perciò investire nella creazione di nuove foreste è cruciale per proteggere e preservare questo prezioso patrimonio.

Le finalità dietro la creazione di un nuovo bosco influenzano le decisioni progettuali e gli investimenti economici. Mentre in passato si prediligevano boschi con finalità specifiche, come la produzione di legname, oggi si tende a favorire boschi con finalità multiple. In grado, cioè, di offrire una vasta gamma di benefici: dalla protezione della biodiversità alla produzione di materie prime. Fino alla mitigazione del dissesto idrogeologico.

Le fasi di creazione di una foresta

Le fasi che portano alla nascita di una nuova foresta sono ben definite e richiedono un impegno costante. Dalla progettazione, affidata a esperti tecnici forestali, alla preparazione del terreno, all’impianto delle piantine e alla successiva manutenzione. Ogni passo è fondamentale per garantire il successo a lungo termine di un progetto per nuovi boschi. La progettazione spetta a un tecnico forestale che studia il contesto, sceglie le specie e gli interventi più adatti e consulta gli stakeholder.

Poi c’è la preparazione del terreno, col tracciamento dei filari e del sesto d’impianto e varia a seconda del contesto del terreno. Quindi c’è l’impianto dei boschi, tramite l’acquisto di piantine forestali certificate, la messa a dimora, la protezione delle piante e altre attività. La manutenzione dei boschi comporta invece sfalci, potature e monitoraggio della crescita delle piante, soprattutto nei primi anni.

Superforeste, grandi benefici

Oltre al discorso sui boschi, la Etifor ha introdotto il concetto di ‘superforeste‘. Ovvero qualcosa che rappresenta un nuovo approccio alla riforestazione. Ben oltre la semplice piantumazione di alberi. Questi boschi, nati da un approccio scientifico e multidisciplinare, sono progettati per innescare circoli virtuosi di benefici sia per l’uomo che per l’ambiente.

Contrariamente alle foreste tradizionali, le superforeste sono concepite per massimizzare la multifunzionalità, producendo una vasta gamma di servizi ecosistemici. Oltre alla protezione della biodiversità, esse possono contribuire alla produzione di legname, alla fissazione del carbonio, alla regolazione del ciclo dell’acqua e molto altro. Creare nuovi boschi è un investimento significativo, ma i benefici che può generare sono inestimabili.

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