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Collaborazioni etero-organizzate le novità del Jobs Act

Il Jobs Act ha introdotto novità circa le collaborazioni etero-organizzate entrate in vigore dallo scorso 1° gennaio e consistono, sostanzialmente nell’applicazione del trattamento economico, previdenziale, normativo e contrattuali del rapporto di lavoro subordinato (v. art. 2 del Decreto Legislativo n. 81 del 2015). È pertanto necessario comprendere quando le collaborazioni etero-organizzate possono essere considerate autonome o, in caso contrario, quando scatta l’equiparazione con il lavoro subordinato.

A chiarirci le idee sull’argomento collaborazioni etero-organizzate è l’articolo pubblicato oggi (29.2.2016) dal Sole 24 Ore (Pagina a cura di Temistocle Bussino; Titolo: “Triplo esame sulle collaborazioni”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Dal 1° gennaio 2016 alle collaborazioni organizzate dal committente si applica l’identico trattamento retributivo, previdenziale, normativo e contrattuale di un rapporto di lavoro subordinato (articolo 2 del Dlgs 81/2015). È importante dunque capire quando una collaborazione è considerata una prestazione di lavoro autonomo e quando invece può scattare l’equiparazione al lavoro subordinato.

La circolare del ministero del Lavoro 3/2016 – che chiama queste collaborazioni «etero-organizzate» – precisa che, affinché questo avvenga, devono verificarsi simultaneamente tre condizioni:

che le prestazioni del collaboratore siano esclusivamente personali;

che siano continuative;

che abbiano modalità di esecuzione predisposte dal committente anche per tempi e luogo di lavoro.

La prima condizione è che la prestazione sia personale: il collaboratore non può essere una società di qualunque tipo, né, pur essendo una persona fisica, può farsi sostituire da altri; può però essere un piccolo imprenditore individuale. Nelle collaborazioni coordinate e continuative richiamate all’articolo 409 comma 3 del Codice di procedura civile, il criterio della personalità della prestazione risulta molto meno stringente. In questo caso, la prestazione è soltanto prevalentemente personale (invece che esclusivamente personale), e il collaboratore si può avvalere di beni strumentali e dell’aiuto di suoi collaboratori.

La seconda condizione è che la prestazione sia continuativa: in mancanza di una quantificazione, la più comune interpretazione è che la prestazione si svolga con una frequenza tale da far desumere sia l’interesse durevole del committente, sia l’impegno costante del collaboratore. L’impegno del collaboratore per una singola opera non può essere considerata una prestazione continuativa.

La terza condizione è che la prestazione sia organizzata anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. Per i tempi, quando il committente è l’unico soggetto che decide la cadenza delle prestazioni, non c’è alcun dubbio che la condizione sia verificata in senso favorevole alla disciplina della subordinazione. Nel caso in cui il collaboratore decida invece da solo ovvero concordi con il committente le clausole dell’orario, o ancora abbia il diritto di dare o negare il consenso sull’orario stabilito dal committente, non c’è alcun dubbio che il rapporto non possa essere trattato come subordinato.

Ci sono però casi più articolati e di incerta valutazione. Ad esempio, il collaboratore può scegliere di lavorare dalle 8 alle 10 di mattina o dalle 11 alle 13, di giovedì o di sabato nell’orario stabilito dal committente: in queste ipotesi, pur in presenza di un diritto di scelta del lavoratore, si potrebbe rintracciare una prevalenza più o meno marcata degli interessi del committente. Al contrario, se il collaboratore è chiamato a svolgere e a fornire la prestazione a una data precisata ma entro una certa scadenza, in coincidenza ad esempio con un adempimento contabile, allora è ragionevole pensare che l’autonomia del lavoratore resti salvaguardata e va esclusa l’equiparazione alla subordinazione.

Sul luogo di lavoro , vale la regola per cui soltanto se questo è stato imposto dal committente la collaborazione è disciplinata come rapporto subordinato. Se, al contrario, il luogo è stato concordato con il lavoratore o lui stesso lo ha scelto, allora la collaborazione non può qualificarsi come organizzata dal committente. Una simile negativa conclusione si ha nei casi in cui, come può avvenire per un intervento su un programma di software, le prestazioni sono svolte in parte presso il committente e in parte presso il collaboratore.

Infine, tutte e tre le condizioni richieste devono verificarsi insieme. Così, può essere sufficiente che il collaboratore si faccia aiutare o sostituire da un terzo, o che la prestazione sia sporadica o infine che lo stesso collaboratore abbia concordato il luogo o i tempi di lavoro, a impedire l’equiparazione della collaborazione a un rapporto subordinato, anche se le altre due condizioni sono verificate.

GLI ESEMPI: 

IL COCOPRO CHE SCADE A MARZO 
Un’azienda impiega un collaboratore a progetto con un contratto iniziato nel febbraio 2015 che scade il 31 marzo 2016. Deve tenere conto della presenza delle modalità etero-organizzative?
La circolare 3/2016 chiarisce che i contratti a progetto stipulati prima del 25 giugno 2015 mantengono validità fino alla scadenza. Dal 1° gennaio 2016, però, sia per le collaborazioni a progetto stipulate prima del 25 giugno 2015, sia per le collaborazioni non a progetto stipulate dopo, se le modalità di esecuzione, oltre che personali e continuative, sono etero-organizzate, dovrà applicarsi la disciplina del lavoro subordinato
L’ADDETTO A UN CALL CENTER
L’attività di un collaboratore impiegato in un call center rientra tra le tipologie di collaborazione elencate nel Dlgs 81/2015 che sfuggono alla presunzione di subordinazione?
Le colleborazioni regolamentate da contratti collettivi sono escluse dagli effetti della etero-organizzazione. Se il lavoratore, però, è soggetto al potere gerarchico, anche questi rapporti devono essere riqualificati come lavoro subordinato. Per la sentenza della Cassazione 66/2015, l’attività di addetto a call center, con un orario lavorativo e una retribuzione fissa mensile, ha gli elementi indiziari dell’esistenza di un contratto di lavoro subordinato
IL GIOVANE ARCHITETTO
Un architetto usa stabilmente nel proprio studio tre giovani professionisti titolari di partita Iva, fornendo loro le istruzioni su come operare. La loro attività si deve ritenere etero-diretta o etero-organizzata?
Se il professionista segue nei dettagli il lavoro dei giovani aiutanti probabilmente questi sono tenuti a eseguire con precisione le indicazioni a loro impartite negli orari di orario di lavoro decisi dal professionista e senza spazi di autonomia. È un caso tipico di esercizio del potere direttivo su soggetti che, nonostante il grado di professionalità e la partita Iva, sono dipendenti al servizio di altri, a maggior ragione se con un compenso fisso mensile
L’ESPERTO CONTABILE CON IL SECONDO LAVORO
Come va valutata la posizione di un esperto contabile che, occupato come dipendente part-time in un’azienda la mattina, per due pomeriggi alla settimana, a sua scelta, collabora con un’altra azienda ?
L’esperto contabile che svolge il secondo lavoro presso un’azienda due pomeriggi alla settimana è un classico collaboratore coordinato e continuativo , al quale non si estende il trattamento da dipendente, anche se ci si trova davanti a una prestazione personale e continuativa. È decisivo, in questo caso, che l’orario di lavoro non sia imposto dal committente ma sia concordato con il collaboratore
LE DEROGHE 
La disciplina della subordinazione non si applica:
alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali prevedono discipline ad hoc per il settore (come i call center o le scuole private);
alle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioniper le quali serve l’iscrizione agli albi;
alle attività dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e da partecipanti a collegi e commissioni;
alle collaborazioni con associazioni e società sportive dilettantistiche
ai rapporti di collaborazione dei produttori diretti e degli intermediari assicurativi

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