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Controllo a distanza lavoratori, limiti giurisprudenziali:

Con la Circolare n. 4 del 2017 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha preso posizione circa il controllo a distanza dei lavoratori del call center e delle loro prestazioni.

Conseguentemente, quindi, sarà la giurisprudenza a fissare i limiti dell’applicazione delle nuove norme sul controllo a distanza.

Per approfondire la questione del controllo a distanza dei lavoratori dopo la modifica dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (modificato dal D.Lgs. n. 151 del 2015), vi proponiamo gli articoli pubblicati oggi (31.7.2017) dal Sole 24 Ore (pagina a cura di: Marcello Floris; Titolo: “La giurisprudenza fissa i confini per i controlli sui dipendenti” e “Istanza ad hoc per ogni impianto”) che vi proponiamo.

Ecco gli articoli.

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La posizione di chiusura dell’Ispettorato nazionale del lavoro sul controllo a distanza dei lavoratori dei call center e delle loro prestazioni tramite determinati software (espressa nella circolare 4 del 26 luglio, si veda Il Sole 24 Ore del 28 luglio) riporta in primo piano le regole applicative del nuovo articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, modificato dal Dlgs 151/2015.
La giurisprudenza può dare indicazioni utili sull’interpretazione delle nuove regole, che in alcuni casi hanno semplificato l’uso di strumenti di controllo dei lavoratori, ma in altri hanno lasciato immutati una serie di vincoli dei quali le aziende devono tenere conto. Alcune indicazioni preliminari emergono da sentenze molto recenti, anche se basate sulle norme previgenti.

Badge e internet

La Cassazione ha sancito nella sentenza 17531 del 14 luglio 2017 che il badge ad alta frequenza è uno strumento di controllo a distanza e non un semplice rilevatore di presenze.
Questo dispositivo, munito di un chip ad hoc (Rfid), trasmette tutti i dati relativi al dipendente, tra cui ingressi, uscite, sospensioni, permessi e pause e dunque il suo utilizzo è lecito se c’è un accordo con le rappresentanze sindacali o l’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro, come previsto dall’articolo 4 della legge 300/1970.

In una decisione del 13 giugno 2016, il Tribunale di Brescia ha confermato la legittimità di un licenziamento fondato sul controllo degli accessi a internet eseguito solo attraverso la cronologia del computer, senza installare alcun apparato aggiuntivo di controllo, trattandosi di dati che vengono normalmente registrati da qualsiasi Pc.

Si era già espressa in linea con questo orientamento la Cassazione 14862 del 15 giugno 2017: la Corte ha confermato la legittimità del licenziamento intimato da un datore di lavoro a un dipendente che aveva abusato ripetutamente della connessione internet messa a disposizione dall’azienda. In questo caso, non sono stati ritenuti necessari né un accordo con le rappresentanze sindacali, né alcuna autorizzazione, per il controllo del computer aziendale.

L’autorizzazione al datore 

Le modifiche del 2015 allo Statuto dei lavoratori hanno superato il netto divieto di uso degli impianti audiovisivi e di altre apparecchiature che consentissero il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Ora questa possibilità è subordinata all’esistenza di esigenze organizzative e produttive, alla sicurezza del lavoro e alla tutela del patrimonio aziendale. Ferma restando la necessità di queste condizioni, questi apparati possono essere impiegati previo accordo collettivo stipulato con le rappresentanze sindacali aziendali o con l’autorizzazione dell’ispettorato territoriale del lavoro.

C’è un’eccezione: gli ultimi due commi dell’articolo 4 precisano che i limiti sopra indicati non si applicano agli strumenti usati dal lavoratore per rendere la sua prestazione e a quelli per la sola registrazione delle presenze (diversi quindi dal badge con chip Rfid). Questi congegni, quindi, possono essere usati liberamente dal datore di lavoro.

Le informazioni raccolte con i mezzi per adempiere alla prestazione, o con i dispositivi di controllo autorizzati, sono utilizzabili a tutti i fini legati al rapporto di lavoro, inclusi quelli disciplinari, ma solo a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione sulle modalità d’uso degli strumenti e di esecuzione dei controlli e siano rispettate le norme sulla tutela dei dati personali.

Gli strumenti di controllo per i quali l’azienda non deve stipulare un accordo né richiedere un’autorizzazione, secondo il ministero del Lavoro, sono Pc, tablet e cellulari. Tuttavia, «nel momento in cui lo strumento viene modificato (ad esempio, con l’aggiunta di appositi software di localizzazione o filtraggio) per controllare il lavoratore (…) da strumento che serve al lavoratore per rendere la prestazione, il Pc, il tablet o il cellulare divengono strumenti che servono al datore per controllarne la prestazione».

Come ricorda la direzione interregionale del Lavoro di Milano nella nota 5689 del 10 maggio 2016, si definisce strumento di lavoro il mezzo che «serve al lavoratore per adempiere al suo obbligo dedotto in contratto». Il parere reso dalla direzione riguardava l’installazione di un sistema di geolocalizzazione su veicoli aziendali, per i quali non sono ritenuti necessari l’accordo sindacale o l’autorizzazione ministeriale. Altrettanto vale per lo smartphone aziendale in uso ai venditori dotato di mappe utili per gli spostamenti.

Il caso dei Gps

Sui Gps, l’Ispettorato nazionale del lavoro (circolare 2/2016) fa una ulteriore distinzione: in generale, questi sistemi rappresentano un «elemento aggiunto» non essenziale all’esecuzione della prestazione lavorativa, e quindi la loro installazione è soggetta ad autorizzazione o ad accordo sindacale.

Solo in casi particolari, se la prestazione non può essere resa senza l’uso dei Gps – ad esempio nel caso dei portavalori – o se l’installazione è richiesta da normative specifiche, gli stessi finiscono per essere considerati veri e propri strumenti di lavoro, non soggetti, dunque, ad autorizzazione.

LE PRONUNCE 

01 TELECAMERE NON INVASIVE

Controllo legittimo per un dipendente licenziato perché ripreso da una telecamera mentre sottraeva prodotti dal magazzino: la telecamera aveva ripreso solo lo scaffale dove erano i prodotti, la cui movimentazione non rientrava tra le mansioni del dipendente. Per la Cassazione non necessita di preventivo accordo con le Rsu né di autorizzazione «l’installazione di impianti e apparecchiature di controllo … a tutela del patrimonio aziendale dalle quali non derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività lavorativa» (Cassazione, sez. lavoro, sent. 10636 del 2 maggio 2017)

02 BADGE DA AUTORIZZARE

I giudici di primo grado e d’appello hanno ritenuto illegittimo un badge a radio frequenza predisposto senza accordo con le Rsu e senza autorizzazione dell’ispettorato del Lavoro, che rileva sia l’orario di ingresso e uscita, sia sospensioni, permessi e pause comparando i dati tra dipendenti. Per la Cassazione, questo tipo di badge non è un semplice rilevatore di presenze, ma consente anche un controllo costante dell’attività lavorativa. Dunque, può essere installato solo previo accordo sindacale o autorizzazione amministrativa. Anche se non specificato dalla sentenza, il principio sembra potersi applicare anche all’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori come riformato nel 2015  (Cassazione, sez. lavoro, sent. 17531 del 14 luglio 2017)

03 PC PER FINI PERSONALI

Una lavoratrice è stata licenziata per aver usato il pc aziendale per attività estranee ai compiti lavorativi. Nel confermare la legittimità del licenziamento per giusta causa, il Tribunale ha osservato, quanto all’uso dei dati, che il datore ha solo stampato la cronologia e il tipo di accesso a internet dal computer della dipendente, «il che non richiede l’installazione di alcun dispositivo di controllo, né implica la violazione della privacy, trattandosi di dati che vengono registrati da qualsiasi computer», stampati solo per verificare l’utilizzo di uno strumento fornito dal datore per l’esecuzione della prestazione (Tribunale Brescia, sent. 13 giugno 2016)
04 NO ALL’ABUSO DI INTERNET

Il dipendente che usa sistematicamente la connessione internet aziendale a fini personali può essere licenziato per giustificato motivo soggettivo. E l’azienda che ricorre a strumenti di controllo per accertare l’uso irregolare dei propri beni non è soggetta alle regole previste dall’articolo 4 dello Statuto, perché queste si applicano ove il controllo riguardi l’esatto adempimento della prestazione e non invece se esso sia diretto a tutelare beni del patrimonio aziendale o a impedire comportamenti illeciti del dipendente. Con queste conclusioni la Cassazione ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto legittimo il licenziamento intimato al dipendente per abuso della connessione internet dell’azienda. Sull’applicazione dei vincoli dell’articolo 4 (nella previgente formulazione), la Corte richiama la precedente sentenza 10955/2015 (Cassazione, sez. lavoro, sent. 14862 del 15 giugno 2017)

05 CONTROLLO TRAMITE GPS

Un dipendente di un istituto di vigilanza è stato licenziato in base alle risultanze del Gps installato sulla vettura da lui usata. Per la società era un controllo difensivo ma questa tesi non è stata condivisa dalla Cassazione: per i giudici si trattava di un meccanismo generalizzato di controllo, in uso nell’azienda a prescindere dai sospetti su eventuali violazioni da parte del lavoratore (Cassazione, sez. lavoro, sent. 19922 del 5 ottobre 2016)

06 IL DIVIETO RESTA

Per la Cassazione, dopo il Jobs Act «è solo apparentemente venuto meno il divieto esplicito di controlli a distanza (…), avendo la nuova formulazione solamente adeguato l’impianto normativo alle sopravvenute tecnologie e, quindi, mantenuto fermo il divieto di controllare la sola prestazione lavorativa dei dipendenti» (Cassazione, sez. III penale, sent. 51897del 6 dicembre 2016)

07 USO DI TESTIMONIANZE

Sono utilizzabili a fini disciplinari le testimonianze dei colleghi del lavoratore licenziato. Queste non sono assimilabili ai sistemi di controllo a distanza soggetti ai limiti dell’articolo 4 dello Statuto (Tribunale Firenze, sent. 111 del 9 febbraio 2017)

Istanza ad hoc per ogni impianto

L’installazione di strumenti di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, in generale, è subordinata al raggiungimento di un accordo collettivo con le Rsa/Rsu. Se il datore ha diverse unità produttive nella stessa provincia, l’accordo sindacale deve essere raggiunto in tutte le unità produttive. Non basta l’intesa convenuta con organi di coordinamento delle rappresentanze delle diverse unità produttive o con le organizzazioni sindacali territoriali. La norma non richiede che l’accordo raccolga il consenso di tutte le Rsa/Rsu, ma solo di quelle rappresentative della maggioranza del personale in azienda. Del resto, come osservato anche dal ministero del Lavoro (interpello 2975/2005) e dalla giurisprudenza, la necessità di adesione unanime comporterebbe una sorta di diritto di veto opponibile anche dall’entità sindacale più esigua.

In caso di imprese con più unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, l’accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

In mancanza di Rsu/Rsa in azienda o in assenza di accordo, l’installazione degli strumenti di controllo deve essere preceduta da una richiesta all’Ispettorato territoriale del lavoro o, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, all’Ispettorato nazionale del lavoro. L’Inl ha messo a disposizione sul proprio sito (www.ispettorato.gov.it) tre modelli, relativi a impianti audiovisivi, apparecchiature di localizzazione satellitare e altri strumenti di controllo.

Alla domanda va allegata una planimetria dei locali ove sarà installato il dispositivo, indicando le ragioni che giustificano l’istanza, il numero e il posizionamento delle telecamere, il raggio d’azione delle stesse, l’ubicazione delle postazioni fisse di lavoro. L’azienda deve fornire anche una relazione con la descrizione delle modalità di funzionamento e di conservazione dei dati e la fascia oraria di attivazione dell’impianto.

Il datore deve dichiarare di attenersi a specifiche modalità d’uso degli impianti e di controllo. La nuova disciplina tuttavia non prevede più, a differenza della precedente, la possibilità per l’Inl di dettare le condizioni di utilizzo dei dispositivi e di controllo; queste dovranno invece essere indicate nell’informativa da consegnare ai dipendenti, e dunque potranno essere verificate dall’Autorità solo in fase successiva.

 

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