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Benefit aziendali o premi produttività

La Legge di Stabilità 2016 ha introdotto, come è noto, la possibilità di ottenere benefit aziendali al posto dei premi produttività nell’ambito di welfare aziendale.

A parlarci della scelta tra benefit aziendali o premi produttività è l’articolo pubblicato oggi (26.2.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Marco Strafile; Titolo: “Una nuova leva di politica retributiva”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Una delle principali novità introdotte dalla legge di Stabilità 2016 in tema di welfare aziendale riguarda la possibilità di sostituire, a scelta del lavoratore, i premi di produttività e le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa (per i quali è previsto nei limiti di 2mila euro – o di 2.500 per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro – il beneficio di un’imposizione sostitutiva del 10%), con i benefit detassati di cui all’articolo 51, commi 2 e 3 ultimo periodo del Dpr 917/1986 (Tuir).

Un trade-off tra erogazioni in denaro (i premi e le partecipazioni agli utili) e compensi in natura agevolati che prima delle novità legislative (articolo 1, comma 184 della legge 208/2015) poneva molti dubbi agli operatori e che l’amministrazione finanziaria non riteneva percorribile stante il previgente assetto normativo sul reddito di lavoro dipendente.

Le nuove disposizioni consentiranno, unitamente alle altre introdotte in materia, una maggiore diffusione dei piani di welfare aziendale, potendo anche rappresentare una nuova leva di politica retributiva a disposizione delle aziende.

Tuttavia è bene ricordare come l’esercizio della facoltà di scambio possa realizzarsi solo in presenza di determinate condizioni. Infatti, ai sensi dell’articolo 1, comma 182 della legge di Stabilità 2016, potranno essere oggetto di conversione in benefit agevolati solo i premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti con il decreto interministeriale di prossima emanazione, nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.

Con particolare riferimento ai premi di risultato è quindi evidente che non tutti i bonus potranno godere di tale possibilità, ma solamente quelli che rispondono ai requisiti di produttività che saranno declinati dal provvedimento ministeriale.

Inoltre, le nuove misure potranno riguardare solo i lavoratori del settore privato, titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nell’anno precedente quello di percezione delle somme di cui al predetto comma 182, a 50mila euro.

Ulteriore requisito riguarda la fonte che dovrà disciplinare i premi di risultato, le somme erogate sotto forma di partecipazioni agli utili, nonché la possibilità di scambio tra questi e i benefit detassati: è infatti previsto che «le somme e i valori di cui ai commi 182 e 184 devono essere erogati in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81» (articolo 1, comma 187 della legge 208/2015).

In particolare, il rinvio al comma 184 della legge di Stabilità – vale a dire la norma che ha previsto la possibilità dello scambio in commento – non sembra possa far emergere dubbi sul fatto che la conversione debba essere regolamentata nell’ambito di una contrattazione collettiva a livello decentrato (aziendale o territoriale).

Né, d’altro canto, sarebbe stata razionale un’autonoma previsione normativa sulla possibilità di scambio lasciata alla sola discrezione del dipendente, posto che oltre a problematiche facili da immaginare molti dei benefit agevolati stabiliscono a loro volta ulteriori requisiti per la cui realizzazione è necessario un ruolo attivo del datore di lavoro; si pensi, ad esempio, al requisito dell’offerta alla generalità o a categorie di dipendenti affinché un determinato benefit possa beneficiare dell’esclusione dall’Irpef, o ad altri benefit che non potendo essere erogati direttamente dal datore di lavoro richiedono l’attivazione di apposite convenzioni con soggetti terzi.

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