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Decreto Attuativo Jobs Act su licenziamento discriminatorio:

Lo scorso 25 dicembre 2014 il Governo ha presentato il primo schema di decreto attuativo riferito alla legge delega sul Jobs Act. Nello specifico si tratta di uno schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della L.n. 183/2014.

Come si legge nell’articolo 1, per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo è disciplinato dalle disposizioni in esso contenute. Nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all’entrata in vigore del suddetto decreto, integri il requisito occupazionale di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della L.n. 300/1970, il licenziamento dei lavoratori, anche se assunti precedentemente tale data, è disciplinato dalle disposizioni del suddetto decreto. Per quanto concerne il caso di licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale, l’art. 2 prevede quanto segue:

Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio ovvero riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto. A seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.

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Con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l’inefficacia, stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative.

In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto.

Il datore di lavoro è condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al comma 2, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell’indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.

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