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Attività stagionali e contratti a tempo determinato:

Con Interpello n. 15 del 2016 sulle attività stagionali e i contratti a tempo determinato, la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro ha risposto ad un quesito avanzato da ASSAREO – Associazione Nazionale Vettori e Operatori del Trasporto Aereo.

Al riguardo si legge quanto segue nell’Interpello n. 15/2016.

L’Associazione Nazionale Vettori e Operatori del trasporto aereo ha avanzato istanza di interpello al fine di conoscere il parere di questa Direzione generale in ordine alla corretta interpretazione delle disposizioni di cui agli artt. 19 e ss., D.Lgs. n. 81/2015 concernenti la disciplina del lavoro a tempo determinato.

In particolare, l’istante chiede chiarimenti in ordine all’art. 21, comma 2 nella parte in cui la norma sancisce la non applicazione del regime degli intervalli tra un contratto a tempo determinato e la stipulazione del successivo, nelle ipotesi in cui si tratti “di lavoratori impiegati nelle attività stagionali individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi”.

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L’interpellante pone, altresì, analoga questione con riferimento alle disposizioni di cui all’art. 19, comma 2 e 23, comma 2, laddove queste ultime stabiliscono rispettivamente la non applicazione del limite dei 36 mesi e dei limiti quantitativi di ricorso al contratto a tempo determinato nelle ipotesi di svolgimento di attività stagionali ex art. 21, comma 2.

Sul punto, l’interpellante pone l’ulteriore quesito inerente la non computabilità dei periodi di lavoro prestati per lo svolgimento delle attività stagionali ai fini della determinazione del limite di durata massima del termine di 36 mesi o dell’eventuale diverso termine già fissato dai contratti collettivi ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 5, comma 4 bis, del D.Lgs. n. 368/2001.

Infine, l’istante chiede se i limiti percentuali per l’attivazione dei contratti a termine ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 368/2001 possano sommarsi ai limiti percentuali previsti dall’art. 19, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015, fino all’abrogazione del citato articolo 2 prevista dall’art. 55 del Decreto n. 81 con decorrenza 1° gennaio 2017.

Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro e delle Relazioni Industriali e dell’Ufficio Legislativo, si rappresenta quanto segue.

Occorre premettere, in termini generali, come il D.Lgs. n. 81/2015, in coerenza con i principi della legge delega, ha provveduto a riformulare in un testo organico le discipline delle diverse tipologie contrattuali, confermando sostanzialmente le regole previgenti.

Con specifico riferimento alla disciplina del contratto a tempo determinato e al quesito posto va osservato che gli artt. 5, comma 3 e 4 ter, D.Lgs. n. 368, ai fini della individuazione delle attività stagionali, rinviavano al D.P.R. n. 1525/1963 nonché alle previsioni contenute nella contrattazione collettiva.

La diposizione di cui all’art. 5, comma 3, stabiliva infatti che risultavano esclusi dall’applicazione del regime degli intervalli i “lavoratori impiegati nelle attività stagionali di cui al comma 4-ter, nonché in relazione alle ipotesi individuate dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Il comma 4 ter, a sua volta, escludeva l’applicazione del limite massimo dei 36 mesi per i lavoratori a tempo determinato impiegati nell’ambito “delle attività stagionali, definite dal D.P.R. 1525/1963, e successive modifiche e integrazioni, nonché di quelle che saranno individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative”.

Si sottolinea altresì che, ai sensi della previgente disciplina di cui all’art. 10, comma 7, lett. b), del D.Lgs. n. 368/2001, risultavano esenti dai limiti quantitativi di utilizzo fissati dalla contrattazione collettiva le assunzioni a tempo determinato effettuate per ragioni di stagionalità, ivi comprese le attività già previste nell’elenco allegato al D.P.R. n. 1525/1963 e successive modificazioni.

In proposito questo Ministero, con circolare n. 18/2014, aveva peraltro chiarito che “…quanto alle ragioni di “stagionalità” che possono determinare l’esclusione dal computo del lavoratore a termine si evidenzia che – ferme restando le ipotesi già elencate nel D.P.R. n. 1525/1963 – ulteriori ipotesi possono essere rintracciate nell’ambito del contratto collettivo applicato, anche aziendale (il Legislatore rinvia infatti al citato D.P.R., ma non in via esclusiva)”.

Ciò premesso, a fronte dell’illustrato quadro regolatorio, si evidenzia come il Legislatore del 2015 abbia previsto, all’art. 21, comma 2, che il regime degli intervalli non trova applicazione “nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi”, salva l’applicazione delle disposizioni del D.P.R. n. 1525/1963 nelle more dell’adozione del decreto ministeriale.

La suddetta disposizione viene, inoltre, richiamata all’art. 19, comma 2, e 23, comma 2, al fine di individuare le ipotesi per le quali non operano rispettivamente il limite massimo dei 36 mesi nonché i limiti quantitativi di ricorso al contratto a termine.

Dal confronto delle disposizioni normative richiamate emerge come l’attuale quadro regolatorio continui a demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di prevedere altre ipotesi, ulteriori rispetto a quelle già indicate come stagionali dal D.P.R. n. 1525/1963 – da individuare a norma dell’emanando decreto ministeriale – per le quali non operano i limiti di cui all’art. 19 comma 2, 21 comma 2 e 23, comma 2.

In altri termini, il rinvio medio tempore al D.P.R. n. 1525/1963 avviene in “sostituzione” dell’emanando decreto ministeriale e non anche delle ulteriori ipotesi di esclusione individuate dalla contrattazione collettiva alla quale, così come in passato, è demandata la possibilità di “integrare” il quadro normativo.

Nell’ambito di tali ulteriori ipotesi si ritiene possibile annoverare, in ragione dell’ampio rinvio contenuto alla contrattazione collettiva, anche quelle attività già indicate come stagionali nei contratti collettivi stipulati sotto la vigenza del D.Lgs. n. 368/2001, in continuità con il previgente quadro normativo.

In risposta al secondo quesito posto, va altresì chiarito che in base alla formulazione letterale dell’art. 19, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015 appare corretto ritenere che i contratti a termine conclusi per lo svolgimento di attività stagionali costituiscano una eccezione al limite di durata massima stabilito ex lege o, in alternativa, dalla contrattazione collettiva. Ne consegue, quindi, che eventuali periodi di lavoro caratterizzati da stagionalità non concorrono alla determinazione del limite di durata massima di cui all’art. 19, comma 1, che opera invece per i contratti a termine stipulati per lo svolgimento di attività non aventi carattere stagionale.

Infine, con riferimento all’ultimo quesito posto, si ritiene che la disciplina contenuta nell’art. 2 del D.Lgs. n. 368/2001 introduca limiti percentuali ulteriori rispetto a quelli previsti in via generale, evidentemente giustificati dalla specificità del settore e dalle esigenze ad esso connesse; del resto in tal senso depone la stessa rubrica della disposizione (“Disciplina aggiuntiva per il trasporto aereo ed i servizi aereoportuali”).

Tale considerazione, va ribadita altresì nel contesto del Decreto 81/2015, laddove proprio la prevista abrogazione “differita” della norma speciale, conferma l’interpretazione secondo cui la stessa disciplina ipotesi aggiuntive rispetto a quelle regolate in via generale dall’art. 23, comma 1 del Decreto.

(Fonte: Ministero del Lavoro)

 

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