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Comportamento antisindacale in caso di trattenute sulla retribuzione per sciopero:

Viene considerato comportamento antisindacale quello del datore di lavoro che, in caso adesione allo sciopero dei suoi dipendenti, effettua una doppia trattenuta di retribuzione: una costituita dalla normale retribuzione per le ore non lavorate (come previsto per legge), l’altra costituita da ulteriori otto ore di retribuzione relative al lavoro flessibile previsto da un accordo sindacale (quest’ultima considerata come comportamento antisindacale dalla Corte Suprema, sentenza 30422 del 2017.

A parlarci di tale vicenda è un articolo pubblicato oggi (20.12.2017) dal Sole 24 Ore (Firma: Angelo Zambelli; Titolo: “E’ antisindacale anche solo l’effetto deterrente”) che di seguito riportiamo.

Un’azienda, in aggiunta alla mancata retribuzione per le ore non lavorate, ha trattenuto otto ore di retribuzione ai dipendenti che hanno aderito a uno sciopero indetto nel giorno in cui erano state richieste otto ore di lavoro flessibile previsto con accordo aziendale.
È il caso di precisare, preliminarmente, che non è dato comprendere dalla lettura della parte motivata della sentenza 30422/2017 di Cassazione, se la trattenuta operata dal datore (poi oggetto di conguaglio tre mesi dopo) fosse o meno prevista dall’accordo sindacale quale sanzione per la mancata prestazione delle ore di lavoro flessibile e se vi sia stata, quindi, una erronea interpretazione del dato contrattuale, come sostenuto dalla società ricorrente.
Nel ritenere persistente e, quindi, illegittima la condotta della società, la Corte territoriale ha affermato che, in base all’articolo 28 della legge 300/1970 «il solo esaurirsi della singola azione lesiva del datore di lavoro non può precludere l’ordine del giudice di cessazione del comportamento illegittimo ove questo, alla stregua di una valutazione globale non limitata ai singoli episodi, risulti tuttora persistente e idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue».
Il giudice di appello, secondo la Cassazione, avrebbe correttamente considerato sussistente, in capo ai lavoratori, «l’effetto psicologico di deterrenza rispetto alla ripetizione di condotte analoghe a quella posta in essere (sciopero nella giornata di sabato) e sanzionata dalla società (mediante trattenute sulla retribuzione) e comunque di una situazione di incertezza circa il regime applicabile al blocco della flessibilità».
Tale decisione, secondo la Cassazione, va esente da censure anche sotto il profilo della completezza della motivazione, essendo sufficiente «il richiamo all’effetto deterrente della denunciata condotta datoriale rispetto all’adesione dei lavoratori ad altre eventuali iniziative congeneri e al rilievo per il quale un tale effetto di dissuasione non poteva dirsi escluso dalla possibilità di ottenere coattivamente il pagamento di quanto spettante, né, a fortiori, dal conguaglio operato a fine anno».
La società ricorrente ha, infine, sostenuto che la carenza dell’intento lesivo delle prerogative sindacali dovesse essere tenuta in considerazione ai fini della esclusione della natura antisindacale della condotta. Sul punto la Cassazione ha richiamato l’orientamento ormai univoco (sezioni unite 5295/1997) secondo cui, per configurare una condotta antisindacale, non è necessario uno specifico intento lesivo dovendo il giudice accertare «l’obiettiva idoneità della condotta denunciata a produrre l’effetto che la disposizione citata intende impedire, ossia la lesione della libertà sindacale e del diritto di sciopero».

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