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Riconoscimento della professionalità degli scrittori:

Sempre in tema di scrittori, vogliamo parlarvi di un aspetto molto importante del loro lavoro e cioè del riconoscimento della professionalità degli scrittori, cosa che nel nostro Paese è ancora assai lontana rispetto a ciò che accade all’estero.

Per tale motivo vi proponiamo un altro articolo pubblicato oggi (7.1.2015) sul Sole 24 Ore (Firma: Orazio Labbate; Titolo: “Serve un riconoscimento della professionalità”).

Ecco l’articolo.

Non credo in politiche assistenziali a beneficio degli scrittori (in Italia rischierebbero di trasformarsi nei soliti privilegi), ma il riconoscimento della professionalità a livello istituzionale ci farebbe entrare nell’età moderna». Nato a Bari nel 1973, Nicola Lagioia, vincitore dell’ultimo Premio Strega con “La ferocia” (Einaudi, 2014), è una voce importante, ed essenziale, all’interno del panorama culturale italiano, ma anche un editor. Dirige infatti Nichel, la collana di letteratura italiana di Minimum fax, e dal 2010 conduce periodicamente Pagina3, la rassegna quotidiana delle pagine culturali di Radio3. Inoltre è tra i selezionatori della Mostra del cinema di Venezia. Conduce Memo, l’agenda culturale, di Rai5, e dice «nella mia lunga vita di scrittore, editor, redattore, conduttore radiofonico, non ho mai incontrato un sindacalista del ramo in vita mia». Tuttavia: «La differenza tra ciò che accade da noi e l’estero è imbarazzante. Faccio un esempio: le università. Negli Stati Uniti, quando un’università chiama uno scrittore a insegnare, o a tenere un ciclo di conferenze, le condizioni non sono umilianti come in Italia. Basti pensare alla cattedra di scrittura creativa del Pomona College, che ebbe come docente David Foster Wallace e Jonathan Lethem. Retribuzione molto buona, ottime strutture, in cambio di una didattica di alto livello. In Italia siamo al Medioevo: ti chiamano per un’ora di lezione, tu attraversi il paese per raggiungere l’università che ti ha cercato, perdi un paio di giorni tra andata e ritorno, ti pagano se va bene duecento euro lorde, è incerto il termine del pagamento (una volta sono stato pagato un anno e due mesi dopo aver tenuto lezione), devi compilare chili di scartoffie e il recupero crediti è spesso molto più gravoso del lavoro in sé. Non di rado devi anticiparti i soldi del viaggio. Una situazione ridicola. La situazione è simile per le borse di studio e altri tipi di incentivi. A onor del vero, anche gli scrittori che insegnano nelle strutture private sono trattati male».

Una situazione complicata dalla difficile condizione del mercato. I dati Nielsen per AIE segnalano infatti come i primi otto mesi di quest’anno mostrano un -1,9% di fatturato nei canali rivolti al lettore (librerie, librerie online e grande distribuzione) e un -4,6% a copie vendute. «In Francia però – dice Lagioia – la gente è tornata a comprare più libri. Lì il segno è di nuovo positivo. In Italia sia gli editori che i grandi mediatori (tv, giornali) nonché le istituzioni, per ciò che riguarda le politiche a favore della lettura hanno puntato negli ultimi anni più a sfornare consumatori che a formare veri lettori. Il risultato è una vocazione terzomondista che l’Italia sta perseguendo con successo. Il nostro faro non è New York o Parigi, ma la Colombia di Garcia Márquez».

L’ultimo rapporto Istat su Produzione e lettura di libri rileva come nel 2014 i lettori sono diminuiti di 800 mila unità rispetto all’anno precedente, dato che sostiene l’andamento avviato nel 2010. Uno scenario dinanzi al quale Lagioia registra come manchi una risposta dei grossi editori e delle istituzioni. «Dovrebbero almeno porsi la domanda – dice -. Cosa che non sta accadendo». E sul ruolo dei social network: «È una stortura – spiega – che la rete generi moltissimo denaro di cui beneficia non chi ha prodotto i contenuti ma solo chi li veicola: twitter, facebook, google, youtube. La faccenda riguarda tutta la sfera culturale. Se ne lamentava qualche giorno fa a ragione Thom Yorke dei Radiohead».

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