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Il Ministero del Lavoro, con interpello n. 1 del 2018, ha risposto ad un quesito avanzato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro affermando che: “le imprese alimentari artigiane possono stipulare contratti di lavoro intermittente ai sensi del punto 5 della tabella allegata al Regio Decreto n. 2657/1923 solo se operano nel settore dei “pubblici esercizi in genere””.

Nello specifico il quesito avanzato dal Consiglio concerneva  la corretta interpretazione della disciplina sul lavoro intermittente in particolare nei confronti di camerieri, personale di servizio e cucina presso le attività di ristorazione non operanti nel settore dei pubblici esercizi, bensì in quello delle imprese alimentari artigiane, quali pizzerie al taglio, rosticcerie, ecc.

Ecco cosa si legge nell’Interpello n. 1/2018.

In via preliminare, si sottolinea che nella tabella allegata al Regio Decreto n. 2657 del 1923 sono declinate le ipotesi in cui risulta ammissibile la stipulazione di contratti di lavoro intermittente, in assenza dei requisiti soggettivi ovvero oggettivi individuati dall’articolo 13 del citato d.lgs. n. 81 del 2015.

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In particolare, al punto n. 5 vengono individuate le prestazioni svolte da: “camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere, carrozze letto, carrozze ristoranti e piroscafi, a meno che nelle particolarità del caso, a giudizio dell’Ispettorato dell’industria e del lavoro, manchino gli estremi di cui all’art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955.”.

Tale terminologia evidenzia che è possibile stipulare un contratto di lavoro intermittente qualora ricorrano le due condizioni indicate al citato punto 5: una di tipo soggettivo e una di tipo oggettivo. In tal senso è necessario che i lavoratori siano impiegati come camerieri o personale di servizio e di cucina e che l’attività sia resa nelle strutture espressamente richiamate.

Con riferimento al quesito posto dall’interpellante, si ritiene che il tenore letterale utilizzato al punto 5 in esame non consente di estendere la nozione di “esercizi pubblici in genere” anche alle imprese artigiane alimentari non operanti nel settore dei pubblici esercizi.

Al riguardo, appare utile ricordare che il settore dei pubblici esercizi, insieme ai settori del turismo e dello spettacolo, gode della specifica deroga al limite delle 400 giornate prevista all’articolo 13, comma 3, del d.lgs. n. 81 del 2015. In proposito, questa Amministrazione nell’interpello n. 26 del 7 novembre 2014 aveva già chiarito che tale deroga è rivolta sia ai datori di lavoro iscritti alla Camera di commercio con il codice attività ATECO 2007 – corrispondente ai citati settori produttivi – sia ai datori di lavoro che, pur non rientrando nel Codice ATECO dei settori in questione, svolgano attività proprie del turismo, pubblici esercizi e spettacolo applicando i relativi contratti collettivi.

Alla luce di quanto sopra riportato, le imprese alimentari artigiane possono stipulare contratti di lavoro intermittente ai sensi del punto 5 della tabella allegata al Regio Decreto n. 2657/1923 solo se operano nel settore dei “pubblici esercizi in genere”, tenuto anche conto dei criteri di individuazione già richiamati nel citato interpello n. 26 del 2014.

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