Advertisement

In tema di omesso versamento dei contributi previdenziali, la Sezione Penale della Suprema Corte ha affermato che “ai fini della decorrenza del termine di tre mesi concesso al datore di lavoro per provvedere al versamento dovuto, la notifica dell’avviso di accertamento da parte dell’Ente non può ritenersi validamente effettuata presso la sede della società qualora la persona fisica penalmente responsabile sia cessata dalla carica di amministratore. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza impugnata per consentire all’imputato di fruire della causa di non punibilità)” (Cass. Sez. Pen. n. 6378 depositata in data 11.2.2014).

L’omesso versamento dei contributi previdenziali dovuti da parte del datore di lavoro, entro i termini determinati dalla legge, comporta per il datore l’applicazione di sanzioni consistenti nell’addebito di somme aggiuntive, che maturano in relazione al ritardo nel versamento, ferme restando le ulteriori sanzioni amministrative e penali (nello specifico l’illecito è punibile con la reclusione fino a tre anni e con una multa fino a € 1.032,00).

Tale materia è regolata specificamente dalla L.n. 48/1988 e dalla L.n. 662/1996. Attualmente, il regime sanzionatorio in materia di inadempienze contributive è disciplinato dalla L.n. 388/299 che opera una netta distinzione tra omissione ed evasione contributiva. Nello specifico per omissione contributiva si intende il mancato o ritardato pagamento dei contributi il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie. Mentre invece per evasione contributiva si intende l’evasione connessa a registrazioni non effettuate o l’omissione di denunce e/o registrazioni obbligatorie. In particolare tale ultima ipotesi si verifica, a norma dell’art. 116, comma 8, lettera b) della L.n. 388/2000, quando il datore di lavoro “con l’intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate“.

Tra l’altro la L.n. 388/2000, proprio al fine di contrastare il lavoro irregolare, ha ridefinito le sanzioni nei confronti di quei datori che non effettuano entro il termine stabilito il versamento dei contributi o premi previdenziali ed assistenziali o di coloro che li effettuano in misura inferiore a quella realmente dovuta, come segue:

Advertisement
  • in caso di omissioni contributive il datore di lavoro è tenuto al pagamento di una sanzione civile, in ragione d’anno, pari al tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali dell’Eurosistema (ex tasso ufficiale di riferimento) maggiorato di 5,5 punti fino ad un massimo del 40% dell’importo dei contributi dovuti e non versati alle scadenze di legge (sanzione civile pari, ad oggi, al 5,75% in ragione d’anno = tasso d’interesse dello 0,25 maggiorato di 5,5 punti);

  • nel caso di evasione contributiva il datore di lavoro è tenuto al pagamento di una sanzione civile pari, in ragione d’anno, al 30% il cui ammontare non può essere, in ogni caso, superiore al 60% dell’importo della stessa contribuzione non versata entro la scadenza di legge.

Se il datore di lavoro denuncia spontaneamente la situazione debitoria prima di contestazioni o richieste da parte dell’Ente impositore e comunque non oltre i 12 mesi dalla scadenza del del debito contributivo, versando quanto dovuto entro 30 giorni successivi a quello della denuncia spontanea, la sanzione civile applicata sarà la stessa di quella prevista nel caso di omissione contributiva.

Sotto il profilo penale, come sopra si è detto, l’omesso versamento di contributi previdenziali, previsto dal D.L. n. 463/1983 (convertito in L.n. 638/1983) punisce il datore di lavoro che abbia omesso il versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali con la reclusione fino a 3 anni e con una multa fino a € 1.032,00. Il datore di lavoro non è punibile laddove provveda al versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

Advertisement