Advertisement

Permesso retribuito per curare il cane concesso alla dipendente

L’Università di Roma “La Sapienza” ha riconosciuto ad una lavoratrice single il permesso retribuito di assentarsi dal lavoro per due giorni per assistere il cane malato, applicando per analogia la norma del CCNL dei dipendenti pubblici sul “grave motivo famigliare e personale”. Qualcuno storcerà il naso, ma chi ha un animale domestico in casa sarà ben lieto di veder riconosciuta l’equiparazione del cane o gatto a membro della famiglia con uguali diritti.

Ma vediamo nel dettaglio quanto accaduto, riportando di seguito l’articolo pubblicato ieri (12.10.2017) dal Sole 24 Ore (Firma: Guido Minciotti; Titolo: “Permesso retribuito per curare il cane”).

Ecco l’articolo.

Un permesso retribuito a norma di contratto collettivo dei dipendenti pubblici per «grave motivo famigliare e personale»: assistere il cane malato. È accaduto a Roma, dove una lavoratrice single dell’Università La Sapienza ha ottenuto di assentarsi dal lavoro per due giorni perché l’animale domestico necessitava di un intervento medico veterinario urgente e indifferibile alla laringe e poi andava accudito. A una prima richiesta della donna il datore di lavoro ha risposto, a voce, negativamente ma dopo il supporto tecnico-giuridico dell’ufficio legale della Lega antivivisezione e ricevuto anche il certificato del veterinario, le cose sono cambiate.

Le motivazioni alla base del parere positivo ricevuto dall’impiegata amministrativa sono che «la non cura di un animale di proprietà integra, secondo la Cassazione, il reato di maltrattamento degli animali previsto dal Codice penale all’art. 544-ter. Non solo. Vige il reato di abbandono di animale, come previsto dalla prima parte dell’articolo 727 del Codice penale», spiega una nota della Lav. È evidente, quindi, che non poter prestare, far prestare da un medico veterinario cure o accertamenti indifferibili all’animale, come in questo caso, rappresentava chiaramente un grave motivo personale e di famiglia, visto che la signora vive da sola e non aveva alternative per il trasporto e la necessaria assistenza al cane». Le sentenze di Cassazione citate sono la n. 21805 del 2007, III sez. penale e la n. 5979 del 2012, III sez. penale.

Soddisfazione degli animalisti: «D’ora in avanti, con le dovute certificazioni medico-veterinarie – ha detto il presidente Lav Gianluca Felicetti -, chi si troverà nella stessa situazione potrà citare questo importante precedente. Un altro significativo passo in avanti che prende atto di come gli animali non tenuti a fini di lucro o di produzione sono a tutti gli effetti componenti della famiglia», conclude.

 

Advertisement

Advertisement