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Va risarcito l’ex dipendente screditato da una campagna denigratoria posta in essere dalla banca ove lavorava, oppure o ha ragione quest’ultima ad esercitare il  proprio diritto di critica nei confronti delle presunte mancanze del prestatore? E la Corte Suprema, con ordinanza 2357 del 2018, risponde tra le righe alla domanda.

Vediamo come, con l’articolo pubblicato oggi (1.2.2018) dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore (Firma: G. Piagnerelli; Titolo: “La banca esercita il diritto di critica screditando un ex dipendente se con c’è fine persecutorio”) che di seguito riportiamo.

ll dipendente che viene screditato dal proprio istituto di credito da cui si è dimesso per accedere ad altra società ha diritto a ottenere il risarcimento del diritto patrimoniale e non patrimoniale o ha ragione la banca a esercitare un proprio diritto di critica nei confronti delle presunte mancanze del prestatore? La risposta tra le righe la Cassazione (ordinanza 2357 del 2018) la fornisce, pur non potendo entrate nel merito della vicenda. Certo è che la banca aveva messo in atto una vera e propria campagna denigratoria a carico dell’ex prestatore trasmessa a 3mila clienti e affissa nella bacheca di alcune filiali.

La vicenda – Per rendere meglio il senso della vicenda questo il contenuto della comunicazione: «Ritengo di far cosa gradita nel portare a vostra conoscenza che l’ex dipendente di questa Cassa, che sta girando in questi giorni per le vostre case per proporre prodotti di altro istituto, è il medesimo dipendente che come è ben noto, ha causato pesanti perdite alla nostra Cassa. Il risparmio è una cosa seria e va gestita con competenza e professionalità e pertanto è quanto mai opportuno affidarlo a persone altrettanto competenti e professionalmente preparate». Una lettera, quindi, dal tono decisamente forte e che se fosse analizzata nella sua assolutezza potrebbe avere anche dei risvolti penali a titolo di diffamazione. Il tutto però (come invece è avvenuto) se il dipendente non avesse ammesso alcune responsabilità (mancanze ed errori) commessi mentre lavorava nel precedente istituto di credito. Ora – secondo la Cassazione – perché possa operare la scriminante ex articolo 51 cp sarà necessario che la Corte d’appello si pronunci di nuovo tenendo presente il seguente principio di diritto ossia: «In tema di diritto di critica i presupposti per il legittimo esercizio della scriminante di cui all’articolo 51 del cp, con riferimento all’articolo 21 della Costituzione sono: a) l’interesse al racconto, ravvisabile anche quando non si tratti di interesse della generalità dei cittadini, ma di quello generale della categoria di soggetti ai quali in particolare, si indirizza la comunicazione; b) la correttezza formale e sostanziale dell’esposizione dei fatti, nel che propriamente si sostanzia la cosiddetta continenza, nel senso che l’informazione non deve assumere contenuto lesivo dell’immagine e del decoro; c) la corrispondenza tra la narrazione e i fatti realmente accaduti; d) l’esistenza concreta di un pubblico interesse alla divulgazione».

Conclusioni – Il giudice del rinvio dovrà accertare se le comunicazioni dirette a screditare un soggetto siano collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato del comportamento preso di mira e si risolvano o meno in un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del soggetto interessato, tenuto conto, nel bilancio dei valori, dell’interesse dei soggetti destinatari della comunicazione a conoscere i fatti denunciati.

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