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 I medici italiani lavorano troppo: UE pronta a sanzionare l’Italia

Secondo l’Unione Europea negli ospedali italiani non vengono rispettate le direttive comunitarie sugli orari di lavoro dei medici. Infatti i turni, che sulla carta dovrebbero essere di 48 ore settimanali, in realtà arrivano spesso a 60 o 70. Per tale motivo quindi la Commissione Europea ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per aver disapplicato le normative esistenti in materia. In particolare la Commissione fa riferimento alla “Direttiva sull’orario di lavoro ai medici che lavorano nel servizio sanitario pubblico“. Tale situazione ovviamente porta a rischi sia per i pazienti che per gli stessi medici, costretti questi ultimi a dover sopportare turni estenuanti e stressati altresì dalla preoccupazione di eventuali cause di risarcimento in caso di errori.

La normativa italiana, secondo l’Unione Europea, toglie ai medici il diritto ad un limite nell’orario lavorativo settimanale e al minimo dei periodi di riposo giornalieri essendo costretti a condizioni di lavoro estremamente difficili. Gli esperti della Commissione hanno infatti appurato che la normativa italiana non garantisce loro il diritto al periodo minimo di riposo durante la settimana lavorativa.

La situazione, dallo studio effettuato dalla Commissione, era già stata evidenziata in un parere motivato nel quale si evinceva che “In Italia diversi diritti fondamentali contenuti nella direttiva sull’orario di lavoro, come il limite di 48 ore stabilito per l’orario lavorativo settimanale medio e il diritto a periodi minimi giornalieri di riposo di 11 ore consecutive, non si applicano ai dirigenti operanti nel servizio sanitario nazionale. Invece la direttiva non consente agli Stati membri di escludere i dirigenti o le altre persone aventi potere di decisione autonomo dal godimento di tali diritti“.

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La direttiva europea sull’orario di lavoro dei medici stabilisce che, per motivi di salute e sicurezza, le prestazioni siano contenute in un massimo di 48 ore la sttimana, compresi gli straordinari. Il personale medico ha inoltre il diritto ad usufruire di un minimo di 11 ore ininterrotte di riposo al giorno e di un ulteriore riposo settimanale ininterrotto di 24 ore. È previsto però un minimo di flessibilità che permette di differire i periori minimi di riposo per giustificati motivi, ma solamente a condizione che al lavoratore sia consentito di recuperare subito dopo le ore di riposo di cui non ha usufruito.

Tale direttiva viene applicata a tutti i medici assunti presso le strutture con contratto di lavoro subordinato. Invece per i medici in formazione la limitazione dell’orario di lavoro è stata gradualmente introdotta in base a speciali norme durante l’arco di tempo 2000/2009. Invece dal 1° agosto 2009, il limite delle 48 ore viene applicato anche ai dottori in formazione. Considerando poi che i periodi minimi di risposo si applicavano anche a questa categoria di lavoratori operanti presso tutti gli altri Stati membri già dal 1° agosto 2004. Ma anche in questo caso l’Italia ha completamente ignorato tali norme.

I medici in funzione presso il Servizio sanitario pubblico italiano, ha affermato la Commissione, sono di fatto classificati come dirigenti senza però godere dei diritti o dell’autonomia durate il loro orario di lavoro, che caratterizzano proprio le figure dirigenziali. La Commissione ha inoltre evidenziato che “la normativa italiana contiene altre disposizioni e regole che escludono i lavoratori del Servizio sanitario nazionale dal diritto di riposo giornaliero e settimanale minimo“. La Commissione quindi, dopo aver ricevuto diverse denunce, ha inviato all’Italia un “parere motivato” in cui le veniva chiesto di adottare tutte le misure necessarie affinchè la legislazione nazionale ottemperasse alle direttive comunitarie. Il nostro Paese però, fino ad oggi, non ha dato seguito alle indicazioni della Commissione e così quest’ultima è stata costretta a deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione Europea per non avere applicato correttamente le disposizioni comunitarie sull’orario di lavoro dei medici che lavorano nel Servizio sanitario pubblico.

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