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 Contratto a termine acausale con durata fino a 12 mesi

La Riforma Fornero, allo scopo di agevolare le esigenze di flessibilità dei datori di lavoro, ha introdotto per il solo primo rapporto di lavoro a tempo determinato, di durata non superiore a 12 mesi, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore ed un lavoratore, per lo svolgimento di qualsiasi tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nel caso di prima missione di un lavoratore nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato (ex art. 20, comma 4, del D.L.vo n. 276/2003), la dispensa dall’obbligo di indicare le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo, anche se riconducibili alla ordinaria attività del datore di lavoro.

L’indicazione delle ragioni, inoltre, non è necessaria in ogni altra ipotesi individuata dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale secondo le novità introdotte dal D.L. n. 76/2013.

Al riguardo la Circolare del Ministero del Lavoro del 22.4.2013, prot. n. 37/0007258, avente ad oggetto “vademecum Riforma Lavoro”, ha avuto modo di chiarire sul punto che se tra il datore di lavoro e quello specifico lavoratore sono già intercorsi, nel passato, altri rapporti di rapporto di lavoro subordinato (ad esempio un precedente contratto di lavoro a tempo determinato, indeterminato ovvero intermittente), il contratto “acausale” non potrà essere stipulato, mentre invece sarà consentito qualora nel passato fossero esistiti tra i medesimi soggetti rapporto di lavoro di natura autonoma.

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Sempre la medesima Circolare, inoltre, ha ribadito – in merito alla possibilità di proroga del primo contratto a termine “acausale” – che esso “non può avere una durata superiore a dodici mesi e laddove venga stipulato per un periodo inferiore, lo stesso non è prorogabile, nè tantomeno risulta possibile stiplare un nuovo contratto a termine acausale per il restante periodo fino al raggiungimento dei dodici mesi. Ad esempio, se il primo rapporto a termine acausale ha una durata di 3 mesi, in caso di successiva assunzione a tempo determinato del medesimo lavoratore risulta necessario indicare le ragioni che giustificano l’apposizione del termine ossia quelle integranti il c.d. causalone“.

Successivamente, il D.L. n. 76/2013 ha soppresso il comma 2-bis dell’art. 4 del D.L.vo n. 368/2001 (a suo tempo inserito dalla L.n. 92/2012 il cui testo era: “d) all’articolo 4, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: «2-bis. Il contratto a tempo determinato di cui all’articolo 1, comma 1-bis, non può essere oggetto di proroga»). Pertanto il testo definitivo dell’art. 4 del D.L.vo n. 368/2001 e succ.mod., è il seguente: “Art. 4 (Disciplina della proroga). – 1. Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni. 2. L’onere della prova relativa all’obiettiva esistenza delle ragioni che giustificano l’eventuale proroga del termine stesso è a carico del datore di lavoro. 2-bis. (abrogato)“.

Inoltre la modifica ultimamente introdotto dalla L.n. 99/2013 di conversione con modifiche del D.L. n. 76/2013, la durata massima di 12 mesi del contratto a termine acausale previsto dalla legge (art. 1, comma 1-bis, lett. a) del D.L.vo n. 368/2001) include anche l’eventuale proroga.

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