Advertisement

TikTok è la vetrina delle mafie: “Si fanno vedere ricchi, firmati, con tanti soldi e dicono ‘noi siamo il nuovo modello, vuoi diventare come noi? I giovani non strutturati si trovano avviluppati e pensano che quello sia il loro futuro. I social per i mafiosi sono una sfida alle istituzioni, un’esternazione di arroganza”. Così il magistrato Nicola Gratteri, procuratore capo a Napoli, intervistato da Marco Carrara a Timeline su Rai 3, il 10 marzo.

La posizione di Gratteri, uno dei più importanti magistrati antimafia d’Europa, non è una novità ma contribuisce a mettere in luce l’importanza dei social media per l’economia mafiosa. Lo scorso novembre, intervistato a In altre parole, su La 7, da Massimo Gramellini, l’esperto di mafie ha analizzato l’evoluzione del sistema comunicativo mafioso, che oggi fa leva sull’influenza dei social media sulle nuove generazioni e sulla loro percezione della ricchezza e del successo.

Mafia, tecnologia e impresa criminale

La mafia si è sempre comportata come un’azienda” aveva spiegato Gratteri. “Persino cento anni fa: si faceva pubblicità, come quando i rampolli mafiosi in processione facevano offerte cospicue al santo di turno, sotto gli occhi di tutti. Era una dimostrazione di potere. Come l’acquisto, negli anni Sessanta, di allenatori e squadre di calcio, che cominciavano così a scalare le classifiche”.

Il magistrato, come riportò sulla Stampa Sofia Li Crasti, aveva poi lanciato un monito, lamentando l’inefficienza della tecnologia in Italia: “Le mafie, oggi, sono più contemporanee di noi. Ci sono mafie in grado di appoggiarsi ad hacker stranieri per costruire nuovi Instagram, nuovi WhatsApp, nuovi Telegram, e costruire in questo modo un sistema di comunicazione che elude i controlli ufficiali. Ciò significa che negli ultimi decenni, in Italia, non si è investito in tecnologie, ma attenzione: il futuro delle mafie sono le piattaforme web e darkweb“.

Advertisement

I social e la diffusione del Fentanyl

Inoltre, secondo Gratteri, i social media contribuiscono in maniera preponderante alla diffusione delle droghe. E ciò perché “ormai la droga viaggia anche sui social, e quindi diventa un problema che scavalca gli Stati, la politica“. Per questo il procuratore capo di Napoli si è appellato all’esigenza di costruire un sistema normativo forte, che possa arginare il danno.

E ha aggiunto: “C’è uno spaventoso aumento del consumo di droghe sintetiche, perché costano poco, come il Fentanyl, che ha effetti devastanti e sta uccidendo migliaia di giovani negli Usa. La chiamano ‘la droga degli zombie’, perché fa perdere ogni facoltà cognitiva. O la cocaina rosa in Bolivia, inodore, difficilissima da individuare per i cani. Persino la Cina sta avendo problemi a controllare l’elevatissimo consumo di droga tra i giovani“.

Gratteri non crede alla legalizzazione delle droghe

In riferimento ai progetti di legalizzazione delle droghe leggere, Nicola Gratteri si mostra molto scettico, per usare un eufemismo. Anzi. In realtà sarcastico. “I tossicodipendenti che fanno uso di marijuana sono il 7,8%, e un grammo costa 5 euro” ha dichiarato. “I cocainomani sono invece l’80%, e un grammo di cocaina costa 60 euro. Quale sarebbe, per le mafie, il mancato guadagno se la legalizzassimo?” Domanda retorica con risposta chiara. Nessun rilevante mancato guadagno perché le mafia incamerano miliardi dal traffico di droga pesante e non certo da quello dell’hashish o della semplice marijuana.

Advertisement