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La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 12554 del 2018, ha stabilito che la società non può chiedere sgravi contributivi per assunzione di lavoratori a tempo indeterminato se ne ha già goduto per assumere gli stessi a tempo determinato (dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore del 23.5.2018).

Vediamo insieme i fatti di causa di cui alla sentenza 12554/2018.

La Corte di appello di Perugia, con sentenza del 28 aprile 2011, ha accolto il gravame proposto dalla S.p.A. …  e, in riforma della sentenza impugnata, ha riconosciuto il diritto della predetta società agli sgravi contributivi per l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori iscritte nelle liste di mobilità (ex art. 25, comma 9, L.n. 223/1991), pur trattandosi dei medesimi lavoratori, riassunti a distanza di tempo, in quanto iscritti alle liste di mobilità, per i quali la società aveva già beneficiato degli sgravi per l’assunzione a tempo determinato di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità (ex art. 8, comma 2, L.n. 223 cit.).

Per la Corte di merito si trattava di sgravi autonomi gli uni dagli altri e la sequenza temporale, con l’avvicendamento dei rapporti lavorativi a termine e l’assunzione, a tempo indeterminato, dalle liste di mobilità, dei medesimi lavoratori, andava sussunta nelle due distinte previsioni normative conseguendone il diritto al cumulo dei benefici previsti dalle citate disposizioni.

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A tanto la Corte perveniva con i seguenti argomenti: le improvvise contingenze del mercato, alla scadenza dei rapporti a tempo determinato, ben potevano fondare l’esigenza di uno stabile incremento del numero degli occupati, favorendo il reimpiego del personale in mobilità; la società avrebbe comunque fruito di trenta mesi complessivi di sgravio contributivo se, conclusi i rapporti a termine, avesse assunto, a tempo indeterminato, altro personale in mobilità, in luogo di quei lavoratori reiscritti alle liste di disoccupazione alla cessazione del rapporto lavorativo a termine; non vi erano ragioni ostative alla fruizione, in tempi successivi, dei due benefici, in difetto, peraltro, di prova di un concerto fraudolento fra la società e i dipendenti reiscritti alla mobilità al termine del primo rapporto lavorativo.

Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione l’INPS che veniva accolto dalla Corte Suprema con il principio di diritto sopra enunciato.

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