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L’INPS, con la Circolare n. 36 del 07.03.2022 ha fornito nuove istruzioni – in caso di unioni civili – per il riconoscimento dei permessi di cui alla L.n. 104/1992 e del congedo straordinario ai sensi dell’art. 42, comma 5, del D.Lgs. n. 151/2001, in favore del lavoratore dipendente del settore privato, parte di una unione civile, che presti assistenza all’altra parte (già disciplinate anche con la Circolare n. 38 del 27.02.2017).

Di seguito il testo completo della circolare n. 36/2022.

INDICE

  1. Premessa
  2. Il quadro normativo nazionale e comunitario

3.Effetti sulla concessione dei permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 ai lavoratori dipendenti del settore privato

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4.Effetti sulla concessione del congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001 ai lavoratori dipendenti del settore privato

  1. Istruzioni contabili
1. Premessa

L’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, prevede il diritto ad usufruire di tre giorni di permesso mensili retribuiti in favore di lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini riconosciuti in situazione di disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della medesima legge.

Il comma 5 dell’articolo 42 del D.lgs 26 marzo 2001, n. 151, stabilisce la concessione del congedo straordinario in favore di soggetti con disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e agli affini di terzo grado.

Le predette disposizioni sono state nel tempo coordinate con quelle introdotte dalla legge 20 maggio 2016, n. 76, e dalla sentenza della Corte costituzionale n. 213 del 5 luglio 2016, tenendo conto in particolare che:

– la legge n. 76/2016 ha disciplinato le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto prevedendo al comma 20 dell’articolo 1, tra l’altro, che “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”;

– la Corte costituzionale con la sentenza n. 213 del 5 luglio 2016, inoltre, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi ai sensi del medesimo articolo 33, comma 3.

Pertanto, la Circolare n. 38 del 27.02.2017 ha fornito le istruzioni operative per la concessione dei permessi di cui alla legge n. 104/1992 e del congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001 in favore del lavoratore dipendente del settore privato, parte di un’unione civile o convivente di fatto, che presti assistenza all’altra parte o convivente, precisando quanto segue:

  • la parte di un’unione civile, che presti assistenza all’altra parte, può usufruire di:
  • permessi di cui alla legge n. 104/1992,
  • congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001;
  • il convivente di fatto di cui ai commi 36 e 37 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016, che presti assistenza all’altro convivente, può usufruire unicamente di:
  • permessi di cui alla legge n. 104/1992.

Ciò premesso, con la presente circolare si forniscono nuove istruzioni operative finalizzate al riconoscimento dei benefici in oggetto in favore dei parenti dell’altra parte dell’unione civile.

  1. Il quadro normativo nazionale e comunitario

Come anticipato, l’articolo 1, comma 20, della legge n. 76/2016 che ha istituito e regolamentato le unioni civili tra persone dello stesso sesso, prevede che: “Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sessoLo stesso comma, proseguendo, precisa che“la disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge […]”.

Dal momento che l’articolo 78 del codice civile, che individua il rapporto di affinità tra il coniuge e i parenti dell’altro, non viene espressamente richiamato dalla legge n. 76/2016, nella circolare n. 38/2017 era stato seguito l’orientamento, a suo tempo condiviso con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, per cui tra una parte dell’unione civile e i parenti dell’altro non si costituisce un rapporto di affinità.

Pertanto, a differenza di quanto avviene per i coniugi, era stato previsto che la parte di un’unione civile potesse usufruire dei permessi di cui alla legge n. 104/1992 unicamente nel caso in cui prestasse assistenza all’altra parte dell’unione e non nel caso in cui l’assistenza fosse rivolta ad un parente dell’unito, non essendo riconoscibile in questo caso rapporto di affinità.

Successivamente, su espresso parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali viene sottolineata la necessità di modificare tale posizione, potendosi configurare altrimenti una discriminazione per orientamento sessuale.

L’orientamento seguito finora, infatti, seppure attuativo di una norma nazionale, sarebbe in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale dell’Unione europea che, al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio di parità di trattamento, vieta la discriminazione basate sull’orientamento sessuale, in particolare per quanto concerne l’occupazione, le condizioni di lavoro e la retribuzione (Direttiva 2000/78/CE attuata in Italia con il D.lgs 9 luglio 2003, n. 216).

Il diritto ai benefici in oggetto nei confronti delle parti di un’unione civile, infatti, non avrebbe la stessa estensione riconosciuta ai soggetti legati da un rapporto di coniugio (al quale pur volendo non potrebbero accedere), anche se in presenza di situazioni comparabili, caratterizzate entrambe da una stabile relazione tra le parti e da un rapporto di affettività che da essa deriva anche nei confronti dei parenti del partner.

Pertanto, alla luce della normativa antidiscriminatoria di origine comunitaria e del primato del diritto dell’Unione europea nei confronti della normativa nazionale, si forniscono di seguito nuove istruzioni operative finalizzate al riconoscimento dei benefici in oggetto in favore dei parenti dell’altra parte dell’unione civile. Fatte salve le modifiche e le integrazioni di cui alla presente circolare, restano ferme le indicazioni già fornite dall’Istituto con la circolare n. 38/2017.

  1. Effetti sulla concessione dei permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992ai lavoratori dipendenti del settore privato

Come premesso, l’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 prevede il diritto ad usufruire di tre giorni di permesso mensili retribuiti, in favore di lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini entro il secondo grado – con possibilità di estensione fino al terzo grado – riconosciuti in situazione di disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della medesima legge.

Alla luce di quanto disposto dalla legge n. 76/2016 e dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 213/2016 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992, nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con disabilità in situazione di gravità, nella circolare n. 38/2017, è stato specificato che i permessi in argomento possono essere fruiti anche:

  • dalla parte di un’unione civile che presti assistenza all’altra parte;
  • dal convivente di fatto, di cui ai commi 36 e 37 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016, che presti assistenza all’altro convivente.

In particolare, fermo restando il principio del referente unico, come individuato nelle circolari n. 155 del 3 dicembre 2010 e n. 32 del 6 marzo 2012, il diritto ad usufruire dei permessi di cui al citato articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992, per assistere il disabile in situazione di gravità, può essere concesso, in alternativa, al coniuge, alla parte dell’unione civile, al convivente di fatto, al parente o all’affine entro il secondo grado. Inoltre, è possibile concedere il beneficio a parenti o affini di terzo grado qualora i genitori o il coniuge/la parte dell’unione civile/il convivente di fatto della persona con disabilità in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Alla luce delle considerazioni di cui al paragrafo 2, si forniscono le seguenti nuove istruzioni.

Al fine di evitare comportamenti discriminatori nei riguardi di due situazioni giuridiche comunque comparabili (uniti civilmente e coniugi), seppure l’articolo 78 del codice civile non venga espressamente richiamato dalla legge n. 76/2016, ai fini del riconoscimento dei benefici in parola, va riconosciuto sussistente il rapporto di affinità anche tra l’unito civilmente e i parenti dell’altra parte dell’unione.

Ne deriva che, per i lavoratori del settore privato, il diritto ai permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 va riconosciuto all’unito civilmente, oltre che nel caso in cui in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza ad un parente dell’unito.

Allo stesso modo i parenti dell’unito civilmente avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione.

Resta fermo il rispetto del grado di affinità normativamente previsto.

Si evidenzia, invece, che il rapporto di affinità non è riconoscibile tra il “convivente di fatto” e i parenti dell’altro partner, non essendo la “convivenza di fatto” un istituto giuridico, ma una situazione di fatto tra due persone che decidono di formalizzare il loro legame affettivo stabile di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale.

Pertanto, a differenza di quanto avviene per i coniugi e gli uniti civilmente, il “convivente di fatto” può usufruire dei permessi di cui alla legge n. 104/1992 unicamente nel caso in cui presti assistenza al convivente e non nel caso in cui intenda rivolgere l’assistenza a un parente del convivente.

Ai fini della valutazione della spettanza del diritto ai permessi in argomento, si ribadisce inoltre quanto segue.

Allo stato normativo attuale, mentre l’unione civile può essere costituita solo tra persone dello stesso sesso, la convivenza di fatto può essere costituita sia da persone dello stesso sesso che da persone di sesso diverso.

Per la qualificazione di “convivente” deve farsi riferimento alla “convivenza di fatto” come individuata dal comma 36 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016 in base al quale “si intendono per «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile” e accertata ai sensi del successivo comma 37.

Quest’ultimo comma prevede che, ferma restando la sussistenza dei presupposti di cui al precedente comma 36, per l’accertamento della stabile convivenza deve farsi riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui all’articolo 4 e alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 13 del regolamento di cui al D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.

Per quanto riguarda la qualificazione di “parte dell’unione civile”, ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016, dovrà farsi riferimento agli atti di unione civile registrati nell’archivio dello stato civile.

Trattandosi in entrambi i casi di dati detenuti da altra pubblica Amministrazione, ai fini della concessione del diritto sarà sufficiente la dichiarazione del richiedente, nella domanda, di essere coniuge/parte di unione civile/convivente di fatto ai sensi del comma 36 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016. Sarà cura dell’operatore di Sede provvedere, secondo le consuete modalità, all’espletamento dei controlli delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni.

Le Strutture territoriali avranno cura di riesaminare, alla luce dei suddetti chiarimenti, i provvedimenti già adottati e le istanze già pervenute e non ancora definite relativamente ai rapporti non esauriti, intendendosi come tali quelle situazioni giuridiche per le quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato o prescrizione del diritto.

  1. Effetti sulla concessione del congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001 ai lavoratori dipendenti del settore privato

Il comma 5 dell’articolo 42 del decreto legislativo n. 151/2001 stabilisce la concessione del congedo straordinario in favore di soggetti con disabilità grave accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge n. 104/1992, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che degrada dal coniuge fino ai parenti e agli affini di terzo grado.

Come indicato nella circolare n. 38/2017, alla luce di quanto disposto dalla legge n. 76/2016, l’unito civilmente è incluso, in via alternativa e al pari del coniuge, tra i soggetti individuati prioritariamente dal legislatore ai fini della concessione del beneficio in parola.

Per le ragioni illustrate nel precedente paragrafo 3, la tutela del congedo straordinario in argomento non è prevista, invece, in favore del convivente di fatto di cui ai commi 36 e 37 dell’articolo 1 della legge 76/2016.

Tutto quanto sopra premesso, è possibile usufruire del congedo in esame secondo il seguente ordine di priorità:

  1. il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente” della persona disabile in situazione di gravità;
  2. il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del “coniuge convivente”/della “parte dell’unione civile convivente”;
  3. uno dei “figli conviventi” della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente” ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  4. uno dei “fratelli o sorelle conviventi” della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori” e i “figli conviventi” del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  5. un “parente o affine entro il terzo grado convivente” della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori”, i “figli conviventi” e i “fratelli o sorelle conviventi” siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  6. uno dei figli non ancora conviventi con la persona disabile in situazione di gravità, ma che tale convivenza instauri successivamente, nel caso in cui il “coniuge convivente” /la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi igenitori”, i “figli conviventi” e i “fratelli o sorelle conviventi”, i “parenti o affini entro il terzo grado conviventi” siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.

Sulla base delle considerazioni esposte nei paragrafi precedenti, anche con riferimento al congedo straordinario, il diritto per i lavoratori del settore privato va riconosciuto all’unito civilmente oltre che nel caso in cui in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza a un parente dell’unito.

Allo stesso modo i parenti di una parte dell’unione civile avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione.

Resta fermo il limite del terzo grado di affinità e il requisito della convivenza (come individuato nella circolare n. 32/2012, paragrafo 6, fatte salve le precisazioni di cui al messaggio n. 6512/2010) con l’affine disabile grave da assistere.

Ai fini della valutazione della spettanza del diritto al congedo in argomento, si rinvia a quanto evidenziato nel paragrafo precedente in merito alla qualificazione di parte dell’unione civile.

Le Strutture territoriali avranno cura di riesaminare, alla luce di tali chiarimenti, i provvedimenti già adottati e le istanze già pervenute e non ancora definite relativamente ai rapporti non esauriti, intendendosi come tali quelle situazioni giuridiche per le quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato o prescrizione del diritto.

  1. Istruzioni contabili

Ai fini delle rilevazioni contabili delle prestazioni oggetto della presente circolare si farà riferimento ai conti già istituiti con il messaggio n. 843 del 27 febbraio 2017, appositamente ridenominati, alla luce del nuovo quadro normativo:

– GAT30188 per rilevare gli oneri per le indennità derivanti dalle agevolazioni di cui all’articolo 33, comma 3, della Legge n. 104/1992, corrisposte direttamente ai lavoratori che prestino assistenza alla parte di una unione civile e/o ai parenti ed affini derivanti da unione civile.

– GAT30190 per rilevare gli oneri per le indennità derivanti dalle agevolazioni di cui all’articolo 42, comma 5, del Decreto Legislativo n. 151/2001, corrisposte direttamente ai lavoratori che prestino assistenza alla parte di una unione civile e/o ai parenti e agli affini derivanti da unione civile.

– GAT10118 – Debito per l’erogazione diretta delle indennità di cui all’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992 e delle indennità di cui all’art. 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151/2001, alle parti di unione civile e/o ai parenti e agli affini derivanti da unione civile.

La valorizzazione dei conti, a seguito dell’erogazione diretta delle indennità, avverrà su implementazione di apposita procedura gestita a livello centrale.

Si rammenta che le indennità in argomento sono soggette a tassazione corrente da imputare al conto GPA27009.

Eventuali riaccrediti di somme per pagamenti non andati a buon fine andranno rilevati sulla contabilità di Direzione generale al conto d’interferenza GPA55180, da parte della procedura automatizzata che gestisce i riaccrediti da Banca d’Italia.

La chiusura del conto d’interferenza, sulla Sede interessata, avverrà in contropartita del conto in uso GPA10031, assistito da partitario contabile, con l’indicazione del codice bilancio esistente: “03059” – Somme non riscosse dai beneficiari – Indennità derivanti dalle agevolazioni di cui all’art. 33, comma 3 della legge n. 104/1992 e art. 42, comma 5 del Decreto legislativo n. 151/2001 – GAT.

Eventuali recuperi dell’indennità in argomento saranno imputanti rispettivamente ai conti in uso, appositamente ridenominati:

– GAT24188 recupero e re-introito delle indennità derivanti dalle agevolazioni di cui all’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, ai lavoratori dipendenti che prestino assistenza alla parte di una unione civile e/o ai parenti o agli affini derivanti da unione civile;

– GAT24190 recupero e re-introito delle indennità derivanti dalle agevolazioni di cui all’art. 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151/2001, alla parte di una unione civile e/o ai parenti o agli affini derivanti da unione civile.

Ai conti di recupero verrà abbinato nell’ambito della procedura “recupero crediti per prestazioni”, il codice bilancio già utilizzato “01147” – Recupero indennità derivanti dalle agevolazioni di cui all’art. 33, comma 3 della legge n. 104/1992 e art. 42, comma 5 del Decreto Legislativo n. 151/2001 – GAT.

Eventuali partite creditorie, risultanti allo stesso titolo al termine dell’esercizio, andranno imputate al conto in uso GAT00030, sulla base della ripartizione del saldo del conto GPA00032, eseguita dalla suddetta procedura. Il citato codice bilancio “01147” dovrà essere utilizzato, altresì, per evidenziare, nell’ambito del partitario del conto GPA00069, i crediti per prestazioni divenuti inesigibili.

I rapporti finanziari con lo Stato, ai fini del rimborso degli oneri derivanti dall’erogazione della prestazione in parola, verranno curati direttamente dalla Direzione generale.

Si riportano in allegato le variazioni apportate al piano dei conti (Allegato 1).

(Fonte: INPS)

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