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L’Agenzia delle Entrate, con risposta n. 330, ha fornito un parere sul trattamento fiscale del riscatto esercitato da parte degli iscritti a un fondo di previdenza complementare che aderiscono a un accordo collettivo aziendale di incentivo all’esodo ai sensi dell’articolo 14, comma 3, del DECRETO-LEGGE 14 agosto 2020, n. 104 (Decreto Agosto).

Di seguito il testo integrale della risposta n. 330/2021.

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

QUESITO

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Il Fondo Pensione istante rappresenta di essere destinatario di richieste di riscatto della posizione individuale di previdenza complementare ex articolo 14 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, da parte di iscritti che aderiscono a un accordo collettivo aziendale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro stipulato, in deroga al divieto di licenziamento, ai sensi dell’articolo 14, comma 3, del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla Legge 13 ottobre 2020, n. 126.

Chiede, pertanto, chiarimenti in merito al corretto trattamento fiscale da applicare al suddetto riscatto, tenuto conto che la posizione individuale degli iscritti è formata da somme accantonate dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2006 e, altresì, da somme accantonate dopo il 1° gennaio 2007.

L’Istante chiede, inoltre, di conoscere il trattamento fiscale applicabile nel caso in cui dovesse erogare un ulteriore riscatto per “cause diverse” in relazione alla quota residua di posizione individuale.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

L’Istante ritiene che il riscatto della posizione individuale in ipotesi di cessazione dei requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare da parte di iscritti che aderiscono a un accordo collettivo aziendale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, stipulato ai sensi dell’articolo 14, comma 3, del citato decreto legge n. 104 del 2020, possa qualificarsi come riscatto per “mobilità”.

Esso è, pertanto, riconducibile all’articolo 14, comma 2, lettera b), del d.lgs. n. 252 del 2005, che consente di riscattare per causa di “mobilità” il 50 per cento della posizione individuale maturata.

Ne consegue che il riscatto parziale per “mobilità” sarebbe assoggettato al seguente regime fiscale:

  1. per le somme accantonate dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2006, trova applicazione l’articolo 20 del Tuir (nel testo vigente fino al 31 dicembre 2006), che prevede l’applicazione del regime di tassazione separata con l’aliquota determinata con gli stessi criteri previsti per il trattamento di fine rapporto (tfr);
  2. per le somme accantonate dal 1° gennaio 2007, trova applicazione la disposizione di cui all’articolo 14, comma 4, del d.lgs. n. 252 del 2005 che prevede una ritenuta a titolo d’imposta del 15 per cento, riducibile fino al 9 cento in ragione della anzianità di partecipazione al fondo.

Nel caso in cui l’Istante dovesse erogare un ulteriore riscatto per la quota residua di posizione individuale (il restante 50 per cento), detto riscatto sarebbe assoggettato al seguente regime fiscale:

  1. per le somme accantonate dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2006, trova applicazione l’articolo 20 del Tuir (nel testo vigente fino al 31 dicembre 2006), che prevede l’applicazione della tassazione separata con l’aliquota determinata con gli stessi criteri previsti per il trattamento di fine rapporto (tfr), in quanto la causa di tale riscatto rimane sempre la stessa e, cioè, la mobilità;
  2. per le somme accantonate dal 1° gennaio 2007, trova applicazione la disposizione di cui all’articolo 14, comma 5, del d.lgs. n. 252 del 2005 che prevede una ritenuta a titolo d’imposta del 23 per cento nei casi di riscatto esercitati per “cause diverse” da quelle indicate nei commi 2 e 3 del medesimo articolo 14.

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

L’articolo 14 del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104 (“Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia“), convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, prevede, al comma 1, che «Ai datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui all’articolo 1 ovvero dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 3 del presente decreto resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223» e, al comma 2, che «resta, altresì, preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge».

Il successivo comma 3 del medesimo articolo dispone che «le preclusioni e le sospensioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile, o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, a detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22».

In altri termini, in deroga alle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del citato articolo 14, che, al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dall’emergenza epidemiologica da Covid-19, prevedono il blocco dei licenziamenti individuali e collettivi per giustificato motivo oggettivo, il comma 3 del medesimo articolo 14, per quanto di interesse in questa sede, stabilisce che tale preclusione non opera in caso di accordo collettivo aziendale sindacale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono a tale accordo, e che a detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di cui all’articolo 1 del d.lgs. n. 22 del 2015, e , cioè, la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI).

L’efficacia di tali disposizioni è stata prorogata prima fino al 31 gennaio 2021 dall’articolo 12 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137 (convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176), successivamente fino al 31 marzo 2021 dall’articolo 1, commi 309 e seguenti, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 e, da ultimo, al 30 giugno 2021 o al 31 ottobre 2021 (solo per determinati datori di lavoro) dall’articolo 8, del decreto legge 22 marzo 2021, n. 41.

Per i profili fiscali, si rappresenta preliminarmente che la disciplina della previdenza complementare, contenuta nel decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, è stata oggetto di molteplici modifiche normative a seguito delle quali il trattamento fiscale delle prestazioni risulta differenziato sia in ragione del fatto che il percettore sia un “vecchio” o un “nuovo” iscritto alla forma previdenziale, sia in base al periodo in cui le stesse sono maturate (si applica, infatti, un diverso regime di tassazione a seconda del diverso periodo di maturazione del relativo montante – ante 2000, dal 2001 al 2006 e post 2006), sia, infine, a seconda che la prestazione sia erogata in forma di capitale o in forma di rendita.

La nuova disciplina della previdenza complementare, introdotta dal citato d.lgs. n. 252 del 2005, con efficacia dal 1° gennaio 2007, oltre a contenere una previsione analitica delle ipotesi di riscatto, ha modificato il trattamento fiscale applicabile agli importi riscattati.

In particolare, l’articolo 14, comma 4, del suddetto decreto legislativo prevede l’applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15 per cento, riducibile fino al 9 per cento, in funzione degli anni di iscrizione al fondo, in caso di:

  1. riscatto parziale, nella misura del 50 per cento della posizione individuale, nei casi di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi e non superiore a 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria (articolo 14, comma 2, lettera b);
  2. riscatto totale della posizione individuale, nei casi di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo e a seguito di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi (articolo 14, comma 2, lettera c);
  3. riscatto totale della posizione individuale da parte degli eredi o dei diversi beneficiari designati dall’iscritto in caso di morte dell’aderente (articolo 14, comma 3).

L’articolo 14, comma 5, del medesimo decreto legislativo prevede che, nei casi di riscatto per motivi diversi da quelli sopra indicati, si applica una tassazione meno favorevole, con una ritenuta a titolo d’imposta del 23 per cento.

Nel caso di specie, è stato chiesto di sapere se al riscatto della posizione individuale maturata presso il Fondo pensione istante richiesto dagli iscritti che aderiscono a un accordo collettivo aziendale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, ai sensi del riportato articolo 14, comma 3, del decreto legge n. 104 del 2020, possa applicarsi la disciplina del riscatto parziale prevista dall’articolo 14, comma 2, lettera b), del d.lgs. n. 252 del 2005 per il caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria.

La risposta al quesito posto richiede un’indagine preliminare finalizzata a verificare la riconducibilità della fattispecie rappresentata all’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione del citato articolo 14, comma 2, lettera b), del d.lgs. n. 252 del 2005.

La Commissione di Vigilanza sui fondi Pensione (COVIP) – nella risposta a quesito di settembre 2014 – nel richiamare gli “Orientamenti interpretativi in merito all’articolo 14, comma 2, lettera b, del d.lgs. n. 252 del 2005“, adottati con deliberazione del 28 novembre 2008 in ordine alle fattispecie di riscatto per cassa integrazione guadagni, ha ribadito che il denominatore comune a tutte le ipotesi contemplate dal predetto articolo 14, comma 2, lettera b), è rappresentato dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Nella medesima risposta, la COVIP, richiamando la precedente risposta a quesito di ottobre 2013, ha ritenuto ammissibile l’applicazione del citato articolo 14, comma 2, lettera b), anche alle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro ex articolo 4 della legge 28 giugno 2012, n. 92 (c.d. esodo incentivato), in ragione delle analogie esistenti con le fattispecie di mobilità, considerato che entrambe le procedure comportano la cessazione del rapporto di lavoro e l’erogazione di una prestazione di sostegno al reddito.

Con riferimento all’esodo incentivato di cui all’articolo 4 della legge n. 92 del 2012, la COVIP, nella citata risposta a quesito di ottobre 2013, ha, altresì, precisato che detta procedura, così come quella di mobilità di cui all’articolo 4 della legge 23 luglio 1991, n. 223, è volta a “a tutelare il lavoratore a fronte dell’esigenza del datore di lavoro di gestire le eccedenze di personale senza ricorrere a licenziamenti collettivi “.

Nel caso in esame, la disponibilità dei lavoratori ad aderire all’accordo collettivo aziendale ex articolo 14, comma 3, del decreto legge n. 104 del 2020 non può essere considerata in modo avulso dal contesto della peculiare procedura attivata, volta a garantire cessazioni del rapporto di lavoro non traumatiche, anche con il riconoscimento di prestazioni di sostegno al reddito (NASpI), e volta, altresì, a gestire gli esuberi di personale, evitando licenziamenti collettivi.

Si ritiene, pertanto, che il riscatto della posizione individuale richiesto da coloro che aderiscono al suddetto accordo collettivo aziendale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro possa ricondursi alle ipotesi di riscatto parziale contemplate dall’articolo 14, comma 2, lettera b), del d.lgs. n. 252 del 2005.

Tenuto conto che a decorrere dal 1° gennaio 2007, i presupposti per la richiesta di riscatto devono essere individuati sulla base della disciplina vigente a decorrere dalla medesima data, e, cioè, secondo le norme recate dal d.lgs. n. 252 del 2005 (cfr. circolare 18 dicembre 2007, n. 70/E, par. 5.4) e tenuto conto, altresì, che le somme erogate a titolo di riscatto devono essere assoggettate a imposizione fiscale nel rispetto del regime transitorio previsto dall’articolo 23, comma 5, del medesimo decreto, il riscatto parziale esercitato dagli iscritti al fondo Istante ai sensi dell’articolo 14, comma 2, lettera b), del d.lgs. n. 252 del 2005, sarà assoggettato al seguente regime fiscale.

In particolare, previa imputazione dei riscatti ai montanti maturati in epoca meno recente e, in seguito, a quelli maturati in epoca più recente:

  1. per i montanti maturati dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2006, trova applicazione l’articolo 20 del Tuir (nel testo vigente fino al 31 dicembre 2006), che prevede l’applicazione del regime di tassazione separata con l’aliquota determinata con gli stessi criteri previsti per il trattamento di fine rapporto (tfr);
  2. per i montanti maturati a partire dal 1° gennaio 2007, trova applicazione la disposizione di cui all’articolo 14, comma 4, del decreto legislativo n. 252 del 2005 che prevede una ritenuta a titolo d’imposta del 15 per cento, riducibile fino al 9 cento in ragione della anzianità di partecipazione al fondo.
    Nel caso in cui l’Istante dovesse erogare un ulteriore riscatto per la quota residua di posizione individuale (il restante 50 per cento), detto riscatto, ove nel frattempo non sia intervenuta un’altra causa di riscatto ai sensi dei commi 2 e 3 dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 252 del 2005, sarebbe assoggettato al regime fiscale residuale dei riscatti esercitati “per cause diverse” da quelle previste nei predetti commi 2 e 3, ai sensi del successivo comma 5.

In particolare, previa imputazione dei montanti dapprima a quelli maturati in epoca meno recente e, in seguito, a quelli maturati in epoca più recente e ferme le indicazioni fornite con la risoluzione 22 ottobre 2008, n. 399/E per l’ipotesi in cui, nel rispetto dello Statuto del fondo Istante, il riscatto ulteriore sia contestuale al riscatto parziale esercitato ai sensi dell’articolo 14, comma 2, lettera b, del d.lgs. n. 252 del 2005 :

  1. per i montanti maturati dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2006, trova applicazione l’articolo 52, comma 1, lettera d-ter), del Tuir (nel testo vigente fino al 2006), che prevede l’applicazione del regime ordinario di tassazione per scaglioni di reddito;
  2. per le somme accantonate dal 1° gennaio 2007, trova applicazione la disposizione di cui all’articolo 14, comma 5, del d.lgs. n. 252 del 2005, che prevede una ritenuta a titolo d’imposta del 23 per cento nei casi di riscatto esercitati per “cause diverse” da quelle indicate nei commi 2 e 3 del medesimo articolo 14.

(Fonte: Agenzia delle Entrate)

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