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L’INPS, con la Circolare n. 124 del 2019, ha fornito istruzioni circa la prescrizione della contribuzione dovuta dai datori di lavoro in forza di quanto disposto dall’articolo 5, comma 4, della legge n. 223/91 tenuto conto dell’orientamento espresso dalla giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione.

Ecco quanto si legge nella circolare 124/2019.

  1. Premessa

 Con il Messaggio n. 99 del 2017 l’Istituto ha dato conto degli effetti applicativi dell’articolo 2, comma 71, della legge 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni, che ha disposto, a far tempo dal 1° gennaio 2017, l’abrogazione del trattamento di indennità di mobilità ordinaria [1].

La medesima legge n. 92/2012 ha inoltre abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2017, la possibilità di iscrizione nelle liste di mobilità.

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A decorrere dalla stessa data sono state altresì espressamente abrogate le disposizioni che prevedevano incentivi per l’assunzione dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità.

In conseguenza dell’abrogazione dei trattamenti sopra richiamati è cessato, dal 1° gennaio 2017, l’obbligo di versamento del contributo ordinario di mobilità (pari allo 0,30% della retribuzione imponibile, ai sensi dell’art. 16, comma 2, lett. a), della legge n. 223/91) e del contributo d’ingresso alla mobilità (di cui all’art. 5, comma 4, della legge n. 223/91).

Come già precisato nel messaggio sopra richiamato, resta fermo che le aziende che abbiano avviato una procedura di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223/91 ed abbiano effettuato licenziamenti entro il 30 dicembre 2016 sono comunque soggette al versamento sia dell’anticipazione che del contributo d’ingresso alla mobilità.

Laddove, invece, i licenziamenti dei lavoratori siano intervenuti a far tempo dal 31 dicembre 2016, i datori di lavoro non sono più tenuti al pagamento del contributo d’ingresso, di cui all’articolo 5, comma 4, della legge n. 223/91, stante l’abrogazione di tale disposizione dal 1° gennaio 2017 [2].

  1. Somme dovute ai sensi dell’articolo 5, comma 4, della legge n. 223/1991

 L’articolo 5, comma 4, della legge 23 luglio 1991, n. 223, dispone che “per ciascun lavoratore posto in mobilità l’impresa è tenuta a versare alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore. Tale somma è ridotta alla metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all’articolo 4, comma 9, abbia formato oggetto di accordo sindacale” [3].

Sul punto, il decreto ministeriale 17 febbraio 1993, n. 142, all’articolo 4, rubricato ”Modalità per la riscossione delle somme dovute dalle imprese”, ha precisato che ”agli effetti del versamento delle somme di cui all’art. 5, commi 4 e 6, della legge 23 luglio 1991, n. 223, le imprese devono presentare all’INPS, su apposito modulo predisposto dall’Istituto medesimo, la documentazione atta ad individuare i lavoratori collocati in mobilità, le somme dovute, la forma di pagamento rateale o in un’unica soluzione. Il versamento in un’unica soluzione o della prima rata delle somme di cui all’art. 5, commi 4 e 6, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è effettuato entro la scadenza della denuncia contributiva di competenza del mese in cui l’impresa ha comunicato il recesso ai lavoratori posti in mobilità. Le rate successive sono corrisposte con la periodicità prevista per la presentazione delle denunce contributive […]. Il pagamento delle somme di cui all’art. 5, commi 4 e 6, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è eseguito in un’unica soluzione nel caso di cessazione o sospensione dell’attività dell’impresa. Qualora la cessazione o la sospensione di attività intervenga nel corso della rateazione, devono essere saldate in un’unica soluzione le rate residue. Il pagamento rateale di cui all’art. 5, commi 4 e 6, della legge 23 luglio 1991, n. 223, non comporta aggravio di interessi”.

In merito alla corretta applicazione delle disposizioni relative all’obbligo contributivo da ultimo richiamato, si ritiene utile dar conto di quanto statuito dalla Corte di Cassazione in tre recenti sentenze in materia di prescrizione del suddetto contributo.

Con le sentenze n. 30699 del 21 dicembre 2017, n. 672 del 12 gennaio 2018 e n. 28605 dell’8 novembre 2018, la Corte di legittimità ha infatti ritenuto che gli oneri previsti dall’articolo 5, comma 4, della legge n. 223/1991 hanno natura contributiva, con conseguente applicazione del termine quinquennale di prescrizione di cui all’articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335.

  1. La prescrizione

 Alla luce di tale indirizzo della Corte di Cassazione, che giudica estinto il diritto di credito dell’Istituto per prescrizione quinquennale ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 335/1995, in assenza di idonei atti interruttivi dell’Istituto, si rendono necessarie alcune precisazioni in merito all’esatta individuazione del dies a quo dal quale decorre il termine di prescrizione [4].

Tale termine di prescrizione decorre dalla data di scadenza del versamento del contributo dovuto.

Le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 4, della legge n. 223/1991, lette in combinato disposto con quelle del decreto ministeriale n. 142/1993, prevedono che il versamento del contributo possa avvenire in un’unica soluzione o in trenta rate mensili [5].

Il versamento in un’unica soluzione o della prima rata delle somme di cui all’articolo 5, comma 4, della legge n. 223/1991 deve essere effettuato entro la scadenza della denuncia contributiva di competenza del mese in cui l’impresa ha comunicato il recesso ai lavoratori posti in mobilità [6], essendo quindi ininfluenti le date effettive di cessazione del rapporto di lavoro.

Le successive rate dovranno essere versate secondo le scadenze delle successive denunce contributive [7].

ll dies a quo del termine di prescrizione deve essere quindi individuato secondo le disposizioni da ultimo richiamate.

In particolare, nel caso in cui il datore di lavoro abbia comunicato all’Istituto la volontà di avvalersi del pagamento rateale [8], per la corretta determinazione della decorrenza del termine di prescrizione si evidenzia che l’obbligo contributivo determinato dall’articolo 5, comma 4, della legge n. 223/1991, costituisce un’obbligazione unica, essendo la divisione in rate solo una modalità per agevolarne l’adempimento.

Le singole rate, quindi, non costituiscono autonome e distinte obbligazioni, ma adempimento frazionato di un’unica obbligazione.

Nel caso di specie, infatti, all’unicità della causa debendi non può che corrispondere l’unitarietà dell’obbligo contributivo, diversamente da altre obbligazioni previdenziali che hanno scadenze periodiche, ove le singole scadenze determinano il termine di adempimento delle singole obbligazioni previdenziali, che quindi sono da ritenersi autonome in quanto scaturenti da causae debendi autonome e indipendenti le une dalle altre (ad esempio, le retribuzioni).

Conseguentemente, essendo il beneficio del pagamento rateale solo una modalità prevista per agevolare l’adempimento del datore di lavoro, che non comporta il frazionamento dell’obbligazione contributiva di cui all’articolo 5, comma 4, della legge n. 223/1991, in tante autonome obbligazioni, la prescrizione decorre dalla scadenza dell’ultima rata, considerato che prima di tale scadenza l’Istituto non può legittimamente pretendere il pagamento né attivare il recupero coattivo del credito tramite l’Agente della Riscossione.

Infine, è necessario precisare che nel caso in cui il debitore abbia dolosamente occultato l’esistenza del debito, la decorrenza del termine di prescrizione è sospesa, ai sensi dell’articolo 2941 del codice civile, finché il dolo non sia stato scoperto.

La fattispecie da ultimo richiamata potrebbe verificarsi nel caso in cui la dichiarazione [9] rilasciata dal datore di lavoro all’Inps non sia veritiera riguardo all’esatto ammontare del contributo dovuto o circa l’avvenuto pagamento dell’acconto.

  1. Adempimenti a cura delle Strutture territoriali

 In considerazione di quanto esposto, è necessario che le Strutture territoriali effettuino una complessiva ricognizione dei crediti dell’Istituto per omissione, totale o parziale, della contribuzione dovuta ai sensi dell’articolo 5, comma 4, della legge n. 223/1991, per poi procedere alla verifica della tempestiva e puntuale interruzione dei termini di prescrizione ed a porre in essere tutti gli ulteriori adempimenti necessari alla miglior tutela del credito.

Di contro, i crediti caduti in prescrizione devono, secondo le consuete disposizioni di prassi, essere abbandonati.

Al riguardo, si rinvia alle indicazioni fornite in materia di procedimento di autotutela (tra le quali, si ricordano le circolari n. 146/2006, n. 132/2011 e n. 29/2013) e a quanto chiarito con i messaggi n. 3913 del 29 settembre 2016 e n. 3609 del 20 settembre 2017, in materia di esercizio del potere di autotutela dell’Istituto relativa a crediti oggetto di avvisi di addebito divenuti inoppugnabili.

Infine, per i crediti oggetto di contenzioso giudiziario, le Strutture territoriali si raccorderanno con la competente Avvocatura dell’Istituto.

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[1] In materia, si rinvia alla circolare n. 2/2013.

[2] In relazione a detti licenziamenti, le aziende sono tenute al versamento del contributo di cui all’articolo 2, comma 31, della legge n. 92/2012. A tale riguardo, per le modifiche normative di cui all’articolo 1, comma 137, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018), si rinvia al messaggio n. 594 dell’8 febbraio 2018.

[3] successivi commi dell’articolo 5 dispongono quanto segue:

5. L’impresa che, secondo le procedure determinate dalla  Commissione regionale  per  l’impiego,  procuri  offerte  di   lavoro   a   tempo indeterminato aventi le caratteristiche di cui all’articolo  9  comma 1, lettera b), non  è  tenuta  al  pagamento  delle  rimanenti  rate relativamente ai lavoratori che perdano il diritto al trattamento  di mobilità in conseguenza del rifiuto di tali offerte ovvero per tutto il periodo in cui essi accettando le offerte procurate dalla  impresa abbiano prestato lavoro.

“6. Qualora il lavoratore venga messo in mobilità dopo la fine del dodicesimo mese successivo a quello di emanazione del decreto di cui all’articolo 2, comma 1, e la fine del dodicesimo mese successivo a quello del completamento del programma di cui all’articolo 1, comma 2, nell’unità produttiva in cui il lavoratore era occupato la somma che l’impresa è tenuta a versare la somma 4 del presente articolo è aumentata di cinque punti percentuali per ogni periodo di trenta giorni intercorrente tra l’inizio del tredicesimo mese e la  data  di completamento del programma. Nel medesimo caso non trova applicazione quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 2 della legge 8 agosto 1972, n. 464”.

[4 ]Quanto al termine di prescrizione, ai sensi dell’articolo 3, commi 9 e 10, della legge n. 335/1995, lo stesso è quinquennale per i crediti contributivi venuti in essere dal 1° gennaio 1996 e per quelli maturati e scaduti in precedenza, sempre che non esistano atti interruttivi già compiuti o procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente e fatta salva l’esatta individuazione del termine di prescrizione dei contributi in caso di cartella esattoriale o avviso di addebito non opposti.

[5] Il pagamento in un’unica soluzione è obbligatorio in caso di sospensione o cessazione dell’attività di impresa. Qualora la cessazione o la sospensione dell’attività intervenga nel corso della rateazione di cui all’articolo 5, comma 4, della legge n. 223/1991, devono essere saldate in unica soluzione le rate residue.

[6] L’Istituto ha infatti precisato con la circolare n. 238/1994 che l’obbligo di versamento della prima rata o dell’importo in unica soluzione coincide con la scadenza della denuncia contributiva di competenza del mese in cui l’impresa ha comunicato il recesso ai lavoratori posti in mobilità, essendo quindi ininfluenti le date effettive di cessazione del rapporto di lavoro.

[7] Deve essere tenuto in debito conto, ai fini qui in esame, quanto indicato con la circolare n. 101/1995 nel caso in cui le comunicazioni di recesso ai lavoratori abbiano successioni temporali diverse. In tale circolare è stato precisato che “nel rispetto di tali scadenze, saranno quindi incrementate le rate, tenendo conto, però, che la procedura di mobilità è unica. Il conteggio […] sarà quindi unico (con riferimento all’importo totale dovuto detratta la anticipazione versata) con scadenze ed importi di rate collegati alla data di anticipazione di licenziamento”. Conseguentemente, la rateazione può avere una durata superiore a trenta mesi in ragione delle diverse decorrenze della comunicazione di recesso ai lavoratori posti in mobilità.

[8] Le imprese interessate, conclusa la procedura di mobilità, nell’adempiere agli obblighi di cui all’articolo 4, comma 9, della legge n. 223/1991, trasmettono alla Struttura Inps competente una dichiarazione con la quale attestano, tra l’altro, l’importo complessivamente dovuto ai sensi dell’articolo 5, comma 4, della legge n. 223/1991, di aver versato l’anticipazione di cui all’articolo 4, comma 3, della legge n. 223/1991, e di volersi avvalere del pagamento rateale (cfr. al riguardo la circolare n. 238/1994).

[9] Cfr. la precedente nota 8 e le circolari n. 238/1994 e n. 101/1995 per l’esatto calcolo dell’importo dovuto.

(Fonte: INPS)

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