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Polizze obbligatorie, l’avvocato è responsabile anche per i collaboratori: 

Relativamente alle polizze obbligatorie, l’avvocato è responsabile nei confronti dei clienti non solo per i suoi errori professionali ma anche per quelli commessi dai suoi collaboratori interni allo studio ma anche esterni come i domiciliatari.

Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta con lo speciale pubblicato oggi (8.1.2018) dal Sole 24 Ore (firma: F. Martini; Titolo: “L’avvocato «paga» per i collaboratori”) che di seguito riportiamo.

Le polizze obbligatorie da novembre devono coprire anche gli atti di dipendenti e sostituti

L’avvocato risponde nei confronti del cliente non solo degli errori professionali commessi direttamente, ma anche di quelli che derivano da atti dei suoi collaboratori. E la regola vale sia per i collaboratori interni allo studio professionale, sia per i domiciliatari esterni.
Gli atti dei collaboratori
Il professionista, come prevede l’articolo 2232 del Codice civile, anche se «deve eseguire personalmente l’incarico assunto», può tuttavia appoggiarsi a «sostituti e ausiliari» che restano però sotto la sua «direzione e responsabilità». E la giurisprudenza, in modo coerente, è costante nell’affermare che risponde anche per colpa lieve il professionista che, nell’eseguire la propria prestazione, provochi un danno per imprudenza o negligenza, compresa l’ipotesi in cui l’imperizia o la negligenza siano attribuibili ad ausiliari – come collaboratori o praticanti – di cui il professionista si avvalga sotto la propria direzione e responsabilità (Tribunale di Bologna, sentenza del 3 maggio 2016).
L’avvocato titolare del mandato professionale non può essere assolto neanche nel caso in cui la colpa dell’accaduto sia totalmente ascrivibile al collaboratore; lo ha affermato la Cassazione che, con la sentenza 15895 del 7 luglio 2009, ha chiarito come l’avvocato, che non deposita il ricorso per cassazione nel termine, sia responsabile nei confronti del cliente del danno patito per il passaggio in giudicato della sentenza a lui sfavorevole; non rileva che il deposito sia avvenuto in ritardo solo per colpa del professionista o se sussista, eventualmente, anche la responsabilità di collaboratori o terzi di cui il professionista si sia avvalso per svolgere l’incarico.
L’assicurazione
È per queste ragioni che le polizze assicurative per la responsabilità professionale stipulate dagli avvocati devono coprire anche la «responsabilità civile derivante da fatti colposi o dolosi di collaboratori, praticanti, dipendenti, sostituti processuali», dei quali rispondono nei confronti dei clienti. Lo prevede il decreto del ministero della Giustizia del 22 settembre 2016, che ha dato attuazione alle disposizioni sull’assicurazione professionale introdotte dalla legge 247/2012.
L’obbligo di stipulare l’assicurazione professionale per i danni che l’attività può causare ai clienti e ai terzi è scattato per gli avvocati dal 10 novembre 2017.
La responsabilità
Ma fino a che punto si estende la responsabilità dell’avvocato? Il legale svolge una professione intellettuale assumendo su di sé una obbligazione di mezzi (da intendere come la messa a disposizione della propria scienza giuridica) finalizzata a fornire al cliente la massima tutela possibile nella difesa dei diritti e nell’esercizio dei rapporti sociali e personali.
L’avvocato deve rendere conto al cliente di avere svolto gli obblighi professionali in modo diligente, tanto sul piano procedurale, quanto su quello strettamente qualitativo.
La responsabilità professionale dell’avvocato poggia su due pilastri che devono sempre comporre gli elementi di indagine del giudice chiamato a valutare l’eventuale danno subito dal cliente: da un lato, l’errore in sé e, dall’altro, la sua incidenza causale sul danno subito dal cliente, inteso come perdita di un diritto o di un beneficio che altrimenti avrebbe potuto conseguire.
Così, nelle decisioni dei giudici, si legge che l’avvocato tacciato di un errore professionale da parte del cliente viene assolto se non vengono provate le conseguenze del suo errore, «non potendo il professionista garantire l’esito comunque favorevole del giudizio» (Cassazione, sentenza 25894 del 15 dicembre 2016). Se invece alla prova di un errore tecnico commesso dall’avvocato si accompagna la prova del pregiudizio per il cliente provocato dall’errore, l’avvocato è tenuto a risarcire il danno pari al valore del bene perso o del privilegio reso inservibile.

LE INDICAZIONI DELLA GIURISPRUDENZA 

1 IL MANCATO DEPOSITO DEL RICORSO PER CASSAZIONE
L’avvocato che non deposita il ricorso per cassazione nel termine previsto dall’articolo 369 del Codice di procedura civile è responsabile nei confronti del cliente del danno da questi patito in conseguenza del passaggio in giudicato della sentenza a lui sfavorevole, a nulla rilevando che la tardività del deposito sia ascrivibile a sua colpa esclusiva o se sussista, eventualmente, anche la responsabilità di collaboratori o terzi di cui il professionista si sia avvalso per svolgere l’incarico ricevuto.
Cassazione, sentenza 15895 del 7 luglio 2009
2 IL DOMICILIATARIO NON SI PRESENTA IN UDIENZA
L’avvocato (dominus) che si affida a un altro collega risponde di fronte al cliente anche dell’operato di quest’ultimo, così come risponde al domiciliatario del fondo spese. Ciò perché il sostituto, nell’eseguire la delega intervenendo nel processo in forza di essa e senza aver ricevuto direttamente alcun mandato dal cliente del sostituito, opera solo quale longa manus del dominus e l’attività processuale che svolge è riconducibile solo all’esercizio professionale del sostituito ed è come se fosse svolta da quest’ultimo. Nel caso concreto, il giudice ha riconosciuto la responsabilità dell’avvocato convenuto per sua negligenza professionale, consistita nel non presentarsi alla prima udienza né a quella successivamente fissata in base all’articolo 348 del Codice di procedura civile, senza che potesse rilevare la circostanza che si era avvalso, per svolgere l’incarico ricevuto, dell’opera di un avvocato domiciliatario.
Tribunale di Rimini, sentenza 240 del 15 febbraio 2016
3 NEGLIGENZA O IMPERIZIA DEL COLLABORATORE
Risponde anche per colpa lieve il professionista che, nell’eseguire la propria prestazione, provochi un danno per imprudenza o negligenza, compresa, in base all’articolo 2232 del Codice civile, l’ipotesi in cui l’imperizia o la negligenza siano attribuibili agli ausiliari (come collaboratori e praticanti) dei quali il professionista si avvalga sotto la propria direzione e responsabilità.
Tribunale di Bologna, sentenza del 3 maggio 2016
4 POSSIBILE APPOGGIARSI AI COLLABORATORI
Anche se il contratto tra cliente e avvocato è “intuitu personae”, il professionista, salvo espresso divieto contenuto nel mandato, può comunque legittimamente avvalersi – com’è d’altronde prassi – di fidati ausiliari o collaboratori di studio che lo coadiuvino nell’espletare l’incarico, permanendo in capo al titolare della pratica la direzione e la responsabilità della stessa.
Tribunale di Treviso, sentenza
del 27 ottobre 2015

5 LE INFORMAZIONI AL CLIENTE VANNO PROVATE
Nell’adempiere l’incarico professionale, l’obbligo di diligenza impone all’avvocato di assolvere, sia al momento del conferimento del mandato che durante il rapporto, (anche) ai doveri di sollecitazione, dissuasione e informazione del cliente. In particolare, il legale deve spiegare al cliente tutte le questioni di fatto e di diritto che ostano al raggiungimento del risultato, o che comunque potrebbero produrre effetti dannosi; deve chiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; deve sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole. Ed è l’avvocato stesso a dovere fornire la prova della condotta mantenuta; non basta, a questo fine, il rilascio da parte del cliente delle procure per l’esercizio dello “jus postulandi”, perché non dimostrano la compiuta informazione al cliente su tutte le circostanze indispensabili per decidere in modo consapevole se sia opportuno o meno iniziare un processo o intervenire in giudizio.
Cassazione, ordinanza 21173 del 13 settembre 2017
6 IL NESSO CAUSALE TRA L’ERRORE E IL DANNO
L’eccezione di inadempimento, prevista dall’articolo 1460 del Codice civile, può essere opposta dal cliente all’avvocato che abbia violato l’obbligo di diligenza professionale, purché la negligenza sia idonea a incidere sugli interessi del cliente. Questo perché il professionista non può garantire l’esito comunque favorevole del giudizio e perché è contrario a buona fede l’esercizio del potere di autotutela ove la negligenza nell’attività difensiva, secondo un giudizio probabilistico, non abbia pregiudicato la “chance” di vittoria.
Cassazione, sentenza 25894 del 15 dicembre 2016

FOCUS

Niente copertura per gli infortuni

Addio alla polizza per gli infortuni degli avvocati. A cancellare l’obbligo di stipularla – scattato il 10 novembre 2017 – è stato il decreto fiscale (Dl 148/2017), in vigore dal 6 dicembre. Il decreto non tocca invece l’obbligo per gli avvocati di assicurarsi contro gli infortuni che accadano a collaboratori, dipendenti e praticanti svolgendo la professione, anche fuori dallo studio e anche come sostituti o collaboratori esterni occasionali.

Ma l’assicurazione può farsi risarcire dall’ausiliario

L’articolo 1 del decreto del ministero della Giustizia del 22 settembre 2016, che ha dato attuazione alle disposizioni sull’assicurazione professionale obbligatoria per gli avvocati introdotte dalla legge 247/2012, prevede che, tra l’altro, le polizze coprano la «responsabilità civile derivante da fatti colposi o dolosi di collaboratori, praticanti, dipendenti, sostituti processuali».
L’obbligo assicurativo per il titolare del mandato professionale e dello studio di coprire anche il rischio conseguente alla prestazione svolta da suoi collaboratori o dipendenti costituisce una garanzia a favore del terzo danneggiato. Attenzione però: il collaboratore dell’avvocato appare esposto all’azione di rivalsa o di regresso dell’impresa di assicurazione che ha risarcito il danno al cliente, ogni volta che l’errore sia attribuibile in tutto o in parte al collaboratore libero professionista.
È questo il profilo delicato dell’obbligo di garanzia dell’avvocato per gli errori dei collaboratori. L’avvocato titolare dello studio (eventualmente insieme ai partner, negli studi associati) è l’unico responsabile per gli atti dei collaboratori; ma la copertura obbligatoria non si estende alla responsabilità professionale personale dei collaboratori, i quali dunque potrebbero rimanere esposti all’azione di recupero del danno pagato, se in tutto o in parte a loro colpevolmente riferibile.
Ciò a maggior ragione se si considera che le polizze professionali normalmente prevedono che l’assicurato sia coperto sempre, anche se la sua responsabilità concorre con quella degli altri. A prevederlo è, del resto, lo stesso decreto ministeriale del 22 settembre 2016, che, all’articolo 1, comma 10, stabilisce: «In caso di responsabilità solidale dell’avvocato con altri soggetti, assicurati e non, l’assicurazione deve prevedere la copertura della responsabilità dell’avvocato per l’intero, salvo il diritto di regresso nei confronti dei condebitori solidali».
Una formula che va intesa nel senso che i collaboratori strutturati del titolare dello studio siano sprovvisti di una propria copertura personale inclusa nel contratto assicurativo del “dominus” e che per tale ragione avranno un analogo onere di assicurarsi tanto per l’attività in proprio esercitata, quanto per l’eventuale azione di regresso che la stessa impresa di assicurazione del titolare del mandato potrebbe esercitare nei loro confronti, una volta accertato il loro grado di partecipazione causale al danno generato al cliente.
Per escludere quest’ultimo profilo di rischio occorre che la polizza espressamente preveda, oltre all’indicazione nominativa delle persone che collaborano con il professionista assicurato, anche una clausola con la quale l’impresa di assicurazione rinuncia alla futura rivalsa verso il collaboratore responsabile, che abbia agito nel solo interesse del titolare del mandato e della polizza.

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