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Dopo le nuove restrizioni del D.P.C.M. 24 ottobre 2020, il Consiglio dei Ministri ha approvato il c.d. Decreto Ristori che prevede nuove misure per sostenere economicamente aziende e lavoratori e per fronteggiare l’emergenza sanitaria.

Per quel che qui interessa la bozza del Decreto Ristori relativamente ai Nuovi trattamenti di Cassa integrazione ordinaria, Assegno ordinario e Cassa integrazione in deroga. Disposizioni in materia di licenziamento. Esonero dal versamento dei contributi previdenziali per aziende che non richiedono trattamenti di cassa integrazione)(Art. 13), prevede quanto segue:

  1. I datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 possono presentare domanda di concessione dei trattamenti di Cassa integrazione ordinaria, Assegno ordinario e Cassa integrazione in deroga

per una durata massima di sei settimane, secondo le modalità previste al comma 2. Le sei settimane devono essere collocate nel periodo ricompreso tra il 16 novembre 2020 e il 31 gennaio 2021.

Con riferimento a tale periodo, le predette sei settimane costituiscono la durata massima che può essere richiesta con causale COVID-19.

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I periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 15 novembre 2020 sono imputati, ove autorizzati, alle sei settimane del presente comma.

  1. Le sei settimane di trattamenti di cui al comma 1 sono riconosciute ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato l’ulteriore periodo di nove settimane, decorso il periodo autorizzato, nonché ai datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dai provvedimenti che dispongono la chiusura o la limitazione delle attività economiche e produttive al fine di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19.

I datori di lavoro che presentano domanda per periodi di integrazione relativi alle sei settimane di cui al comma 1 versano un contributo addizionale determinato sulla base del raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre del 2019, pari:

a) al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al venti per cento;

b) al 18% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.

3. Il contributo addizionale non è dovuto dai datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al venti per cento, dai datori di lavoro che hanno avviato l’attività di impresa successivamente al primo gennaio 2019, e dai datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dai provvedimenti che dispongono la chiusura o la limitazione delle attività di cui al comma 2.

4. Ai fini dell’accesso alle sei settimane di cui al comma 1, il datore di lavoro deve presentare all’Inps domanda di concessione, nella quale autocertifica, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445, la sussistenza dell’eventuale riduzione del fatturato di cui al comma 2.

L’Inps autorizza i trattamenti di cui al presente articolo e, sulla base della autocertificazione allegata alla domanda, individua l’aliquota del contributo addizionale che il datore di lavoro è tenuto a versare a partire dal periodo di paga successivo al provvedimento di concessione dell’integrazione salariale. In mancanza di autocertificazione, si applica l’aliquota del 18% di cui al comma 2, lettera b).

Sono comunque disposte le necessarie verifiche relative alla sussistenza dei requisiti richiesti e autocertificati per l’accesso ai trattamenti di integrazione salariale di cui al presente articolo, ai fini delle quali l’Inps e l’Agenzia delle Entrate sono autorizzati a scambiarsi i dati.

  1. Le domande di accesso ai trattamenti di cui al presente articolo devono essere inoltrate all’Inps, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione, il termine di decadenza di cui al presente comma è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto.
  2. In caso di pagamento diretto delle prestazioni di cui al presente articolo da parte dell’Inps, il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione.

In sede di prima applicazione, i termini di cui al presente comma sono spostati al trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto, se tale ultima data è posteriore a quella di cui al primo periodo. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.

  1. I Fondi di cui all’articolo 27 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, garantiscono l’erogazione dell’assegno ordinario di cui al comma 1 con le medesime modalità di cui al presente articolo.

Disposizioni in materia di licenziamento

8. Fino al 31 gennaio 2021 resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto.

9. Fino alla stessa data di cui al comma 8, resta, altresì, preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.

10. Le preclusioni e le sospensioni di cui ai commi 8 e 9 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile, o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, a detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22.

Sono altresì esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.

  1. Il trattamento di cui al comma 1 è concesso nel limite massimo di spesa pari a 2.725,3 milioni di euro, ripartito in 1.936,1 milioni di euro per i trattamenti di Cassa integrazione ordinaria e Assegno ordinario e in 789,2 milioni di euro per i trattamenti di Cassa integrazione in deroga L’INPS provvede al monitoraggio del limite di spesa di cui al presente comma. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che è stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.
  2. All’onere derivante dai commi 7 e 11, pari a 543,6 milioni di euro per l’anno 2020 e a 2.781,7 milioni di euro per l’anno 2021 in termini di saldo netto da finanziare e a 2.049,6 milioni di euro per l’anno 2021 in termini di indebitamento netto e fabbisogno delle amministrazioni pubbliche si provvede a valere sull’importo di cui all’articolo 1.

Esonero dal versamento dei contributi previdenziali per aziende che non richiedono trattamenti di cassa integrazione

13. In via eccezionale, al fine di fronteggiare l’emergenza da Covid-19, ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, che non richiedono i trattamenti di cui al comma 1, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico di cui all’articolo 3, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, per un ulteriore periodo massimo di quattro settimane, fruibili entro il 31 gennaio 2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nel mese di giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, riparametrato e applicato su base mensile.

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