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Conviene ancora il contratto di apprendistato?

Conviene ancora il contratto di apprendistato dopo le modifiche apportate dalla riforma del lavoro di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2015 (di attuazione del Jobs Act)?

È questo che molti si domandano ed è l’analisi affrontata dal Sole 24 Ore (Firma: Ant.Ca. e G.Mac.; Titolo: “Consentito l’inquadramento fino a due livelli inferiori”) in un articolo pubblicato oggi (12.8.2015) sulla rubrica Guida al lavoro che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

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Ha ancora appeal il contratto di apprendistato? Questa è la domanda che si pongono molti addetti ai lavori, imprenditori compresi. Indubbiamente, l’ingresso nel panorama giuridico del contratto a tutele crescenti e del relativo sgravio totale triennale introdotto, per l’anno in corso dalla legge 190/2014, ha fagocitato tutte le altre tipologie contrattuali e, conseguentemente ha determinato una perdita di interesse anche per l’apprendistato.

Ad oggi non è dato di sapere se la facilitazione – oggi concessa per tre anni ai datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato – sarà mantenuta anche per il 2016. Se ciò non dovesse accadere, allora l’apprendistato potrà conquistare nuovamente i primi posti tra le assunzioni, in relazione ai profili di vantaggio che ancora lo caratterizzano. Volendo analizzarne i contenuti più rilevanti, infatti, non può non evidenziarsi come il contratto a contenuto formativo, pur essendo a tempo indeterminato (per espressa previsione legislativa) presenti la caratteristica di poter essere risolto liberamente (articolo 2118 del Codice civile) al sopraggiungere della relativa scadenza (non più al termine della formazione come prevedeva il Dlgs 167/2011, ora abrogato).

Gli apprendisti non si conteggiano tra i lavoratori dell’azienda, quando occorre contare “le teste” per l’applicazione di leggi e norme contrattuali (a meno che non sia diversamente stabilito, come, per esempio, per il Fondo di tesoreria Inps o con riferimento ai nuovi strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro contenuti nella bozza di decreto di riordino degli ammortizzatori sociali).

Il lavoratore apprendista può essere sotto inquadrato sino a due livelli inferiori rispetto a quello spettante; in alternativa, si può stabilire la retribuzione in misura percentuale e proporzionata all’anzianità di servizio. Si può avere un risparmio contributivo che, in alcune situazioni, è quasi totale; contemporaneamente si può anche beneficiare di una riduzione dei premi Inail. In caso di mantenimento in servizio dell’apprendista, la facilitazione contributiva è mantenuta per altri 12 mesi (agevolazione non riconosciuta per i contratti di apprendistato con disoccupati e lavoratori in mobilità).

Per alcuni profili professionali caratterizzanti la figura dell’artigiano, individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento, è prevista un’estensione di durata fino a cinque anni.

Se durante l’apprendistato sopraggiunge una sospensione involontaria del rapporto di lavoro (malattia, infortunio eccetera), di durata superiore a 30 giorni, il rapporto si prolunga. A fare da contraltare a tali positività, va rilevata la pesantezza di gestione della formazione (piano formativo individuale, onere della prova, identificazione e nomina del tutor eccetera) anche se va dato conto del fatto che il legislatore di ultima istanza, ha tentato di scrollargli di dosso un po’ di burocrazia prevedendo che il piano formativo possa essere redatto sinteticamente e contenuto nella lettera di assunzione. Oltre a ciò va considerato che i datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti, sono tenuti al rispetto della percentuale di stabilizzazione.

Di rilievo anche il numero limitato degli apprendisti che possono essere presenti in azienda: tre ogni due lavoratori qualificati; per le aziende che occupano meno di dieci lavoratori il rapporto è di parità.

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