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Licenziamenti collettivi e abolizione indennità mobilità:

Relativamente ai licenziamenti collettivi, a partire da gennaio 2017, i lavoratori non avranno più diritto alla indennità di mobilità (ex art. 2, comma 71, della L.n. 92 del 2012), sostituita prima dall’ASpI e ora dalla NASpI.

A parlarcene è l’articolo pubblicato oggi (22.2.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Carmelo Fazio; Titolo: “Indennità di mobilità fino a dicembre”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Da gennaio 2017, in caso di licenziamento collettivo, i lavoratori perderanno il diritto all’indennità di mobilità. La legge 92/2012 (articolo 2, comma 71) ha stabilito infatti la fine dell’indennità e delle liste di mobilità e di altri regimi speciali, perché fossero sostituiti dall’Aspi, cui oggi è seguita la Naspi.

Nulla cambia, però, sul fronte del licenziamento collettivo: resta l’obbligo di avvio della procedura sindacale e amministrativa, secondo i tempi e le modalità dettati dalla legge 223/91. Questo vale sia per imprese ammesse al trattamento straordinario di integrazione salariale – che ritengano di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative – sia per le imprese che occupano più di quindici dipendenti (compresi i dirigenti) e che, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendano effettuare almeno cinque licenziamenti, nell’arco di 120 giorni.

Per le procedure di mobilità che non si concludono con il licenziamento entro il 31 dicembre 2016, dovrebbero venire meno alcuni oneri e formalità. Infatti, non si dovrà più effettuare il versamento in anticipo dell’indennità e non si dovrà più dare conto, nella lettera di avvio della procedura, del pagamento avvenuto. Anche con l’assetto normativo vigente il contributo non è dovuto con riferimento ai dipendenti che non hanno diritto all’indennità di mobilità (Cassazione, sentenze 8212/2014 e 14305/2007).

Vengono meno, poi, gli incentivi sul pagamento del contributo in seguito all’accordo con le organizzazioni sindacali (cui non segue alcun altro trattamento incentivante). Al contrario il datore dovrà versare il ticket di licenziamento poiché viene meno la specifica esenzione (articolo 2,comma 33 della legge 92/2012).

Con la Circolare n. 2 del 2013, l’Inps aveva già chiarito gli elementi essenziali dell’avvicendamento normativo, precisando che per fruire della mobilità il licenziamento deve perfezionarsi entro il 31 dicembre 2016 e, in caso di procedure di licenziamento collettivo, ai fini del regime applicabile, si doveva verificare non la data di avvio della procedura, ma la data di licenziamento. Con la mobilità, infine, verranno meno l’articolo 11, comma 2 della legge 223/91(trattamento per i lavoratori adibiti al completamento di impianti industriali o di opere pubbliche di grandi dimensioni del settore edile), l’articolo 3, commi 3 e 4, del Dl 299/94 (trattamento speciale per licenziamento collettivo in edilizia al termine di un programma di trattamento straordinario di integrazione salariale) e le disposizioni degli articoli da 9 a 19 della legge 427/75 (regime speciale per impiegati e operai nel settore edile in caso di disoccupazione). Riguardo all’Aspi, però, l’Inps, nella fase transitoria, nel caso in cui il lavoratore risultasse titolare del trattamento speciale per l’edilizia, in caso di possesso del requisito delle 52 settimane di contribuzione, aveva riconosciuto la facoltà di scelta del regime di maggior vantaggio, come anche la facoltà di scelta della mini-Aspi, in alternativa alla disoccupazione speciale.

Oggi, per il regime speciale dell’edilizia, questo non sembrerebbe più possibile in riferimento ai licenziamenti collettivi (nota Inps 7509/2015). L’Inps, inoltre, con la circolare 142/2015 ha chiarito che, sussistendo i requisiti di accesso alla mobilità, ancorché nel regime transitorio, non sarà possibile optare per la Naspi.

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