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Risarcimento militari contaminati uranio

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con una serie di ordinanze depositate in data 6 maggio 2014 ha stabilito che dei risarcimenti richiesti dai militari contaminati dall’uranio impoverito durante le missioni di pace in Bosnia Erzegovina e Kosovo si occuperà il TAR di Roma e non il Tribunale ordinario come al principio richiesto dai militari ricorrenti.

Il ragionamento seguito dalle Sezioni Unite si basa sul presupposto che poichè il danno lamentato dai militari è lavoro-correlato la giurisdizione non può che essere quella del TAR in ragione del rapporto di pubblico impiego.

I militari ricorrenti hanno convenuto in giudizio il Ministero della Difesa per sentirlo condannare al risarcimento dei danni alla salute dovuti, come sopra si è detto, dalla loro esposizione continuativa all’uranio impoverito e ad altre sostanze altamente tossiche e nocive per la salute durante le missioni sopra citate.

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In particolare i militari lamentavano il fatto che il Ministero della Difesa (e/o l’Esercito Italiano) non hanno applicato nei loro confronti tutte le tutele necessarie a garantire la salvaguardia della loro salute visto che erano costantemente in contatto con l’uranio impoverito (prodotto di scarto derivante dal procedimento di arricchimento dell’uranio con alto peso specifico e capacità di perforazione e contenuto nelle munizioni e con il quali la Nato aveva pesantemente bombardato dal 1995 al 1999 i suddetti paesi)

Si ricorda che è dal 2001 che si parla della c.d. “Sindrome dei Balcani” termine coniato per il numero tristemente alto (poco meno di 4000) di militari che si sono ammalati di cancro (e di questi circa 300 purtroppo deceduti) al rientro dalle missioni di pace da tali paesi (Bosnia Erzegovina e Kosovo).

Sarà quindi il TAR del Lazio (Roma) ad occuparsi delle questioni legate alla valutaizone del comportamento (colposo e negligente) del Ministero della Difesa nei confronti dei soldati e a stabilire l’eventuale risarcimento.

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