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Reintegra nel pubblico impiego per licenziamento:

La reintegra nel pubblico impiego per licenziamento illegittimo costituisce un’eccezione ed infatti la sentenza n. 24157 del 2015 della Corte Suprema di Cassazione ha stabilito che, tenendo conto la Legge Fornero e le tutele crescenti, la reintegra molto probabilmente potrebbe essere applicata anche ai dipendenti pubblici.

È questo l’approfondimento affrontato da un articolo pubblicato oggi (4.12.2015) dal Sole 24 Ore (Firma: Giampiero Falasca; Titolo: “Anche nel pubblico la reintegra è un’eccezione”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

La sentenza 24157/2015 della Corte di cassazione ha riportato al centro del dibattito politico la questione relativa all’applicabilità nei confronti dei dipendenti pubblici delle due riforme (legge Fornero del 2012 e Jobs act del 2015) che hanno ristretto in maniera significativa l’applicazione della reintegra sul posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo. Il dibattito sull’opportunità politica si intreccia con una questione tecnica importante, anzi decisiva, ma ancora irrisolta: le norme della legge Fornero e delle tutele crescenti oggi si applicano oppure no ai dipendenti pubblici?

La sentenza della Cassazione (si veda «Il Sole 24 Ore» del 1° dicembre) dà una risposta diretta alla domanda solo per quanto riguarda la legge Fornero, ma mette in campo un ragionamento che, se fosse applicato alle tutele crescenti, porterebbe, molto probabilmente, a confermarne l’applicabilità anche ai lavoratori pubblici.

La Suprema corte, infatti, chiamata a valutare l’estensione ai dipendenti pubblici della riforma dell’articolo 18 approvata nel 2012, ha evidenziato che non esiste, nella legge Fornero, una norma che consente di escludere l’applicabilità del principio, contenuto nell’articolo 51 del testo unico sul pubblico impiego, che assoggetta lavoratori pubblici e privati allo stesso regime sanzionatorio in materia di licenziamenti.

La sentenza, invece, non si occupa delle tutele crescenti. Si potrebbe, quindi, sostenere che il Dlgs 23/2015, non abrogando formalmente il vecchio articolo 18 (che tuttavia viene abbandonato di fatto, per i nuovi assunti), non avrebbe cambiato il regime sanzionatorio applicabile ai dipendenti pubblici, che sarebbero quindi soggetti alla legge Fornero (come ha deciso la Cassazione) ma non all’ultima riforma.

Sarebbe una lettura difficilmente compatibile con il ragionamento contenuto nella sentenza 24157/2015, in quanto mancherebbe sempre un pezzo importante: non c’è traccia, nel Jobs act, di una norma che limita (per i nuovi assunti) al solo settore privato l’applicazione delle tutele crescenti.

Ma anche volendo escludere l’applicabilità del Jobs act per i nuovi assunti, non si può fare a meno di prendere atto che il principio affermato dalla Cassazione introduce una rivoluzione copernicana anche nel lavoro pubblico, dove entra a pieno titolo il sistema della legge Fornero, incentrato sulla tutela indennitaria (e non sulla reintegrazione).

La politica può e deve continuare a discutere se sia opportuno oppure no applicare regimi diversi in tema di licenziamento tra il settore pubblico e quello privato: ma la scelta deve essere fatta tramite norme chiare e trasparenti.

In questo senso, le dichiarazioni dei giorni scorsi del ministro Madia sono un segnale importante: dopo aver negato per mesi l’esistenza del problema, il ministro ha annunciato che ci sarà un chiarimento interpretativo nella riforma del lavoro pubblico in corso di completamento.

Sarebbe un passaggio importante: una scelta politica così rilevante non può essere consegnata alle aule giudiziarie ma deve essere formalizzata in regole chiare, a prova di contenzioso.

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