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Efficacia e impugnativa dell’atto di certificazione:

Sempre in tema di efficacia e impugnativa dell’atto di certificazione dei contratti di lavoro, occorre evidenziare che in caso di contrasto tra le parti sulla efficacia giuridica dell’atto, le parti devono obbligatoriamente presentare un tentativo di conciliazione innanzi alla medesima commissione di certificazione che ha adottato l’atto stesso.

Questo l’ultimo argomento sull’approfondimento in tema di certificazione, pubblicato oggi (21.9.2015) dal Sole 24 Ore (pagina a cura di Alberto Bosco e Joseph Tscholl; Titolo: “Contratti “blindati” fino al verdetto del giudice”).

Ecco l’articolo.

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L’atto di certificazione (come prevede l’articolo 78 del Dlgs 276/2003) deve non solo essere motivato e contenere il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere, ma anche fare esplicita menzione degli effetti, civili, amministrativi, previdenziali o fiscali, in relazione ai quali le parti richiedono la certificazione. E ancora: i contratti di lavoro certificati, e i relativi documenti, devono essere conservati presso le commissioni per almeno 5 anni dalla loro scadenza. Infine, una copia del contratto certificato può essere richiesta dal Cpi o dalle altre autorità pubbliche nei confronti delle quali l’atto di certificazione è destinato a produrre effetti.

Nel caso dei contratti di lavoro in corso di esecuzione, gli effetti dell’accertamento dell’organo di certificazione si producono al momento di inizio del contratto, ove la commissione abbia appurato che la sua attuazione è stata, anche nel periodo precedente alla propria attività istruttoria, coerente con quanto appurato in tale sede.

Invece, nel caso di contratti non ancora sottoscritti dalle parti, gli effetti si producono solo ove e nel momento in cui esse provvedono a sottoscriverli, con le eventuali integrazioni e modifiche che siano eventualmente state suggerite dalla commissione adita.

Quanto all’efficacia giuridica della certificazione, fatti salvi i provvedimenti cautelari, gli effetti dell’accertamento dell’organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili contro tale atto, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 80 del Dlgs 276/2003.

Va poi evidenziato che, chiunque intenda presentare un ricorso giurisdizionale contro la certificazione al tribunale in funzione di giudice del lavoro, deve previamente rivolgersi obbligatoriamente alla medesima commissione di certificazione che ha adottato l’atto di certificazione per espletare un tentativo di conciliazione in base all’articolo 410 del Codice di procedura civile: tale norma, tra l’altro, dispone che la comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i 20 giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.

Dopo che sia stato infruttuosamente esperito il tentativo di conciliazione, è possibile che non solo una delle parti, ma anche uno dei terzi nella cui sfera giuridica l’atto è destinato a produrre effetti, faccia ricorso al giudice del lavoro o al tribunale amministrativo regionale.

Ebbene, il ricorso al tribunale in funzione di giudice del lavoro è possibile nei seguenti casi:

erronea qualificazione del contratto;

difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione;

vizi del consenso.

L’accertamento giurisdizionale dell’erroneità della qualificazione ha effetto fin dal momento della conclusione dell’accordo contrattuale, mentre quello circa la difformità tra il programma negoziale e quello che è stato effettivamente realizzato ha effetto a partire dal momento in cui la sentenza accerta che ha avuto inizio la difformità stessa (il comportamento delle parti in sede di certificazione e di tentativo di conciliazione viene poi valutato dal giudice ai fini delle spese e del risarcimento dei danni). Dopo l’abrogazione del lavoro a progetto (articoli 61 e 69-bis, Dlgs 276/2003) da parte dell’articolo 52 del Dlgs 81/2015 sarà da verificare cosa vada inteso per attuazione del programma negoziale.

Infine, davanti al Tar nella cui giurisdizione ha sede la commissione che ha certificato il contratto, può essere presentato ricorso contro l’atto certificatorio per violazione del procedimento o per eccesso di potere.

L’articolo 30, comma 2, della legge 183/2010 dispone che nella qualificazione del contratto di lavoro e nell’interpretazione delle relative clausole il giudice non può discostarsi dalle valutazioni delle parti, espresse in sede di certificazione dei contratti di lavoro, salvo il caso di erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso o di difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione.

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