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La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 7218 del 2018, ha reso il seguente principio di diritto: “la valutazione della lesione al decoro e alla dignità delle eventuali offese contenute negli scritti difensivi spetta al giudice: nel caso esaminato ricorso dell’offeso respinto” (dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore del 23.3.2018).

Vediamo insieme i fatti di causa di cui alla sentenza 7218/2018.

Il sig. …, premesso che era stato amministratore unico della spa … – dal 29 novembre 2002 sino al momento delle sue dimissioni, rassegnate nel mese di luglio 2005, per cui in data 11 luglio 2005 era stato sostituito nell’incarico da …; che sino al mese di giugno 2005 le sue competenze erano state corrisposte dalla società mediante bonifico bancario, mentre quanto dovutogli per il periodo successivo non gli era stato pagato, se non a seguito di scambio epistolare, mediante ritiro (in data 11.1.2007) di apposito assegno circolare presso la sede della società (per cui si assumevano spese in ragione di 97,40 €); tanto premesso, conveniva in giudizio davanti al giudice del lavoro di Prato la spa … nonché …, chiedendo di accertare e dichiarare l’inadempimento della società e per l’effetto la condanna di quest’ultima al pagamento in suo favore della somma di euro 51,55 a titolo di interessi legali, oltre ulteriori interessi sino al saldo, della somma di euro 232,87 a titolo di danno emergente oltre interessi, della somma di euro 20.000,00 ovvero quella maggiore o minore ritenuta di giustizia, anche in tutto o in parte ex articolo 1226 c.c., a titolo di danno non patrimoniale arrecato all’onore e al decoro di esso ricorrente oltre interessi legali; previa ogni necessaria ed opportuna statuizione, anche in ordine all’esistenza del reato di cui all’art. 594 del codice penale, di accertare e dichiarare che il comportamento tenuto da …, integrava il delitto di ingiuria e comunque illecito ai sensi degli effetti degli articoli 2043 nonché 2059 c.c., con la conseguente condanna di .. al risarcimento del danno patito dal ricorrente, nella componente extrapatrimoniale e morale, all’onore, al decoro, alla dignità e all’identità personale, nella misura di euro 20.000,00 ovvero di quella, maggiore o minore, ritenuta di giustizia, anche in tutto o in parte articolo equitativamente ex art. 1226 c.c., oltre interessi come per legge e con vittoria delle spese di lite.

Radicatosi il contradditorio con la costituzione dei convenuti, i quali nel resistere alle pretese avversarie chiedevano, altresì, la condanna dell’attore ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., nonché ex articolo 89 dello stesso codice, con la eliminazione inoltre delle frasi ingiuriose, e a favore del solo … il risarcimento dei danni da costui sofferti.

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Il … replicava mediante comparsa, contenente altresì domanda riconvenzionale per la cancellazione della parola “calunniose”, contenuta nella memoria difensiva di controparte, instando inoltre per l’accertamento della natura offensiva delle espressioni usate negli scritti difensivi dei due convenuti, con conseguente condanna.

Con sentenza del 26 marzo 2010 il giudice adito condannava la società convenuta al pagamento in favore dell’attore degli interessi legali maturati sulla somma di euro 1453 nel periodo dal 30 agosto al 20 ottobre 2005, oltre interessi legali sugli interessi scaduti dalla domanda al saldo; rigettava la domanda proposta nei confronti di …, nonché le richieste di cancellazione, avanzate dalle parti e le domande di risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 89 del codice di procedura civile, nonché la domanda di risarcimento del danno proposto da …

Rigettate, altresì, le domande di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 96 c.p.c. e compensava interamente tra le parti le spese di lite.

Si rinvia per il resto al testo integrale della sentenza n. 7218 del 2018 disponibile cliccando sul link.

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