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Precari PA risarcimenti automatici per contratti illegittimi

La Corte Suprema, relativamente ai precari della Pubblica Amministrazione, ha stabilito risarcimenti automatici in caso di contratti a termine illegittimi con la sentenza n. 5072 del 2016 depositata il 15.3.2016 dalle Sezioni Unite Civili.

A parlarcene è l’articolo pubblicato oggi (16.3.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Gianni Trovati; Titolo: “Per i precari della PA rimborsi automatici sui contratti illegittimi”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

I lavoratori del pubblico impiego che hanno subito un contratto a tempo determinato illegittimo hanno diritto a un risarcimento “automatico”, di un valore che può oscillare da un minimo di 2,5 a un massimo di 12 mensilità a seconda dell’anzianità di servizio, del comportamento delle parti e degli altri criteri fissati dalle regole sul rapporto di lavoro. Questa forma di tutela è sufficiente a rispettare gli obblighi europei che impongono alle leggi nazionali di contrastare l’abuso del contratto a termine senza imporre la stabilizzazione del rapporto di lavoro, che nell’ordinamento italiano contrasta con il principio dell’accesso alla Pubblica amministrazione solo tramite concorso.

Le Sezioni unite della Cassazione risolvono così, nella sentenza 5072/2016 depositata ieri, l’intricata questione delle tutele per il pubblico impiego contro l’abuso dei contratti a termine. Lo sforzo interpretativo prodotto dai giudici serve a far dialogare le regole italiane, che impediscono la stabilizzazione tout court tipica del privato per il principio costituzionale del concorso come via ordinaria per accedere alla Pa, con quelle europee. Queste ultime, condensate nell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, impongono di prevenire gli abusi di contratti a tempo determinato, in termini di rinnovi senza «ragioni obiettive» oppure di sforamento della durata massima o del numero massimo delle proroghe.

Le normative italiane sul pubblico impiego, e qui sta il punto, rischierebbero di non reggere la prova Ue, e quindi potrebbero rivelarsi illegittime sul piano della Costituzione che impone di adeguare la disciplina «ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario» (articolo 117, comma 1). A chi è stato titolare di contratti a termine illegittimi, infatti, è aperta la strada del riconoscimento del danno, che non è rappresentato dalla mancata stabilizzazione ma prima di tutto dalla perdita di chance prodotta dalle altre occasioni di lavoro stabile che l’interessato non ha potuto cogliere perché impegnato nel rapporto precario con la Pa. Il compito di provare questo danno, però, spetta interamente sul lavoratore (articolo 2729 del Codice civile), e questo renderebbe troppo debole la tutela per rispettare i parametri della direttiva Ue.

Per superare il problema senza riportare il tutto sui tavoli della Corte costituzionale, le Sezioni unite individuano una «disciplina comunitariamente adeguata» nelle regole per il settore privato, e in particolare nella legge 183/2010 che all’articolo 32, comma 5, prevede l’indennità tra 2,5 e 12 mensilità «dell’ultima retribuzione globale di fatto» per indennizzare chi è incappato nei contratti a termine illegittimi. Nel mondo privato, che prevede anche la stabilizzazione del rapporto di lavoro, la regola serve a limitare i risarcimenti, mentre secondo la Cassazione la sua estensione alla Pa va letta «in chiave agevolativa», perché solleva il diretto interessato dall’onere della prova. A decidere di volta in volta dove collocare il risarcimento effettivo, tra il minimo di 2,5 mensilità e il massimo di 12, dovranno essere i parametri scritti nella legge 604/1966, che modulano l’indennizzo in base all’anzianità di servizio, alle condizioni concrete del caso e alla dimensione dell’organizzazione coinvolta.

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