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Caporalato, approvata la legge che prevede inasprimento delle pene:

È stato approvato anche dalla Camera il disegno di legge per la lotta al caporalato che prevede la reclusione fino ad 8 anni e una multa da 1000 a 2000 euro per lavoratore in caso di lavoro nero e sfruttamento del lavoro in agricoltura, oltre che la confisca dei beni.

E di legge sul caporalato ci parla anche l’articolo pubblicato oggi (19.10.2016) dal Sole 24 Ore (Firma Annamaria Capperelli; Titolo: “Carcere e beni confiscati nella lotta al caporalato”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Diventa legge la lotta al caporalato. Le campagne di raccolta per agrumi e orticole potranno svolgersi sotto il cappello della nuova normativa che dovrà garantire il rispetto delle regole per il lavoro in agricoltura. Il banco di prova sarà poi la campagna estiva del pomodoro. A due mesi dall’approvazione al Senato, anche la Camera ha dato ieri disco verde (346 sì e nessun voto contrario) al disegno di legge su «Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura» firmato dai ministri delle Politiche agricole, Maurizio Martina, e della Giustizia, Andrea Orlando. Si tratta di un provvedimento che introduce una stretta pesante sul lavoro illegale. Scattano pene severe e confisca dei beni per chi sfrutta i lavoratori.

La legge «Martina-Orlando» parte dalla riscrittura dell’articolo 603-bis del codice penale relativo all’intermediazione illecita e allo sfruttamento del lavoro. Viene punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore chi recluta manodopera da destinare a terzi in condizione di sfruttamento e chi la sfrutta. La pena sale (carcere da 5 a 8 anni e multa da 1.000 a 2mila euro per lavoratore) nel caso in cui si riscontrino minacce e violenze.

Nel caporalato rientrano il reclutamento di manodopera da destinare a terzi in condizioni di sfruttamento, la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo difforme dai contratti, la violazione della normativa sull’orario di lavoro, riposi, aspettative e ferie, violazioni in materia di sicurezza e igiene, condizioni di lavoro, alloggi e metodi di sorveglianza degradanti. Costituiscono aggravanti il numero di lavoratori superiori a tre e la presenza di minori. Prevista anche la confisca obbligatoria dei beni, mentre la responsabilità si estende al datore di lavoro. Per evitare poi il blocco dell’attività e la perdita di posti di lavoro scatta il controllo giudiziario dell’azienda affidato ad amministratori nominati dal giudice che affiancano l’imprenditore nella gestione. Ma la mano è più leggera per chi aiuta l’autorità giudiziaria a interrompere il reato. Estese poi le finalità del «fondo antitratta» anche alle vittime del caporalato.

Un altro cardine della nuova normativa è la Rete del lavoro agricolo di qualità, operativa dal 1° settembre 2015. La Rete viene articolata in sezioni territoriali e si allarga agli sportelli unici per l’immigrazione, alle istituzioni locali, ai centri per l’impiego, agli enti bilaterali e ai soggetti abilitati al trasporto. Chi vuole aderire alla Rete (un processo ancora molto lento) non deve essere stato destinatario negli ultimi tre anni di sanzioni amministrative per violazioni in materia di lavoro, legislazione sociale e pagamento di imposte e deve applicare i contratti. Viene poi sterilizzata per l’agricoltura l’applicazione del sistema Uniemens poiché l’adattamento dovrebbe scattare a gennaio 2018, ma a quella data sarà attuato il libro unico del lavoro che sostituirà Uniemens .

E infine via libera al piano per l’accoglienza dei lavoratori agricoli stagionali da realizzare con il coinvolgimento delle Regioni, degli enti locali e delle organizzazioni di terzo settore. «Ora abbiamo più strumenti utili per continuare una battaglia che deve essere quotidiana – ha dichiarato il ministro Martina, presente in aula – perché sulla dignità delle persone non si tratta. E l’agricoltura si è messa alla testa di questo cambiamento, che serve anche a isolare chi sfrutta e salvaguardare le migliaia di aziende in regola che subiscono un’ingiusta concorrenza sleale. Dobbiamo lavorare uniti per non avere mai più schiavi nei campi». Martina ha detto che si andrà avanti anche sul fronte dei controlli già aumentati di quasi il 60% nel corso dell’ultimo anno.

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