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Com’è davvero lavorare in un centro estetico? Salari, orari e condizioni da conoscere

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Com’è davvero lavorare in un centro estetico? Salari, orari e condizioni da conoscere
Condizioni di lavoro nei centri estetici (diritto-lavoro.com)

L’articolo esplora le dinamiche salariali e le condizioni di lavoro nei centri estetici, analizzando l’influenza della posizione geografica e dei contratti. Fornisce suggerimenti per migliorare le opportunità di carriera nel settore estetico.

Panoramica sui salari in ambito estetico

Il mondo del lavoro nei centri estetici è caratterizzato da una grande varietà di salari, che possono variare significativamente a seconda del livello di esperienza, della specializzazione e della tipologia di struttura in cui si lavora.

In generale, i professionisti del settore estetico possono attendersi compensi che riflettono la loro capacità di offrire servizi di qualità ai clienti, ma che sono spesso influenzati da numerosi fattori esterni.

Ad esempio, un’estetista alle prime armi, che lavora in un piccolo centro di provincia, potrebbe iniziare con uno stipendio base che si avvicina al salario minimo nazionale, mentre un esperto specializzato in trattamenti avanzati o che lavora in una rinomata spa di città potrebbe guadagnare significativamente di più.

È importante notare che la formazione continua e l’acquisizione di nuove competenze possono portare a significativi incrementi salariali e a migliori opportunità di carriera nel tempo.

Tuttavia, i salari nel settore estetico possono anche essere influenzati da fattori macroeconomici, come la situazione economica generale che impatta sulla capacità di spesa dei consumatori per i servizi estetici.

Panoramica sui salari in ambito estetico
Trattamento economico nei centri estetici (diritto-lavoro.com)

Influenza della posizione geografica sui compensi

La posizione geografica gioca un ruolo fondamentale nel determinare i livelli di compenso nei centri estetici.

Le aree metropolitane e le città grandi, tendenzialmente, offrono salari più alti rispetto alle zone rurali o meno sviluppate, principalmente a causa di un costo della vita più elevato e una domanda maggiore per servizi di bellezza.

Ad esempio, un’estetista che lavora a Milano o Roma può aspettarsi di guadagnare di più rispetto a una che opera in una piccola cittadina.

Tuttavia, lavorare in una grande città non implica soltanto stipendi più alti, ma anche una maggiore competizione per le posizioni e una pressione spesso più elevata per offrire un servizio di alto livello.

Inoltre, alcune regioni potrebbero essere famose per particolari trattamenti o servizi di bellezza, influenzando così la richiesta e il valore percepito delle competenze specifiche in quei particolari ambiti.

Pertanto, per chi mira a massimizzare il proprio stipendio nel settore estetico, è utile considerare attentamente la collocazione geografica in cui si desidera cercare lavoro.

Condizioni di lavoro ideali nei saloni

Gestire con successo le condizioni di lavoro nei centri estetici richiede un’attenta considerazione di diversi aspetti che influenzano il benessere dei dipendenti.

Le condizioni ideali in un salone includono un ambiente di lavoro pulito e ben organizzato, strumenti e attrezzature all’avanguardia e disponibili, e una cultura aziendale che valorizzi e supporti i professionisti del settore.

Avere orari di lavoro flessibili e condizioni contrattuali chiare può contribuire notevolmente alla soddisfazione degli estetisti.

Inoltre, la possibilità di formazione continua e sviluppo professionale rappresenta un’attrattiva significativa, permettendo ai professionisti di rimanere aggiornati sulle ultime tendenze e tecniche del settore.

Un’attenzione particolare dovrebbe essere rivolta anche all’equilibrio tra vita lavorativa e personale, per garantire che i dipendenti non soffrano di burnout e possano mantenere una qualità di servizio elevata.

Saloni che investono in buone pratiche lavorative spesso vedono anche un aumento della fedeltà dei clienti, in quanto standard di servizio eccezionali sono più facilmente mantenuti da un personale soddisfatto e motivato.

Fattori che determinano le opportunità di carriera

Nel settore dell’estetica, le opportunità di carriera possono essere influenzate da vari fattori che comprendono l’esperienza lavorativa, la formazione professionale, e le specializzazioni acquisite.

Investire tempo ed energie nella propria crescita professionale è fondamentale per avanzare in un campo altamente competitivo.

Un professionista che continua a formarsi su trattamenti innovativi, come tecniche di microblading, massaggi terapeutici o terapie laser, trova più facilità nel distinguersi sul mercato.

Inoltre, la costruzione di una solida rete professionale e la partecipazione a fiere ed eventi del settore possono ampliare le possibilità lavorative, aprendo porte per collaborazione o posizioni manageriali.

Un altro elemento cruciale è la capacità di offrire un’eccellente gestione del rapporto con il cliente, garantendo un servizio personalizzato e di alta qualità, che porta a una maggior fedeltà del cliente e al passaparola positivo, elementi chiave per il successo di un salone.

Come i contratti influiscono sullo stipendio

La tipologia di contratto lavorativo offerto può influire notevolmente sullo stipendio percepito dai professionisti dei centri estetici.

Contratti stabili e a lungo termine spesso garantiscono una maggior sicurezza economica, con benefici correlati come ferie retribuite, contributi previdenziali e possibilità di crescita salariale.

Al contrario, contratti a termine o a chiamata, pur offrendo talvolta una maggiore flessibilità, possono presentare uno svantaggio in termini di stabilità finanziaria e possono non includere benefici aggiuntivi.

È anche comune trovare collaboratori nel settore estetico che lavorano come liberi professionisti, una scelta che può risultare economicamente vantaggiosa per chi ha una clientela affermata e gestione delle proprie prestazioni e orari, sebbene presenti sfide legate alla gestione delle proprie finanze e delle questioni fiscali.

Comprendere le diverse opzioni contrattuali disponibili e i loro impatti sull’entità e la stabilità del salario è cruciale per chi intende intraprendere una carriera nel settore estetico.

Passi per migliorare le condizioni lavorative

Migliorare le condizioni di lavoro nei centri estetici richiede un approccio integrato che coinvolga sia i datori di lavoro che i professionisti del settore.

Per i datori di lavoro, l’implementazione di politiche che supportano orari di lavoro flessibili e la promozione di un ambiente di lavoro positivo possono fare una grande differenza.

Offrire incentivi per la formazione continua incoraggia i dipendenti a crescere e migliorare le loro competenze, rafforzando al contempo lo standard di servizio offerto ai clienti.

Dal punto di vista dei professionisti del settore, cercare di costruire una forte rete professionale e mantenere una comunicazione aperta con il datore di lavoro su aspettative e bisogni personali è fondamentale.

Inoltre, utilizzare strumenti moderni di gestione aziendale, come software per pianificare gli appuntamenti o programmi per la gestione dei clienti, può rendere i saloni più efficienti e meno stressanti come luogo di lavoro.

L’adozione di queste strategie può portare a un miglioramento complessivo delle condizioni di lavoro e alla soddisfazione professionale degli operatori del settore estetico.

Perché è importante un CCNL rappresentativo? Diritti, garanzie e cosa cambia per i lavoratori

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Perché è importante un CCNL rappresentativo? Diritti, garanzie e cosa cambia per i lavoratori
CCNL e tutela dei lavoratori (diritto-lavoro.com)

I contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) svolgono un ruolo cruciale nella protezione dei diritti dei lavoratori, attraverso una struttura ben definita e la negoziazione sindacale. Tuttavia, affrontano nuove sfide nell’era digitale che richiedono adattamenti e innovazioni.

Come i CCNL garantiscono i diritti dei lavoratori

I contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) sono strumenti essenziali per la protezione e la promozione dei diritti dei lavoratori.

Proposti e negoziati principalmente dai sindacati, questi accordi stabiliscono le condizioni generali di lavoro all’interno di un determinato settore o professione.

Essi riguardano vari aspetti come la retribuzione, l’orario di lavoro, le ferie, i congedi e le misure di sicurezza sul lavoro.

Uno dei principali compiti dei CCNL è di garantire che i diritti fondamentali dei lavoratori siano rispettati e applicati in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale.

Grazie ai CCNL, i lavoratori dispongono di un quadro giuridico chiaro e dettagliato che li aiuta a comprendere e rivendicare i loro diritti.

Inoltre, essi favoriscono un’equa applicazione delle norme, combattendo le iniquità salariali e le disparità di trattamento che possono emergere senza un’adeguata regolamentazione.

Questo non soltanto avvantaggia i lavoratori ma anche le imprese, che attraverso regole definite possono pianificare e gestire meglio il loro lavoro senza conflitti o incertezze normative.

Come i CCNL garantiscono i diritti dei lavoratori
CCNL e diritti dei lavoratori (diritto-lavoro.com)

Struttura e contenuti tipici di un CCNL

La struttura standard di un CCNL comprende diversi elementi chiave che si riflettono in clausole dettagliate.

Solitamente, un CCNL si apre con una premessa che definisce gli obiettivi dell’accordo e le parti coinvolte, ossia datori di lavoro e lavoratori rappresentati dai sindacati.

Seguono articoli che dettagliano le condizioni di lavoro come retribuzione, orario lavorativo, ferie annuali e straordinari.

Un aspetto fondamentale è l’apertura verso un dialogo sociale, promuovendo relazioni industriali più cooperative.

Oltre a queste sezioni, i CCNL dedicano paragrafi importanti a questioni di sicurezza sul lavoro e prevenzione degli infortuni, aspetti sempre più rilevanti nel mondo moderno.

Infine, includono disposizioni su contratti part-time, apprendistato e altre forme di lavoro flessibile, riconoscendo la necessità di affrontare le dinamiche dell’occupazione contemporanea.

In sintesi, i CCNL sono documenti altamente dettagliati, pensati per coprire ogni possibile aspetto del rapporto lavorativo, garantendo così una solida base per la tutela dei lavoratori e la gestione delle controversie.

Ruolo dei sindacati nella negoziazione dei CCNL

I sindacati giocano un ruolo cruciale nella negoziazione e implementazione dei CCNL, essendo i rappresentanti diretti degli interessi dei lavoratori.

Durante le negoziazioni, i sindacati si impegnano a ottenere le migliori condizioni possibili per i lavoratori, tenendo conto delle realtà economiche e del mercato del lavoro.

La loro presenza è fondamentale per assicurare un equilibrio tra le esigenze dei datori di lavoro e i diritti dei lavoratori.

Attraverso una combinazione di dialogo, dibattiti e, a volte, azioni più assertive come scioperi o manifestazioni, i sindacati mirano a mantenere o migliorare le condizioni lavorative anche in tempi di crisi economica.

Nonostante le sfide, come la frammentazione del lavoro in diversi settori e la crescita del lavoro precario, i sindacati continuano a essere una forza vitale nel plasmare politiche che sostengano i diritti dei lavoratori.

In tal modo, contribuiscono a creare un ambiente di lavoro più equo e giusto, promuovendo la stabilità sociale ed economica.

Sfide attuali per la rappresentanza sindacale

L’ambiente economico e lavorativo contemporaneo presenta una serie di sfide significative per la rappresentanza sindacale.

La globalizzazione, la digitalizzazione e le nuove forme di occupazione hanno portato a una crescente diversificazione delle tipologie di lavoro, complicando il tradizionale approccio dei sindacati.

Molte aziende del settore terziario, per esempio, operano al di fuori delle strutture sindacali tradizionali, rendendo difficile la contrattazione collettiva.

Inoltre, la precarizzazione del lavoro ha portato a una diminuzione del numero di iscritti ai sindacati, minandone il potere negoziale.

Nuove sfide emergono anche dalla necessità di adattarsi ai cambiamenti climatici e alle nuove normative ambientali, che influenzano le modalità operative e, quindi, le condizioni lavorative.

I sindacati sono dunque chiamati a reinventarsi, sfruttando tecnologie digitali per raggiungere una platea più ampia e diversificata di lavoratori.

Devono anch’essi spingere per leggi che offrano una migliore protezione ai lavoratori al di là dei confini settoriali tradizionali.

Il futuro dei CCNL nell’era digitale

Nell’era digitale, i CCNL devono evolversi per rispondere alle nuove dinamiche del mercato del lavoro.

La crescita del lavoro remoto e delle piattaforme digitali impone nuove considerazioni nella stesura e nell’applicazione dei contratti di lavoro.

Uno degli aspetti cruciali sarà la gestione del lavoro a distanza, che richiede regole chiare su aspetti come la disconnessione dalla rete aziendale, la privacy dei dati e la salute psicologica dei lavoratori.

L’innovazione digitale può anche offrire strumenti per una maggiore partecipazione diretta dei lavoratori nella definizione delle loro condizioni di lavoro, grazie a piattaforme di voto online e consultazioni.

Tuttavia, l’integrazione di tecnologie dense di dati in ambito lavorativo solleva anche preoccupazioni relative alla sorveglianza dei lavoratori e alla riduzione della privacy personale.

I sindacati e i responsabili delle politiche devono quindi collaborare per sviluppare un quadro normativo adeguato che protegga i lavoratori e al contempo incoraggi l’innovazione.

In sintesi, il futuro dei CCNL in un mondo digitale richiede un equilibrio tra adattamento alle nuove tecnologie e salvaguardia dei diritti fondamentali dei lavoratori.

Cos’è il lavoro povero e perché riguarda sempre più persone? Cause, conseguenze e cosa prevede la legge

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Cos’è il lavoro povero e perché riguarda sempre più persone? Cause, conseguenze e cosa prevede la legge
Lavoro povero in Italia

Il fenomeno del lavoro povero rappresenta una sfida crescente in Italia, con cause complesse e conseguenze socioeconomiche significative. Analizzare le politiche pubbliche e le esperienze personali aiuta a comprendere meglio la situazione e individuare soluzioni efficaci.

Definizione e diffusione del lavoro povero

Il lavoro povero è un fenomeno che sta acquisendo sempre più rilevanza nel dibattito pubblico, specialmente nei paesi sviluppati.

Questo termine si riferisce alla condizione di quei lavoratori che, nonostante abbiano un’occupazione, non riescono a garantire a sé stessi e alle proprie famiglie un livello di vita dignitoso.

Il lavoro povero non è solo una questione di basso salario; coinvolge anche aspetti come la sicurezza del lavoro, i benefici sociali e le possibilità di avanzamento di carriera.

La diffusione di questo fenomeno è da attributare a vari fattori, tra cui la globalizzazione, l’automazione e la deregulation del mercato del lavoro.

Secondo dati recenti, in Italia, almeno un lavoratore su dieci si trova sotto la soglia di povertà relativa, una statistica allarmante che spinge ad esaminare in profondità le dinamiche sottostanti e le contromisure necessarie.

La diffusione del lavoro povero colpisce principalmente categorie già vulnerabili, come i giovani, le donne e i lavoratori precari, amplificando le disuguaglianze sociali e compromettendo il progresso economico complessivo.

Definizione e diffusione del lavoro povero
Diffusione del lavoro povero

Fattori che contribuiscono al lavoro povero

Diversi sono i fattori che contribuiscono all’espansione del lavoro povero.

In primis, la globalizzazione ha portato le aziende a delocalizzare le catene di produzione in paesi con minor costo del lavoro, esercitando pressione sui salari nei paesi più sviluppati.

A ciò si aggiunge l’automazione, che ha ridotto la domanda di manodopera per lavori meno qualificati, costringendo molti a competere per un numero ridotto di posti di lavoro a basso costo.

Le politiche di deregulation del mercato del lavoro, adottate in molti paesi per aumentare la competitività, hanno spesso ridotto i diritti dei lavoratori e favorito forme di contratto atipiche e precarie.

Inoltre, il passaggio verso un’economia basata sui servizi, frequentemente caratterizzati da posti di lavoro meno stabili e ben remunerati rispetto al settore manifatturiero, ha ulteriormente contribuito al problema.

Tali fattori sono interconnessi e spesso ulteriormente aggravati dalle politiche fiscali e di welfare che non riescono a mantenere il passo con le dinamiche del mercato del lavoro moderno, lasciando scoperti molti lavoratori e le loro famiglie.

Impatto socioeconomico del lavoro povero in Italia

Il lavoro povero ha un impatto rilevante sul tessuto socioeconomico italiano, con conseguenze che si ripercuotono in vari ambiti.

Un’alta percentuale di lavoratori che vivono al di sotto della soglia di povertà esercita una pressione significativa sui sistemi di welfare e sanità pubblica.

L’insufficienza di reddito limita la capacità delle famiglie di investire in istruzione e formazione dei figli, perpetuando un circolo vizioso di povertà e mancanza di opportunità.

A livello macroeconomico, il lavoro povero comprimendo il potere d’acquisto delle famiglie, influisce negativamente sulla domanda interna e, di conseguenza, sulla crescita economica complessiva.

Anche la coesione sociale è messa a rischio: le diseguaglianze crescenti alimentano tensioni e possono condurre a un indebolimento della fiducia nel sistema politico e istituzionale.

In Italia, il tasso di disoccupazione giovanile e la precarietà contrattuale accentuano questi problemi, rendendo le politiche attuate spesso inefficaci di fronte alla complessità della questione.

Le risposte delle politiche pubbliche al lavoro povero

Le politiche pubbliche svolgono un ruolo cruciale nell’affrontare il fenomeno del lavoro povero.

Vanno progettate strategie che mirano a migliorare le condizioni dei lavoratori precarizzati.

In Italia, sono state introdotte varie misure, alcune delle quali includono il salario minimo garantito, incentivi fiscali alle aziende che offrono contratti stabili e miglioramento delle politiche di formazione continua.

Tuttavia, l’efficacia di queste misure dipende dalla loro implementazione e dal contesto economico-politico.

Il potenziamento delle politiche di welfare è altresì indispensabile per offrire una rete di sicurezza adeguata alle persone che vivono situazioni di precarietà economica.

Inoltre, l’Unione Europea e le istituzioni internazionali possono giocare un ruolo fondamentale nel guidare e coordinare azioni comuni tra i vari paesi per affrontare un fenomeno di tale portata.

Politiche che promuovano la transizione verso lavori green e digitali potrebbero rappresentare una svolta non solo per contrastare il lavoro povero, ma anche per aprire nuove opportunità di crescita sostenibile.

Esperienze personali di chi vive il lavoro povero

Le esperienze personali di chi vive il lavoro povero rivelano l’impatto umano dietro le statistiche.

Maria, una trentenne che lavora come cassiera in un supermercato con un contratto part-time, racconta di come sia difficile far quadrare i conti alla fine del mese.

Nonostante abbia un lavoro “fisso”, l’incertezza contrattuale e la mancanza di benefici collaterali la costringono a dipendere dall’assistenza familiare per garantire un futuro ai suoi figli.

Simili sono le storie di Stefano, ingegnere sottooccupato per mancanza di lavori nel suo settore, e Giovanna, che passa da un lavoro temporaneo all’altro senza mai ottenere garanzie di stabilità.

Queste testimonianze mostrano una realtà complessa, dove lavorare non sempre coincide con la possibilità di costruire una vita decorosa.

Dietro ogni esperienza ci sono pressioni emotive e fisiche che influenzano non solo i singoli ma tutta la società, richiedendo un cambiamento profondo e sistemico per garantire dignità a tutti i lavoratori.

Come finanziare un progetto artistico senza bandi pubblici? Crowdfunding e alternative per artisti e creativi

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Altre forme di finanziamento nel mondo dell'arte
Ottenere finanziamenti nel mondo dell'arte (diritto-lavoro.com)

L’articolo esplora le diverse forme di **crowdfunding** e **finanziamenti alternativi** disponibili per gli artisti, analizzando piattaforme specifiche ed esempi di successo. Inoltre, vengono forniti consigli pratici per campagne efficaci e si discute il potenziale e i limiti di queste strategie finanziarie.

Introduzione al crowdfunding per progetti artistici

Negli ultimi anni, il crowdfunding è emerso come una potente risorsa per gli artisti in cerca di finanziamenti per i loro progetti.

Questo metodo di raccolta fondi sfrutta il potere delle piattaforme digitali per connettere creatori con un vasto pubblico, consentendo loro di presentare le proprie idee e sostenere progetti promettenti.

L’adozione del crowdfunding nel campo dell’arte ha democratizzato l’accesso alle risorse finanziarie, permettendo agli artisti di bypassare i tradizionali meccanismi di finanziamento che possono essere restrittivi e difficili da raggiungere.

Attraverso il coinvolgimento diretto del pubblico, gli artisti non solo raccolgono fondi, ma creano anche una comunità di sostenitori che condividono la loro visione e il loro entusiasmo.

Questo processo, tuttavia, non è privo di sfide: richiede strategie ben progettate, comunicazione efficace e una comprensione delle dinamiche delle piattaforme digitali per avere successo.

Introduzione al crowdfunding per progetti artistici
Crowdfunding per artisti (diritto-lavoro.com)

Piattaforme di crowdfunding più utilizzate dagli artisti

Gli artisti hanno oggi a disposizione diverse piattaforme di crowdfunding che si adattano a varie esigenze e tipologie di progetti.

Alcune delle più popolari includono Kickstarter, Indiegogo e Patreon.

Kickstarter è conosciuta per le sue campagne basate su progetti, dove i creatori presentano la loro idea attraverso una pagina specifica e cercano di raggiungere un obiettivo finanziario entro un determinato periodo.

Indiegogo offre maggiore flessibilità, permettendo di scegliere tra campagne fisse e continue, adatte per progetti che potrebbero necessitare di una lunga fase di raccolta fondi.

Patreon, invece, è ideale per artisti che desiderano un sostegno continuo attraverso abbonamenti mensili da parte dei loro sostenitori.

Ogni piattaforma ha caratteristiche uniche che possono influenzare il modo in cui gli artisti presentano i loro progetti e interagiscono con il pubblico, rendendo fondamentale la scelta della piattaforma giusta in base agli specifici obiettivi e al pubblico di riferimento.

Consigli per campagne di successo

Per condurre una campagna di crowdfunding artistica di successo, è essenziale una pianificazione meticolosa e una comunicazione chiara ed efficace.

Innanzitutto, è importante definire un obiettivo realistico e specifico, tenendo conto delle spese associate alla realizzazione del progetto e delle commissioni della piattaforma scelta.

La presentazione del progetto deve essere curata nei minimi dettagli: un video coinvolgente e una narrazione persuasiva possono attirare l’attenzione dei sostenitori.

La trasparenza è cruciale; i potenziali finanziatori vogliono sapere esattamente come verranno utilizzati i loro fondi.

Inoltre, la promozione continua, attraverso social media e aggiornamenti regolari ai sostenitori, è fondamentale per mantenere alta l’attenzione e l’entusiasmo nel corso della campagna.

Offrire ricompense significative, che possono variare da ringraziamenti personalizzati a copie esclusive dell’opera, può incentivare ulteriormente il supporto dei backers.

Altre forme di finanziamento nel mondo dell’arte

Oltre al crowdfunding, gli artisti possono accedere a diverse forme di finanziamento alternativo per sostenere le loro creazioni.

Le residenze artistiche offrono agli artisti l’opportunità di lavorare in un ambiente stimolante, spesso con compenso e supporto logistico.

I premi e borse di studio artistiche sono un’altra risorsa preziosa, fornendo sovvenzioni per la produzione di opere specifiche o per il progresso della carriera artistica di un individuo.

I fondi pubblici e le sovvenzioni governative sono disponibili in molti paesi, supportando progetti che arricchiscono il tessuto culturale della società.

Le partnership con enti privati e sponsorizzazioni aziendali possono anche essere esplorate, soprattutto per progetti che offrono visibilità e prestigio ai finanziatori.

Queste opzioni, se integrata con strategie di crowdfunding, possono fornire una solida base finanziaria per gli artisti.

Storie di successo di progetti indipendenti

Numerosi progetti artistici hanno raggiunto il successo grazie al crowdfunding, dimostrando il potenziale di questa forma di finanziamento.

Un esempio significativo è quello di Amanda Palmer, musicista americana, che ha raccolto oltre un milione di dollari su Kickstarter per il suo album e tour, dimostrando il potere della connessione diretta con i fan.

Un altro esempio è il film d’animazione indipendente ‘Anomalisa’, che ha visto migliaia di sostenitori contribuire per portarlo alla luce.

Questi casi evidenziano non solo il supporto finanziario ottenuto, ma anche la creazione di una comunità di sostenitori attorno al progetto, che spesso continua a seguire e supportare l’artista ben oltre la fase di finanziamento.

La chiave di queste storie di successo risiede in una comunicazione genuina e nella capacità di coinvolgere il pubblico nell’intero processo creativo.

Vantaggi e limiti del crowdfunding artistico

Il crowdfunding offre numerosi vantaggi agli artisti, ma presenta anche alcuni limiti significativi.

Tra i principali benefici c’è la democratizzazione dell’accesso ai fondi: qualsiasi artista, indipendentemente dalla reputazione o dalle connessioni, può proporre il proprio progetto al pubblico.

Inoltre, il crowdfunding permette di costruire una rete diretta di sostenitori, che può trasformarsi in una comunità fedele e ricettiva per future creazioni.

Tuttavia, il successo non è garantito e la competizione su queste piattaforme può essere agguerrita.

Le campagne richiedono un investimento significativo di tempo ed energie, e non tutti i progetti riescono a raggiungere i loro obiettivi finanziari.

Inoltre, c’è una pressione costante a mantenere viva l’attenzione per l’intera durata della campagna.

Nonostante questi ostacoli, il crowdfunding rimane una strada praticabile e spesso gratificante per gli artisti desiderosi di condividere le loro visioni con il mondo.

Posso prendere NASpIe pensione insieme? In molti non lo sanno: sono queste le vere regole INPS

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Panoramica sui fondi pensione e il TFR
Panoramica sui fondi pensione (diritto-lavoro.com)

In alcuni casi è possibile percepire sia la pensione che la NASpI, ma servono requisiti ben precisi e non vale per tutti.

Il mondo delle prestazioni INPS è spesso fatto di sfumature, eccezioni e incastri che a prima vista sembrano contraddirsi. Una delle domande più frequenti riguarda proprio la compatibilità tra la NASpI, ovvero l’indennità di disoccupazione, e la pensione.

In linea generale, si tende a pensare che le due cose si escludano a vicenda: chi è in pensione non può ricevere la disoccupazione e viceversa. Però non sempre è così.

NASpI e pensione ecco quando è possibile e perché

In alcuni casi particolari, infatti, è possibile percepire entrambe le prestazioni, anche se la situazione va analizzata con attenzione, perché non si tratta di una regola universale ma di una possibilità legata a specifiche condizioni.

Per entrare nel merito bisogna innanzitutto capire cos’è la NASpI. Si tratta di un’indennità mensile destinata ai lavoratori dipendenti che hanno perso il lavoro in modo involontario. È pensata per offrire un sostegno economico temporaneo, mentre la persona cerca un nuovo impiego. Ora, di norma, il diritto alla NASpI decade quando si raggiunge la pensione, in particolare quella di vecchiaia, perché l’INPS considera che da quel momento il lavoratore abbia già una copertura economica stabile e definitiva.

Naspi quando puoi accumularla
In questi casi puoi avere sia la Naspi che la pensione (diritto-lavoro.com)

Tuttavia, c’è un’eccezione importante. Se il lavoratore accede a una pensione di invalidità, oppure a una pensione ai superstiti (cioè reversibilità o indiretta), può continuare a ricevere la NASpI. Questo perché queste forme di pensione non sono considerate incompatibili con l’indennità di disoccupazione, in quanto non equivalgono alla cessazione definitiva della capacità lavorativa. Chi percepisce, ad esempio, una pensione ai superstiti, può trovarsi in una condizione economica ancora fragile e dunque può avere diritto alla NASpI se perde un lavoro dipendente.

Un altro caso da segnalare è quello del lavoratore che ha maturato i requisiti per la pensione anticipata ma che non ha ancora effettivamente fatto richiesta. In quel frangente, finché la pensione non viene erogata, può percepire la NASpI, ma solo fino al momento in cui inizia a ricevere la pensione. Da lì in poi, la disoccupazione decade in automatico.

Attenzione ai dettagli

Senza ombra di dubbio, ogni situazione va valutata con precisione, perché basta un dettaglio per far cambiare del tutto lo scenario. Anche i contratti precedenti, la data di cessazione del rapporto di lavoro e il tipo di pensione incassata influiscono sulla possibilità o meno di cumulare le due prestazioni. In alcuni casi, ad esempio, chi percepisce una pensione estera può ancora chiedere la NASpI in Italia, ma anche qui serve una verifica puntuale da parte dell’INPS.

La regola più importante resta quella della comunicazione. Chi percepisce la NASpI ed entra in una condizione di pensionamento deve comunicarlo tempestivamente all’INPS, per evitare sanzioni o richieste di restituzione. Meglio non dare nulla per scontato e, in caso di dubbio, rivolgersi a un patronato o a un consulente previdenziale.

Insomma, sì, è possibile in alcune situazioni specifiche prendere sia la pensione che la NASpI, ma bisogna conoscere bene le eccezioni previste dalla normativa. Non è una combinazione automatica né garantita a tutti, ma un’opportunità che vale la pena approfondire se ci si trova in una condizione ibrida tra disoccupazione e pensionamento.

Perché è importante la formazione continua per chi lavora in mensa? Competenze, sicurezza e opportunità

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Perché è importante la formazione continua per chi lavora in mensa? Competenze, sicurezza e opportunità
Formazione personale mense scolastiche (diritto-lavoro.com)

La formazione continua è essenziale per il personale di mensa, garantendo stabilità lavorativa e crescita professionale. Le aziende svolgono un ruolo cruciale negli investimenti formativi, e molte iniziative hanno già mostrato storie di successo e sviluppo delle competenze.

Formazione continua: indispensabile per la stabilità lavorativa

Nel mondo attuale del lavoro, la formazione continua si è affermata come un pilastro fondamentale per garantire la stabilità lavorativa e lo sviluppo personale dei dipendenti.

Questo è particolarmente vero per il personale di mensa, un settore in continua evoluzione che richiede un costante aggiornamento sulle normative igienico-sanitarie, sulle tecniche culinarie e sulle abilità interpersonali.

Le mense moderne non sono più semplici luoghi di consumo alimentare, ma diventano ambienti dinamici dove la competenza e l’innovazione fanno la differenza.

La continuità formativa consente ai lavoratori di adattarsi rapidamente ai nuovi standard di qualità e sicurezza, aumentando non solo la loro efficienza ma anche la soddisfazione lavorativa e la sicurezza del posto di lavoro.

Inoltre, in un mercato del lavoro sempre più competitivo e flessibile, avere una solida base di conoscenze aggiornate può rappresentare un vantaggio significativo nella progressione di carriera, conferendo ai lavoratori la forza per assumersi nuove responsabilità e ambire a ruoli più elevati.

Formazione continua: indispensabile per la stabilità lavorativa
L’importanza della formazione (diritto-lavoro.com)

Corsi e aggiornamenti professionali: l’offerta formativa

L’offerta formativa per il personale di mensa è oggi variegata e progettata per soddisfare una vasta gamma di esigenze professionali.

Esistono numerosi corsi e seminari, sia in presenza sia online, che coprono aspetti cruciali come le norme sull’igiene alimentare, la gestione delle risorse in cucina, le tecniche avanzate di preparazione cibi e la conoscenza delle nuove tecnologie applicate al settore della ristorazione.

Molti di questi programmi includono modulazioni pratiche che consentono ai partecipanti di mettere subito in atto le competenze acquisite.

L’implementazione di programmi di apprendistato professionale e di schemi di aggiornamento certificato sta diventando un elemento chiave per le istituzioni educative e le organizzazioni di formazione professionale.

La varietà di opzioni disponibili non solo rende accessibile l’aggiornamento costante a un numero maggiore di lavoratori, ma permette anche di personalizzare l’esperienza formativa in base alle esigenze di crescita professionale individuali.

Ruolo delle aziende negli investimenti formativi

Le aziende giocano un ruolo cruciale nello sviluppo professionale del personale di mensa attraverso investimenti formativi mirati.

Questo tipo di investimento è spesso visto come un costo iniziale, ma in realtà rappresenta un investimento strategico che può generare notevoli benefici a lungo termine.

Le aziende lungimiranti comprendono che potenziare le capacità del proprio personale tramite programmi di formazione non solo migliora la qualità del servizio, ma aumenta anche la lealtà dei dipendenti, riducendo il tasso di turnover.

Promuovere una cultura della formazione continua all’interno dell’organizzazione contribuisce a un ambiente di lavoro più stimolante e a una maggiore innovazione, con il personale più motivato e soddisfatto delle proprie competenze e prospettive di carriera.

Le imprese che investono nella formazione non solo rispondono meglio alle sfide del mercato, ma costruiscono anche un team capace di offrire esperienze culinarie di elevato standard qualitativo ai clienti.

Esperienze positive: storie di crescita professionale

Numerose esperienze testimoniano il potente impatto che la formazione continua può avere sulla carriera del personale di mensa.

Un esempio emblematico è quello di Maria, una cuoca che ha iniziato la sua carriera come semplice aiutante di cucina e, grazie a un programma di aggiornamento professionale offerto dalla sua azienda, è riuscita a sviluppare nuove competenze che le hanno permesso di salire di grado, fino a diventare capo cuoca.

Le storie come quella di Maria dimostrano come gli investimenti formativi non solo arricchiscano le competenze tecniche dei lavoratori, ma nutrono anche l’autostima e la fiducia nelle proprie capacità.

Da casi simili emerge che lavoratori formati e motivati spesso intraprendono nuove sfide, contribuendo in modo significativo al successo complessivo dell’organizzazione.

L’acquisizione di competenze professionali avanzate apre le porte a opportunità che vanno oltre il semplice beneficio personale, ma che può tradursi in un aumento delle responsabilità e dei ruoli strategici all’interno dell’impresa.

Ora pubblicare le foto dei figli sui social potrebbe costarti caro: quando è illegale

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Scattare foto ai figli, implicazioni
Attenzione pubblicare le foto dei figli sui social - (diritto-lavoro.com)

Pubblicare immagini dei propri figli online non è solo una questione di privacy o buon senso: può diventare un problema di natura legale

Nel mondo digitale di oggi, i social network sono diventati il principale strumento per raccontare la propria vita. Quotidianamente, milioni di persone condividono pensieri, foto, video e momenti privati con amici, parenti e follower. Tra i soggetti più presenti in queste narrazioni virtuali ci sono anche i bambini, spesso ritratti in situazioni quotidiane: dai primi passi ai compleanni, dalle vacanze in famiglia ai successi scolastici. Ma i problemi sono dietro l’angolo

Il fenomeno ha ormai un nome ben preciso: “sharenting”, unione dei termini inglesi share (condividere) e parenting (genitorialità). Si riferisce alla pratica, sempre più comune, di postare immagini e contenuti che riguardano i figli, spesso senza pensare alle possibili implicazioni legate alla loro tutela. Questa abitudine, per quanto diffusa, può però ledere i diritti dei minori, che – anche se piccoli – godono di specifiche tutele giuridiche, tra cui quella alla riservatezza e alla protezione della propria immagine.

Cosa dice la legge

In Italia, la normativa è chiara. Il Codice Civile (articolo 10) e la Legge sul diritto d’autore (n. 633/1941, articoli 96 e 97) stabiliscono che per la pubblicazione dell’immagine di un minore è necessario il consenso di entrambi i genitori, se entrambi esercitano la responsabilità genitoriale. Anche in assenza di conflitto tra i due, un genitore non può agire da solo nel pubblicare foto del figlio, specialmente se l’altro è contrario.

Foto figli sui social, legge
Foto dei figli sui social: cosa dice la legge – (diritto-lavoro.com)

In casi simili, è possibile che il genitore dissenziente si rivolga a un giudice, chiedendo la rimozione immediata delle immagini e il divieto di ulteriori pubblicazioni. I tribunali italiani, infatti, si sono già espressi più volte in favore della tutela del minore, considerando prevalente l’interesse del bambino alla riservatezza rispetto alla libertà del genitore di condividere contenuti.

Ma la questione non riguarda solo i genitori. Se il minore ha un’età e una maturità tali da poter esprimere una volontà autonoma – come può avvenire in età adolescenziale – anche la sua opinione deve essere ascoltata e rispettata. Un figlio può quindi legittimamente chiedere ai genitori di non pubblicare sue immagini, e questo desiderio deve essere preso in considerazione.

Non rispettare queste regole può comportare conseguenze rilevanti. In ambito civile, chi pubblica immagini senza autorizzazione può essere chiamato a risarcire il danno per violazione del diritto all’immagine e alla riservatezza. In certi casi, può persino configurarsi il reato di trattamento illecito di dati personali, con conseguenze penali.

Ancor più delicata è la situazione nei casi di genitori separati. Se uno dei due pubblica contenuti senza il consenso dell’altro, il comportamento può influire anche nelle decisioni del giudice su affido e rapporti genitoriali. Alcune sentenze hanno riconosciuto che esporre i figli online contro il volere dell’altro genitore può essere sintomo di scarso rispetto per l’interesse del minore.

Oltre agli aspetti legali, c’è una componente fondamentale da considerare: la sicurezza dei minori. Una volta online, una foto può essere scaricata, modificata, diffusa senza controllo, finendo anche in ambienti pericolosi. Non mancano casi in cui immagini apparentemente innocue sono state usate per scopi illeciti o condivise su piattaforme poco raccomandabili.

Perché tante PMI sono in difficoltà? I veri motivi economici dietro licenziamenti e instabilità

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Perché tante PMI sono in difficoltà? I veri motivi economici dietro licenziamenti e instabilità
Difficoltà economiche per le PMI (diritto-lavoro.com)

Questo articolo esplora i vari fattori economici che influenzano le PMI, tra cui la crisi di liquidità, le pressioni finanziarie del mercato e le strategie di sopravvivenza, con un focus sulle politiche governative di supporto.

Principali fattori economici che influenzano le PMI

Le piccole e medie imprese (PMI) affrontano una serie di sfide economiche che mettono alla prova la loro capacità di crescita e sopravvivenza.

Un fattore critico è l’accesso al credito, spesso limitato per le PMI rispetto alle grandi aziende.

I prestatori sono generalmente più cauti nel concedere finanziamenti alle PMI a causa di una percezione di rischio più elevato, portando a costi di interesse più alti e criteri di qualificazione più rigidi.

Inoltre, la volatilità dei mercati può influenzare i costi di approvvigionamento, con fluttuazioni dei prezzi delle materie prime che incidono direttamente sui margini di profitto.

Le PMI devono anche fare i conti con una burocrazia complessa e spesso onerosa, che assorbe risorse preziose e rallenta la loro capacità di adattamento ai cambiamenti del mercato.

Questi fattori, combinati con la pressione competitiva globale, costituiscono un ambiente sfidante per le PMI.

Crisi di liquidità e impatto sulle decisioni aziendali

Una delle principali difficoltà finanziarie che le PMI affrontano è la crisi di liquidità.

Molte PMI operano con margini operativi ridotti e piccoli errori di gestione possono portare rapidamente a una carenza di liquidità.

Questa instabilità costringe le aziende a prendere decisioni difficili, come tagliare i costi, ridurre il personale o rinunciare a investimenti strategici in nuove tecnologie o espansioni di mercato.

Inoltre, la mancanza di liquidità può influire sulla capacità di un’azienda di rispettare i suoi obblighi finanziari, come il pagamento dei fornitori e il finanziamento del circolante, mettendo a rischio le relazioni con fornitori e partner commerciali.

Questa instabilità può compromettere la reputazione di una PMI e limitarne ulteriormente l’accesso al credito, creando un ciclo difficile da spezzare senza interventi corretti.

Concorrenza di mercato e pressioni finanziarie

Le PMI devono fare fronte a una concorrenza agguerrita, spesso da parte di grandi aziende che dispongono di risorse finanziarie e operative notevolmente superiori.

Queste imprese più grandi possono operare con economie di scala che consentono di abbassare i prezzi, mettendo pressione sui margini di profitto delle PMI.

Inoltre, la globalizzazione e l’afflusso di prodotti a basso costo, in particolare dai mercati emergenti, aumentano ulteriormente la competitività del mercato.

Le PMI sono quindi costrette ad innovare costantemente per mantenere la loro competitività, investendo in nuove tecnologie e miglioramenti di processo che possono essere costosi e aumentare i rischi finanziari.

Le pressioni finanziarie derivanti da questa competitività possono portare molte PMI a operare costantemente al limite della sostenibilità economica.

Strategie di sopravvivenza economica per le PMI

Per superare queste difficoltà economiche, le PMI devono adottare strategie innovative e proattive.

Una delle strategie più efficaci è la diversificazione dei servizi e prodotti, che consente di ridurre la dipendenza da una singola fonte di reddito.

Inoltre, le PMI devono ottimizzare la gestione del capitale circolante, migliorando i tempi di incasso dei crediti e negoziando termini di pagamento favorevoli con i fornitori.

Un altro approccio è l’adozione di tecnologie digitali, che può portare a significativi risparmi sui costi e miglioramenti nei processi aziendali.

Gli investimenti nella formazione del personale sono cruciali per aumentare l’efficienza e la produttività.

Infine, la costruzione di solide relazioni con i clienti e partner può aiutare a sostenere la domanda e stabilizzare le entrate, garantendo un accesso continuo a mercati e opportunità commerciali.

Ruolo delle politiche governative nel supporto alle PMI

Le politiche governative svolgono un ruolo cruciale nel sostenere le PMI in difficoltà economica.

I governi possono offrire incentivi fiscali, finanziamenti agevolati e programmi di sviluppo per aiutare le PMI a superare momenti di stress finanziario.

Inoltre, possono promuovere iniziative di riduzione della burocrazia, semplificando il processo di avvio e gestione di un’impresa.

Le collaborazioni pubblico-privato possono anche essere fomentate per offrire supporto in termini di formazione e sviluppo delle competenze.

Le politiche di sostegno all’export possono aiutare le PMI ad accedere a nuovi mercati internazionali, diversificando i rischi economici e aumentando le opportunità di lucro.

Tuttavia, è essenziale che queste politiche siano ben mirate e flessibili, adattandosi rapidamente alle esigenze mutevoli delle PMI, affinché possano avere un impatto significativo.

Il lavoro è un diritto anche in carcere? Cosa dice la Costituzione e quali sono le applicazioni reali

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Il lavoro è un diritto anche in carcere? Cosa dice la Costituzione e quali sono le applicazioni reali
Costituzione e lavoro carcerario (diritto-lavoro.com)

L’articolo esamina il diritto costituzionale al lavoro nel contesto carcerario, evidenziando le implicazioni sociali e il potenziale per il reinserimento dei detenuti. Confrontando le legislazioni europee, si sottolinea l’importanza di garantire questo diritto per favorire la reintegrazione sociale.

Il lavoro come diritto costituzionale

L’articolo 4 della Costituzione Italiana stabilisce che la Repubblica riconosce il diritto al lavoro a tutti i cittadini, impegnandosi a promuoverne le condizioni per renderlo effettivo.

Questa disposizione non si limita a garantire il lavoro come strumento di sostentamento, ma lo eleva a diritto fondamentale, necessario per la dignità individuale e per la funzionalità della società.

Considerando il lavoro come un pilastro della democrazia economica, la Costituzione italiana lo collega intrinsecamente alla libertà personale e alla partecipazione piena alla vita della comunità.

Questo principio è ulteriormente rafforzato dagli articoli 35 e 36, che garantiscono tutela e diritti dei lavoratori, promuovendo l’utilizzo di politiche sociali per migliorare le condizioni lavorative.

L’inclusione del diritto al lavoro nella Costituzione denota non solo la sua importanza economica, ma anche la sua valenza morale e sociale, testimoniando un impegno istituzionale verso l’uguaglianza e la libertà.

Il lavoro come diritto costituzionale
Il lavoro carcerario (diritto-lavoro.com)

Applicazione del diritto al contesto carcerario

Portare il diritto al lavoro dentro il contesto carcerario rappresenta una sfida complessa ma fondamentale.

Tra le mura carcerarie, il lavoro assume un duplice obiettivo: il reinserimento sociale e il mantenimento della disciplina interna.

Il sistema penitenziario, infatti, deve garantire non solo sicurezza e custodia, ma anche la rieducazione dei detenuti, come prescritto dall’articolo 27 della Costituzione.

La possibilità di lavorare offre ai detenuti non solo occupazione del tempo, ma anche l’apprendimento di competenze e la valorizzazione personale, elementi cruciali per una futura reintegrazione.

Tuttavia, l’implementazione di questo diritto è spesso ostacolata da limitazioni strutturali, risorse insufficienti e una percezione pubblica che non vede nel lavoro dei detenuti un investimento vantaggioso per la società.

Per superare queste barriere, servono interventi mirati e coordinati tra amministrazione penitenziaria, settore privato e istituzioni sociali.

Implicazioni sociali del diritto al lavoro per i detenuti

L’implementazione del diritto al lavoro per i detenuti porta con sé importanti implicazioni sociali.

Prima di tutto, riconosce l’umanità e la dignità dei detenuti, superando la visione puramente punitiva della detenzione.

Fornire opportunità professionali durante il periodo detentivo consente di abbattere i tassi di recidiva, dando ai detenuti strumenti concreti per reintegrarsi nella società civile una volta scontata la pena.

Il lavoro all’interno delle carceri diventa quindi un mezzo di riscatto e riabilitazione, che consente alle persone di sviluppare autonomia e responsabilità.

Inoltre, questo approccio può mitigare la percezione negativa che spesso la società nutre verso gli ex-detenuti, favorendo un clima di inclusione e accettazione.

Tuttavia, affinché queste implicazioni sociali si realizzino pienamente, è fondamentale che i programmi lavorativi siano accompagnati da una reale disponibilità di supporto e formazione, anche dopo l’uscita dal carcere, ponendo l’accento sulla continuità e sulla coerenza delle politiche di reinserimento.

Caso studio: lavoro carcerario e reinserimento

Uno dei principali casi studio che evidenzia il legame tra lavoro carcerario e reinserimento dei detenuti è quello del carcere di Bollate, in Italia.

Questa struttura è diventata un modello di come l’offerta di opportunità lavorative all’interno delle mura carcerarie possa trasformare le vite dei detenuti.

Attraverso collaborazioni con aziende esterne e la creazione di cooperative interne, Bollate offre una vasta gamma di attività lavorative, che vanno dalla ristorazione alla produzione artigianale.

Questi programmi non solo forniscono ai detenuti competenze tecniche e professionali, ma anche un senso di responsabilità e appartenenza a una comunità lavorativa.

Gli esiti positivi di questi programmi si riflettono in un tasso di recidiva significativamente inferiore rispetto alla media nazionale.

Bollate dimostra che il lavoro in carcere non è solo una teoria, ma una pratica efficace che richiede un approccio olistico, dove il lavoro si intreccia con la formazione e il supporto psicologico, preparandoli per una reinserzione sociale di successo.

Confronto con altre legislazioni europee

Esaminando il panorama europeo, emerge che l’approccio al lavoro carcerario differisce ampiamente tra i vari paesi.

In alcuni Stati, come la Norvegia, il lavoro all’interno delle carceri è parte integrante della filosofia di detenzione, che è fortemente orientata alla riabilitazione.

Le strutture norvegesi offrono programmi educativi e lavorativi complessi e ben articolati, e ciò si riflette nei bassi tassi di recidiva.

Al contrario, altri paesi faticano a fornire opportunità lavorative significative per i detenuti, spesso a causa di una mancanza di risorse o di una maggiore enfasi sugli aspetti punitivi della detenzione.

In Francia, ad esempio, sebbene esistano programmi di lavoro carcerario, sovraffollamento e risorse limitate ne ostacolano l’efficacia.

Tuttavia, l’Unione Europea ha avviato diverse iniziative per promuovere lo scambio di best practices tra i paesi membri, riconoscendo la centralità del lavoro come strumento di rieducazione.

Questa diversità legislativa sottolinea la necessità di un approccio più armonizzato e integrato a livello transnazionale per garantire a tutti i detenuti l’accesso al diritto fondamentale al lavoro.

Conclusioni: un diritto da garantire

In conclusione, il diritto al lavoro per i detenuti dovrebbe essere riconosciuto e garantito come parte integrante del loro percorso di reintegrazione.

Questo diritto non solo consente un impatto positivo sulle vite dei detenuti, ma rappresenta anche un beneficio per la società nel suo complesso.

Offrire lavoro in carcere significa investire in una riduzione dei tassi di recidiva, promuovere la sicurezza pubblica e sostenere l’economia attraverso la formazione di una forza lavoro meglio preparata.

Tuttavia, per realizzare tutto questo, è fondamentale che tutte le parti coinvolte – istituzioni, mondo imprenditoriale e società civile – collaborino per superare le sfide strutturali e culturali che attualmente limitano l’applicazione di questo diritto.

Un impegno comune è essenziale affinché il lavoro in carcere diventi una pratica standardizzata e accettata, riconosciuta nella sua capacità di trasformare vite e contribuire a una società più giusta e inclusiva.

Garantire il diritto al lavoro per i detenuti non è solo una questione di giustizia, ma anche una priorità sociale ed economica di grande rilevanza.

Se sei al bancomat e hai problemi con la carta fai questo o rischi grosso: c’è un pulsante da premere subito

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Se sei al bancomat e hai problemi con la carta fai questo o rischi grosso
Se sei al bancomat e hai problemi con la carta fai questo o rischi grosso-diritto-lavoro.com

Se ti trovi al bancomat e ci sono dei problemi con la tua carta, niente panico. C’è un pulsante che puoi premere in situazioni di emergenza

La carta bancomat è ormai diffusa in ogni parte del mondo ed è uno strumento di pagamento di grande utilità. Con essa, infatti, è possibile recarsi nei negozi fisici e pagare rapidamente alla casse, anche quelle automatiche, oppure online.

Ma non è tutto, perché quando servono i contatti, è facilissimo prelevarli nei vari ATM disposti sul territorio. Tuttavia, i disguidi, come in tutte le cose, possono esserci, ed è così anche gli sportelli bancomat.

Può succedere, infatti, che una volta inserita la carta, l’ATM non la restituisca. Questo può essere un problema non indifferente, ma non bisogna farsi prendere dal panico e analizzare la situazione, perché le soluzioni ci sono. Esiste, infatti, un pulsante che è possibile premere in queste situazioni. Scopriamo di quale si tratta e cosa fare in questi contesti.

Se il bancomat non ti restituisce la carta, ecco come devi agire: il pulsante da premere

A dire la verità, che l’ATM si “mangi” la carta non è cosa frequente, ma quando succede (e può succedere) è importante non agitarsi e agire.

Se sei al bancomat e hai problemi con la carta fai questo o rischi grosso
Se sei al bancomat e hai problemi con la carta fai questo o rischi grosso-diritto-lavoro.com

In genere, può succedere se si sbaglia a digitare per tre volte il PIN, oppure se passano 30 secondi da quando era possibile ritirarla, dopo un versamento o un prelievo. Può anche accadere che la tessera si smagnetizzi o risulti rubata. Naturalmente, il problema può anche non essere la carta, ma proprio l‘ATM che non funziona, magari per via di una criticità di tipo tecnico.

In ogni caso, mai lasciarsi andare all’ansia, ma riflettere. Se dovesse accadere che lo sportello non restituisca la carta, bisogna premere il pulsante Annulla/Cancel, che è facile riconoscere perché è rosso, oppure ha una X in evidenza.

È necessario tenerlo premuto per qualche istante, così si annulla l’operazione e la carta dovrebbe tornare al suo proprietario. Ci sono degli ATM, peraltro, che hanno un tasto “Restituisci carta”, e questo, ovviamente, facilita notevolmente le cose.

Se tuttavia, nessuno dei tasti dovesse funzionare, sarà necessario contattare il servizio clienti per bloccare la carta. A quel punto, infatti, si dovrà attendere per farsene restituire una nuova. Ovviamente, per fare questa operazione, bisognerà comunicare i propri dati all’operatore. Dunque, le soluzioni ci sono, per cui, è importante non farsi prendere dal panico.

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