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Tempestività della contestazione disciplinare:

La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con la Sentenza n. 14106 del 7 luglio 2015, ha ribadito che nel contestare l’illecito disciplinare al lavoratore, il datore di lavoro deve essere osservare il principio della tempestività della contestazione disciplinare, confermando così ancora una volta il proprio orientamento ormai consolidato in materia.

Il caso all’esame della Suprema Corte, come si legge nella sentenza n. 14106/2015, riguardava la seguente vicenda.

La Corte di Appello di Milano, con sentenza depositata il 28 giugno 2013, ha confermato la decisione di primo grado che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato da … S.p.A. a …. per tardività della contestazione disciplinare ed aveva altresì condannato la società al risarcimento del danno pari a cinque mensilità di retribuzione.

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Ha osservato la Corte di merito che il … era stato tratto in arresto, per fatti non attinenti al rapporto di lavoro, il 29 gennaio 2009; che il medesimo aveva celato il suo stato di detenzione prima attraverso una certificazione di malattia, del tutto inesistente, e poi richiedendo un periodo di ferie; che successivamente, nel marzo 2009, tramite un rappresentante sindacale, aveva chiesto un periodo di aspettativa; che la società, in base a quanto emerso dalle risultanze istruttorie, sicuramente nell’agosto 2009, e forse anche prima, era venuta a conoscenza che il lavoratore era detenuto sin dal 29 gennaio 2009; che, in particolare, con fax del 13 luglio 2009 l’azienda aveva richiesto al difensore del …. la documentazione inerente alla vicenda giudiziaria pregressa, richiesta alla quale aveva fatto seguito la risposta del legale con trasmissione via fax del capo di imputazione e dell’ordinanza di scarcerazione, nella quale risultava specificata la data di inizio della detenzione (29 gennaio 2009); che quantomeno dal ricevimento di tale documentazione l’azienda era in grado di valutare compiutamente la posizione del … ai fini della contestazione; che questa, avvenuta il 16 aprile 2010, era dunque tardiva, onde il licenziamento illegittimo.

Ha aggiunto la Corte anzidetta che non poteva essere disposta la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro, atteso che era nel frattempo intervenuto un secondo licenziamento, intimato con lettera del 27 settembre 2010, in ordine al quale non era stata fornita la prova della sua impugnazione.

Contro questa sentenza propone ricorso per cassazione … S.p.A. sulla base di tre motivi, articolati in più censure. Resiste con controricorso il lavoratore, proponendo ricorso incidentale per due motivi. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod.proc.civ.

La Corte, nel confermare come sopra si è detto il proprio orientamento, ha accolto il ricorso incidentale proposto dal lavoratore e ha rigettato quello principale, rinviando alla Corte di appello di Milano in diversa composizione anche per le spese.

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