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La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 16144 del 2018, ha reso il seguente principio di diritto: “illegittimo il licenziamento che non sia contestuale alla comunicazione al sindacato indicando i criteri di scelta del licenziamento collettivo” (dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore del 20.6.2018).

Vediamo insieme i fatti di causa.

Con sentenza n. 8246 del 2015, la Corte d’Appello di Napoli ha respinto il reclamo proposto dalla … srl in liquidazione, confermando la sentenza del tribunale di Benevento che, in parziale riforma dell’ordinanza emessa a chiusura della fase sommaria, aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato alla sig.ra ….., all’esito della procedura di cui alla L. 223 del 1991, e condannando la società datoriale al pagamento di una indennità risarcitoria pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

La Corte territoriale ha sottolineato come la comunicazione alle OO.SS. di categoria e agli organismi amministrativi non fosse stata inoltrata contestualmente a quella di recesso e neppure entro il termine di sette giorni previsto dall’art. 4, comma 9, della legge n. 223 del 1991, come modificato dall’art. 1, comma 44, della legge n. 92/2012, bensì oltre due mesi dopo.

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Il rispetto della procedura stabilita dalla L.n. 223/1991 rispondeva all’esigenza di assicurare agli organi amministrativi e alle organizzazioni sindacali, nonché per il tramite di queste ai lavoratori, la possibilità di verificare la correttezza delle operazioni poste in essere dalla società.

A fronte della stringente sequenza temporale prevista dalla legge non fossero possibili sanatorie di sorta in caso di inadempimento essendo irrilevante la circostanza che il lavoratore fosse stato in grado di conoscere l’unicità del criterio di scelta attraverso la comunicazione di avvio della procedura.

Ad avviso della Corte territoriale nessun rilievo poteva attribuirsi alla cessazione dell’attività aziendale, non venendo meno, anche in questa ipotesi, le regole dettate dalla legge 223/1991, articolo 4, aventi la funzione di consentire il controllo sindacale sulla effettività della libera scelta effettuata dall’imprenditore e di verificare la correttezza delle operazioni.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società datrice di lavoro che veniva rigettato dalla Corte Suprema, con il principio di diritto sopra enunciato.

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