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Jobs Act e nuovo sistema di conciliazione

È stato introdotto un nuovo sistema di tentativo di conciliazione contenuto nello Schema di decreto legislativo di attuazione del Jobs Act (L.n. 183/2014), recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti (approvati in via preliminare dal Consiglio dei Ministri lo scorso 20 febbraio 2015 e in attesa della firma del Presidente della Repubblica per poi essere inviato per la pubblicazione alla Gazzetta Ufficiale).

Tale norma ha il chiaro scopo di ridurre il contenzioso in materia di lavoro, che si differenzia dal “vecchio” tentativo obbligatorio di conciliazione, poiché questa volta l’offerta di conciliazione proviene direttamente dal datore di lavoro.

L’art. 6 del decreto di attuazione del contratto a tutele crescenti prevede infatti quanto segue:

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in caso di licenziamento dei lavoratori (impiegati, operai o quadri), al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento (cioè 60 giorni dal licenziamento), in una delle sedi di cui all’articolo 2113, comma 4, del codice civile, e all’articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettata a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare.

L’accettazione dell’assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.

Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario.

Sul punto del termine dell’offerta conciliativa entro i 60 giorni dalla data di licenziamento, occorre fare una precisazione: una volta decorso tale termine, superati cioè i 60 giorni, sarà comunque possibile la conciliazione tra datore di lavoro e lavoratore, con la differenza però che la somma offerta da parte datoriale non usufruirà più della totale esenzione fiscale e contributiva prevista dal decreto.

È chiaro che la totale esenzione fiscale e contributiva rende questo tipo di conciliazione molto “appetibile” considerando anche la lunghezza della giustizia e soprattutto l’incertezza sull’esito del giudizio. Inoltre, altro aspetto positivo, è che tale conciliazione potrà avvenire sulla base di un importo chiaramente definito dal decreto e compreso tra un minimo (2 mensilità) ed un massimo (18 mensilità) in base all’anzianità di servizio del lavoratore.

Tale somma offerta in conciliazione riguarda però esclusivamente l’impugnazione del licenziamento e non eventuali altre pretese avanzate dal lavoratore e relative al pregresso rapporto di lavoro, come ad esempio differenze retributive, calcolo del TFR, inquadramento, ecc., per le quali resterà comunque la possibilità per il lavoratore di instaurare un giudizio ad hoc. Chiaramente sarà possibile in sede di conciliazione regolare anche tali questioni, tuttavia il decreto prevede espressamente che “le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario”.

Infine, sempre a norma del citato articolo 6 del decreto e per il sistema permanente di monitoraggio e valutazione dell’istituto, il datore di lavoro sarà obbligato a:

  • comunicare per via telematica la cessazione del rapporto di lavoro (ex art. 4 bis del D.Lgs. n. 181/2000),

sarà obbligato altresì, entro 65 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro:

  • a comunicare l’avvenuta ovvero la non avvenuta conciliazione di cui sopra, la cui omissione è assoggettata alla medesima sanzione prevista per l’omissione della comunicazione di cui al predetto articolo 4-bis (Il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 ha disposto (con l’art. 19, comma 4) che la violazione degli obblighi di cui all’art. 4-bis comma 4, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 250 euro per ogni lavoratore interessato. Ha inoltre disposto (con l’art. 19, comma 3) che la violazione degli obblighi di cui ai commi 5 e 7 dell’art. 4 – bis è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato.

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