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La Corte Suprema di Cassazione, con la Sentenza 29753 del 2017, ha riconosciuto validità al licenziamento intimato via email sul presupposto che “il messaggio di posta elettronica, come la lettera cartacea, è idoneo a integrare i requisiti della forma prescritti dalla legge 604/1966”. Occorre tuttavia considerare gli eventuali rischi che questa forma di comunicazione presenta.

 Vediamo nel dettaglio il punto di vista della cassazione sui rischi del licenziamento via email con lo speciale pubblicato oggi (19.2.2018) dal Sole 24 Ore (Firma: V. Pomares e M. Floris; Titoli: “I rischi del licenziamento via email” e “Il provvedimento si può ratificare successivamente”) che di seguito riportiamo.

I rischi del licenziamento via email

Il licenziamento intimato al lavoratore via email è efficace perché il messaggio di posta elettronica – come la lettera cartacea – è idoneo a integrare i requisiti della forma scritta prescritti dalla legge 604/1966. È il principio affermato dalla Cassazione nella sentenza 29753 del 12 dicembre 2017, che dà un nuovo spunto al dibattito sul possibile utilizzo delle nuove tecnologie per comunicare al dipendente il licenziamento.

A parte la sussistenza della forma scritta, però, nelle ipotesi di licenziamento comunicato tramite sistemi telematici, ci sono altri elementi da considerare, che possono diventare oggetto di contenzioso. Il destinatario del messaggio elettronico potrebbe sollevare eccezioni, ad esempio, sull’assenza di sottoscrizione della comunicazione del licenziamento, sul difetto di legittimazione a procedere di chi ha inviato il messaggio o sull’arrivo del messaggio in un luogo che possa realmente qualificarsi come «indirizzo del destinatario», in base all’articolo 1335 del Codice civile*.

La controversia

Il caso sottoposto alla Cassazione riguardava l’idoneità di un licenziamento comunicato via email, al di fuori del circuito Pec e senza firma digitale, a costituire un atto scritto, con la sottoscrizione del datore di lavoro. Per la Corte, la comunicazione di licenziamento è efficace ogni volta che, con qualsiasi modalità e anche con mezzi diversi da quello cartaceo, comporti la trasmissione al destinatario del documento scritto nella sua materialità. In questo caso, prosegue la Corte, non solo la email costituiva un mezzo idoneo ma, a ulteriore riprova della avvenuta ricezione della stessa, il datore di lavoro aveva prodotto delle e-mail, inviate dal dipendente ai colleghi dopo la ricezione del recesso, in cui comunicava che non avrebbe più lavorato presso la società.

La provenienza della mail

La email e il messaggio di testo telefonico – al di là delle ipotesi in cui sia apposta la firma digitale, equiparata dalla legge alla firma autografa – sono prive di una firma intesa in senso tradizionale. Potrebbe quindi essere dubbia la effettiva provenienza del messaggio dal datore di lavoro. Secondo alcune decisioni (Tribunale Milano, sezione lavoro, sentenza 4010 del 5 ottobre 2010), la riferibilità al datore di lavoro, anche in assenza di sottoscrizione autografa, è integrata se la missiva reca comunque l’intestazione del datore mittente e la sottoscrizione dell’autore.

Secondo altri giudici, invece (Tribunale Roma, sezione lavoro, sentenza del 20 dicembre 2013), il messaggio di posta elettronica non può fornire certezza sulla provenienza o sull’identità dell’apparente sottoscrittore, essendo sufficiente un intervento sul programma di posta elettronica perché chi riceve il messaggio lo veda come se fosse inviato da un diverso indirizzo. Su questo punto, una recente pronuncia della Corte d’appello di Firenze (sezione lavoro, sentenza 629 del 5 luglio 2016) rilevava che la provenienza datoriale dell’sms con il quale era stato comunicato il licenziamento potesse essere provata anche tramite testimoni o presunzioni, che confermino la provenienza della comunicazione dall’apparente autore.

Il difetto di legittimazione

Altrettanto problematica è l’ipotesi in cui chi ha sottoscritto il messaggio non abbia il potere di licenziare. Secondo l’articolo 2702 del Codice civile** infatti, perché il licenziamento sia efficace è necessario che rechi la sottoscrizione del datore di lavoro o di un suo legale rappresentante con i poteri necessari. Secondo una recente e dibattuta pronuncia (Tribunale di Catania, sezione lavoro, sentenza del 27 giugno 2017), che ha per oggetto l’efficacia di un licenziamento intimato via whatsapp, il difetto di legittimazione del soggetto che ha intimato il licenziamento – sollevato dal lavoratore – non sussisteva, perché la società aveva ratificato o comunque confermato la volontà di recedere dal rapporto.

La presunzione della conoscenza

È importante, infine, verificare l’operatività della presunzione di conoscenza ex articolo 1335 del Codice civile – un atto unilaterale si presume conosciuto dal suo destinatario quando sia arrivato al suo indirizzo – perché il datore di lavoro possa avere la certezza della ricezione della comunicazione al lavoratore. In alcuni casi la casella di posta elettronica alla quale la comunicazione è stata inviata è stata ricondotta alla nozione di indirizzo prevista dall’articolo 1335 del Codice civile, perché strumento normalmente utilizzato per la trasmissione di comunicazioni di servizio.
Altre decisioni, invece, hanno ovviato al problema desumendo la prova della ricezione da fatti successivi alla comunicazione del provvedimento che dimostrino che lo stesso è entrato nella sfera di conoscenza del destinatario, o dalla impugnazione del lavoratore o dalla comunicazione a terzi dell’avvenuto licenziamento.

* Articolo 1335 Presunzione di conoscenza
La proposta, l’accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.
** Articolo 2702 Efficacia della scrittura privata
La scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta.

LE PRONUNCE 

1 NON È ESSENZIALE LA PROVENIENZA DA UNA PEC 

La comunicazione della risoluzione del rapporto tramite posta elettronica non certificata integra i requisiti di forma scritta richiesti dalla legge, anche in assenza di sottoscrizione autografa, se la missiva ha l’intestazione del datore mittente e, in calce, l’indicazione del funzionario autore. In ogni caso, si può ravvisare la piena equiparabilità della casella di posta elettronica alla quale la comunicazione è stata inviata – in quanto strumento normalmente utilizzato dalla ricorrente e dal datore per la trasmissione di comunicazioni di servizio – e la nozione di “indirizzo” prevista dall’articolo 1335 del Codice civile

Tribunale di Milano, sezione lavoro, sentenza 4010 del 5 ottobre 2010 

2 RILEVA LA TRASMISSIONE DEL TESTO SCRITTO

Il requisito della comunicazione per iscritto del licenziamento deve ritenersi assolto, in assenza della previsione di modalità specifiche, con qualunque modalità che comporti la trasmissione al destinatario del documento scritto nella sua materialità.

Corte di cassazione,  sezione lavoro, sentenza 29753 del 12 dicembre 2017

3 MITTENTE INCERTO CON INTERVENTO SUL PROGRAMMA 

A fronte di una disciplina sui licenziamenti che impone la forma scritta, e quindi la sottoscrizione del datore di lavoro, effettivamente il messaggio di posta elettronica (non certificato in base al Dlgs 82/2005) non può fornire alcuna certezza sulla provenienza o sull’identità dell’apparente sottoscrittore, essendo sufficiente intervenire sul programma di posta elettronica perché chi riceve il messaggio lo veda come se fosse inviato da un indirizzo diverso.

Tribunale di Roma, sezione lavoro, sentenza del 20 dicembre 2013

4 PER PROVARE IL MITTENTE SONO AMMESSI I TESTIMONI 

Sul presupposto che il messaggio sms possa essere assimilato al telegramma dettato per telefono, e che in concreto il lavoratore destinatario dello stesso messaggio dava per pacifica la provenienza da un’utenza telefonica aziendale (come è peraltro confermato dalla relativa impugnazione nei confronti dello stesso datore), bisogna fare riferimento ai principi affermati dalla Cassazione sul relativo requisito di forma. In particolare, la forma scritta richiesta per il licenziamento può essere integrata– in caso di contestazione – anche per mezzo di testimoni o presunzioni, perché sia provata l’effettiva provenienza del messaggio dall’apparente autore della dichiarazione

Corte d’appello di Firenze, sezione lavoro, sentenza 629 del 5 luglio 2016

5 LICENZIAMENTO, RATIFICA ANCHE RETROATTIVA 

La disciplina dettata dall’articolo 1399 del Codice civile – che prevede la possibilità di ratifica con effetto retroattivo del contratto concluso dal soggetto privo del potere di rappresentanza – è applicabile, in virtù dell’rticolo 1324 del Codice civile – anche a negozi unilaterali come il licenziamento. Pertanto, la dichiarazione di recesso proveniente da un organo della società datrice di lavoro che sia sprovvisto del potere di rappresentanza della medesima, può essere efficacemente ratificata dall’organo rappresentativo della società anche in sede di costituzione in giudizio per resistere all’impugnativa del licenziamento proposta dal lavoratore.

Tribunale di Catania, sezione lavoro, sentenza del 27 giugno 2017

 

Il provvedimento si può ratificare successivamente

Per evitare contestazioni del destinatario relative alle modalità di notifica del licenziamento, è possibile seguire alcune indicazioni di massima.

La sottoscrizione

Si può ovviare all’assenza di sottoscrizione autografa della comunicazione del licenziamento provando la riferibilità della comunicazione al datore di lavoro tramite elementi ulteriori contenuti nella missiva, che ne attestino chiaramente la provenienza.
Il requisito della forma scritta del licenziamento, pur richiedendo che il provvedimento rechi anche la sottoscrizione del mittente, è integrato anche se – in assenza di firma autografa – è possibile provare la riferibilità dello stesso al datore di lavoro, ad esempio nel caso in cui la comunicazione rechi l’intestazione del datore di lavoro o la firma dell’autore della comunicazione.
In ogni caso, nell’ipotesi di una comunicazione via email, si avrà maggiore certezza per le parti con l’invio della comunicazione via Pec o con l’apposizione della firma digitale.

La legittimazione

Per ovviare al difetto di legittimazione a procedere al licenziamento di chi ha inviato il messaggio, il provvedimento può essere ratificato da parte del soggetto munito dei poteri necessari anche successivamente alla comunicazione dello stesso. La giurisprudenza ritiene infatti che tale eccezione sia infondata se è confermata, anche successivamente alla comunicazione del licenziamento, la volontà del datore di lavoro di recedere dal rapporto, essendo possibile ratificare il difetto di legittimazione anche in sede di costituzione in giudizio per resistere all’impugnativa del licenziamento da parte del lavoratore.

La consegna a mano

Talvolta il datore di lavoro sceglie di consegnare a mano al dipendente la lettera di recesso. Il nostro ordinamento non prevede una simile modalità, essendo necessario che il licenziamento sia portato a conoscenza dell’interessato e soprattutto, che il datore di lavoro sia in condizione di dimostrare l’avvenuta ricezione della comunicazione. Per ottenere questo risultato il mezzo solitamente adoperato è la spedizione tramite raccomandata con ricevuta di ritorno.
La consegna del licenziamento a mani non è esente da rischi. La reazione più frequente del lavoratore è il rifiuto di trattenere copia della lettera e di firmare anche per sola ricevuta la copia che resta al datore. Una consegna con queste modalità è come se non avesse mai avuto luogo.
Se l’incontro avviene tra due sole persone, il datore non sarà in grado di dimostrare l’avvenuta consegna e il lavoratore potrà affermare di non aver ricevuto la comunicazione di recesso. La conseguenza è che il rapporto di lavoro continua.

La lettera deve essere consegnata alla presenza di un paio di possibili testimoni. E in ogni caso, è sempre opportuno che la lettera sia spedita anche per raccomandata alla residenza del lavoratore, che la l’obbligo di comunicare il suo indirizzo al datore e di informarlo nel caso ci siano cambiamenti.

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