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Quote associative e flussi Uniemens:

Le associazioni di categoria che delegano l’INPS di incassare le quote associative per loro conto sono molteplici e dai flussi Uniemens i datori di lavoro possono distinguere i contributi INPS obbligatori a carico del datore di lavoro o del dipendente e le quote associative e contributi per l’assistenza contrattuale.

Questo il tema di un articolo pubblicato oggi (28.1.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Luca De Stefani; Titolo: “Quote associative verificabili in Uniemens”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Sono molte le associazioni di categoria che delegano l’Inps a incassare, per loro conto, le quote associative e di assistenza contrattuale attraverso il codice tributo dell’F24. Dai flussi Uniemens i datori di lavoro possono distinguere l’importo dei contributi Inps obbligatori (a carico del datore o del dipendente) e l’importo delle quote associative e dei contributi per l’assistenza contrattuale (legge 4 giugno 1973, numero 311). Solo con l’Uniemens, infatti, riescono a splittare l’unico importo dell’F24 con il codice tributo DM10 tra le due categorie di contributi, quelli per l’Inps e quelli per le associazioni sindacali.

Questa informazione è importante sia per la predisposizione del bilancio (solo gli oneri sociali vanno nella voce B.9.b del Conto economico, mentre i “contributi ad associazioni sindacali e di categoria” vanno nella voce B.14), sia per la deduzione ai fini Irap delle quote associative e di assistenza contrattuale, per i soggetti che adottano la base imponibile Irap secondo le regole dei soggetti Ires.

I “contributi associativi” devono essere pagati per obbligo solo dagli iscritti alle organizzazioni di categoria e lo stesso succede per i “contributi per l’assistenza contrattuale”, prestata agli iscritti, dalle associazioni a carattere nazionale, in occasione della stipula o del rinnovo dei contratti collettivi di lavoro (articolo 1 della legge 311/1973).

Nella circolare Inps 11 gennaio 2016, n.2 (che ha istituito l’ultimo codice Uniemens per una nuova organizzazione sindacale) si legge che la «circostanza che l’esazione del contributo avvenga congiuntamente a quella dei contributi obbligatori, non altera la natura volontaria del contributo associativo».

Dunque, se il datore non è iscritto, questi contributi non vanno versati.

Le quote associative e di assistenza contrattuale vanno dall’1% al 2% della retribuzione lorda, dunque sua una singola busta paga, con un stipendio lordo di 2.500 euro, il “ricavo aggiuntivo” va da 25 a 50 euro per cedolino.

Tuttavia, può capitare che “per distrazione” o per comportamenti scorretti di chi elabora le paghe questi contributi finiscano nell’F24 ma senza la verifica del flusso Uniemens il datore di lavoro non può accorgersene.

Quest’ultimo, solitamente, riceve solo l’F24, con indicato il solo codice tributo dell’Inps DM10, ad esempio, con l’importo di 1.000 euro (supponendo il caso di un solo dipendente), quindi, registra in contabilità questo dato considerandolo tutto come un contributo Inps obbligatorio (peraltro, non deducendolo ai fini Irap).

In realtà, questo importo è la somma degli oneri sociali obbligatori Inps, nell’esempio di 960 euro, e dei contributi associativi e di assistenza contrattuale per 40 euro. Infine, l’Inps riceve dall’associazione di categoria o dal professionista il flusso mensile Uniemens, con il codice identificativo dell’organizzazione sindacale in corrispondenza di quest’importo di 40 euro e lo bonifica a quest’ultima .

Oltre alla mancata deduzione Irap per le quote associative (danno minore nei casi citati), questi errori o distrazioni aumentano, all’insaputa del datore di lavoro, il cosiddetto cuneo fiscale tra quanto percepisce il dipendente e quanto spende il datore (per la precisione, si tratta di oneri aggiuntivi a carico di quest’ultimo e non del dipendente).

infine, questi comportamenti scorretti possono creare squilibri nella concorrenza dei servizi paga: chi fa la cresta sui contributi può proporre prezzi più bassi di chi adotta un comportamento onesto.

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