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L’INL, con Nota n. 606 del 15 aprile 2021, ha fornito un parere in merito alla tracciabilità delle retribuzioni e la possibilità di applicare il cumulo giuridico (art. 8, L.n. 689/1981) al regime sanzionatorio (art.1, comma 913, L.n. 205/2017, nei casi di mancato versamento della retribuzione con strumenti tracciabili.

Come è noto, in base all’articolo 1, comma 913, della legge 205/2017, qualora il datore di lavoro o committente corrisponda le retribuzioni o eventuali acconti delle stesse in contanti, viene punito con una sanzione amministrativa con un importo da un minimo di 1.000 euro fino a 5.000 euro, per la quale, come già chiarito allo stesso INL con nota 5828/2018, non è ammessa l’adozione del provvedimento di diffida di cui all’articolo 13 del Dlgs 124/2004, dovendosi, invece, applicare le disposizioni stabilite dall’articolo 16 della L.n. 689/1981, con conseguente determinazione della sanzione nella misura ridotta di un terzo del massimo, e cioè 1.666,67 euro.

Rispetto alle modalità di calcolo della sanzione amministrativa, l’INL ha stabilito che occorre fare riferimento al numero di mensilità in cui si è verificata la violazione, indipendentemente dal numero di lavoratori coinvolti.

Appare, dunque, evidente l’impatto economico rilevante che può tale sanzione possa avere sul datore di lavoro/committente.

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Di seguito il testo della nota n. 606/2021 sulla tracciabilità delle retribuzioni e applicabilità del cumulo giuridico delle sanzioni.

Si riscontra la richiesta di parere relativa all’oggetto, concernente la possibilità di applicare l’istituto del cumulo giuridico ex art. 8 della L. n. 689/1981 al regime sanzionatorio previsto all’art. 1, comma 913, della L. n. 205/2017 nei casi di mancata corresponsione della retribuzione con strumenti tracciabili, indicati al comma 910 della medesima disposizione.

Al riguardo, acquisito il parere dell’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è espresso con nota prot. n. 2872 del 9 aprile u.s., si rappresenta quanto segue.

In merito alle concrete modalità operative di contestazione dell’illecito, la Scrivente è intervenuta con precedenti pareri – nota prot. n. 5828 e nota n. 9294 del 2018 rispettivamente del 4 luglio e del 9 novembre 2018 – in cui si è affermato che l’illecito si perfeziona “ogniqualvolta venga corrisposta la retribuzione in violazione del comma 910 dell’art. 1 L. n. 205/2017, secondo la periodicità di erogazione che, di norma, avviene mensilmente” (senza che sia garantita cioè la tracciabilità, ndr).

Si è anche osservato che la formulazione normativa sembra consentire – nell’applicazione della sanzione – il riferimento alla “totalità dei lavoratori in forza presso il singolo datore di lavoro con la conseguenza che la sua applicazione prescinde dal numero di lavoratori interessati dalla violazione”. Alla luce di tale ricostruzione, codesto Ufficio chiede se sia possibile ricondurre in via prioritaria la fattispecie all’istituto del concorso formale di illeciti di cui all’art. 8, comma 1, della L. n. 689/1981; secondariamente, nei casi di contestazione anche della c.d. maxisanzione, attese le ricadute previdenziali della violazione, chiede di valutare la possibile applicazione dell’art. 8, comma 2.

In via generale l’art. 8, comma 1, estende alle sanzioni amministrative il sistema del cumulo giuridico già tipizzato in sede penale. Pertanto, se a fronte della stessa azione od omissione vengano violate più volte la stessa norma incriminatrice (concorso omogeneo) o norme diverse (concorso eterogeneo), l’autore degli illeciti è sanzionato con la pena prevista per la violazione più grave, incrementata fino al triplo.

Tale disciplina non è però applicabile nei “casi di plurime violazioni commesse con altrettante condotte” (Cass. sent. n. 26434/2014; n. 5252/2011; n. 12974/2008; n. 12844/2008) e, nel caso di violazione della disposizione in esame, posta in essere per più mensilità, non può non riconoscersi la sussistenza di una pluralità di violazioni, indipendentemente dalla circostanza che l’illecito si riferisca ad uno o più lavoratori.

Quanto alla applicazione dell’art. 8, comma 2, della L. n. 689/1981, trattandosi di corresponsione della retribuzione in contanti, l’illecito in questione si perfeziona a prescindere da eventuali violazioni di previdenza e assistenza obbligatoria e, pertanto, risulterebbe comunque estraneo a detta materia anche nella ipotesi in cui sia stata contestata la violazione amministrativa dell’impiego di lavoratori “in nero” con conseguente applicazione della maxisanzione.

In definitiva non risulta invocabile, per le ipotesi sanzionatorie in esame, l’art. 8, comma 1, in quanto le condotte non sarebbero riconducibili ad una configurazione unitaria; al contempo, gli obblighi di cui ai commi 910 e ss. e le relative sanzioni appaiono di per sé estranei alla materia previdenziale e assistenziale cosicché ad essi non risulta applicabile neanche l’istituto di cui all’art. 8, comma 2.

Né può ritenersi applicabile, in via analogica, la normativa dettata dall’art. 81 c.p., in tema di continuazione tra reati, sia perché l’art. 8 della L. n. 689/1981 prevede, come detto, espressamente tale possibilità soltanto per le violazioni in materia di previdenza e assistenza (con conseguente evidenza dell’intento del legislatore di non estendere la disciplina del cumulo giuridico agli altri illeciti amministrativi), sia perché la differenza morfologica tra illecito penale ed illecito amministrativo non consente che, attraverso un procedimento di integrazione analogica, le norme di favore previste in materia penale vengano tout court estese alla materia degli illeciti amministrativi.

(Fonte: INL)

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