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Call center extra UE, le novità nella Legge di Bilancio: 

Il disegno di Legge di Bilancio introduce alcune novità circa i call center dislocati fuori della Unione Europea, che mirano a contrastare i fenomeni di dumping che hanno provocato crisi occupazionali e diminuzione costante degli utili.

E di call center extra UE ci parla anche l’articolo pubblicato oggi (30.11.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Giampiero Falasca; Titolo: “Per i call center extra- UE nuove notifiche e sanzioni”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Il disegno di legge di Bilancio prova a rafforzare le misure di contrasto ai fenomeni di dumping nel settore dei call center, che hanno prodotto diffuse crisi occupazionali e un calo costante dei margini di profitto.

Il legislatore ha messo a punto un doppio intervento che riguarda sia l’attività inbound che quella outbound: vengono rafforzate le norme che governano il fenomeno delle delocalizzazioni, proliferato negli ultimi anni in forma disordinata e non sempre corretta, e si cerca di impedire l’utilizzo del criterio del massimo ribasso nelle gare per l’affidamento dei servizi.

La prima misura si concretizza nella completa riscrittura della norma (articolo 24 bis) anti delocalizzazioni contenuta nel decreto legge 83/2012. Secondo la nuova disciplina, qualora un operatore economico decida di localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività di call center in un Paese che non è membro dell’Unione europea, deve darne comunicazione, almeno trenta giorni prima del trasferimento, al ministero del Lavoro e all’Ispettorato nazionale del lavoro, indicando i lavoratori coinvolti.

Questo obbligo esisteva anche nella disciplina del 2012, ma la nuova stesura amplia la lista dei destinatari della comunicazione: oltre al Garante per la protezione dei dati personali, già presente nella vecchia normativa, si prevede l’invio di un’ulteriore comunicazione al ministero dello Sviluppo economico, cui devono essere notificate le numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico.

Un altro aspetto rilevante della nuova norma è l’inasprimento delle sanzioni: per ogni comunicazione omessa o tardiva si applica la sanzione amministrativa di 150mila euro.

L’invio deve essere fatto, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di Bilancio, anche dagli operatori che hanno già delocalizzato e in caso di omissione o ritardo si applica la sanzione amministrativa di 10mila euro per ciascun giorno oltre la scadenza.

Sempre allo scopo di contenere il fenomeno della delocalizzazione, la riforma stabilisce (confermando un principio già esistente) che nessun beneficio, anche fiscale o previdenziale, previsto per tale tipologia di attività può essere erogato a operatori economici che delocalizzano l’attività di call center in un Paese che non è membro dell’Unione europea.

La norma rafforza, poi, il diritto del soggetto che effettua una chiamata a un call center di essere informato preliminarmente sul Paese in cui l’operatore con cui parla è fisicamente collocato.

La riforma conferma tale diritto, ma precisa che se l’operatore risponde da un territorio che si trova fuori dall’Ue, va garantita all’utente la possibilità, nell’ambito della stessa chiamata, di passare a un operatore collocato in Ue (questo obbligo sarà operativo dopo 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di Bilancio). Analoga possibilità deve essere riconosciuta quando l’utente riceve una chiamata da un call center.

Il mancato rispetto di questo obbligo procedurale comporta la sanzione amministrativa pari a 50mila euro per ogni giornata di violazione, indipendentemente dal numero di chiamate “irregolari”.

La riforma rafforza anche i doveri di trasparenza dei committenti e degli operatori, mediante l’introduzione dell’obbligo di comunicare, al ministero del Lavoro su richiesta dello stesso, la localizzazione di un call center; la mancata risposta comporta la sanzione amministrativa di 50.000 euro per ogni violazione.

Il disegno di legge di Bilancio si preoccupa inoltre di contrastare il fenomeno delle gare al massimo ribasso, stabilendo che le amministrazioni aggiudicatrici che procedono ad affidamenti di servizi di call center devono scegliere l’offerta migliore scorporando le spese relative al costo del personale.

Il principio è condivisibile, ma la sua applicazione concreta sarà difficile, in quanto il costo del personale è una variabile che spesso dipende dai volumi di servizio, che non sono conoscibili in anticipo; non sarà semplice, quindi, stabilire l’effettiva incidenza del costo del lavoro sull’offerta complessiva.

 

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