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Pensione inabilità lavoratore straniero

La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, della L.n. 388/2000, nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione della pensione e della indennità di accompagnamento per ciechi assoluti e dell’assegno sociale maggiorato, agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato (Ordinanza interlocutoria n. 11053 del 20 maggio 2014, Presidente F. Roselli, Estensore G. Fernandes).

L’art. 80, comma 19, della L.n. 388/2000 prevede che “Ai sensi dell’articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l’assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concesse alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno; per le altre prestazioni e servizi sociali l’equiparazione con i cittadini italiani è consentita a favore degli stranieri che siano almeno titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno. Sono fatte salve le disposizioni previste dal decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237, e dagli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni“.

Il caso all’esame della Suprema Corte riguardava una extracomunitaria legalmente soggiornanete in Italia, alla quale il Tribunale di Pistoia (con due provvedimenti separati) riconosceva il diritto all’assegno sociale maggiorato nonchè alla pensione ed all’indennità di accompagnamento per ciechi assoluti con decorrenza rispettivamente dal giugno 2004 e dal marzo 2005 (prestazioni queste già attribuite in via amministrativa dal dicembre 2006, ossia da quando la ricorrente aveva ottenuto la carta di soggiorno in virtù del conseguimento da parte di suo figlio della cittadinanza italiana).

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Tale decisione veniva riformata, a seguito di gravame proposto dall’INPS, dalla Corte di Appello di Firenze che rigettava le domande proposte dalla originaria ricorrente sul presupposto che era ragionevole condizionare il riconoscimento delle prestazioni assistenziali richieste alla sussistenza degli altri requisiti richiesti per ottenere il permesso di soggiorno e, in particolare, a quello della durata minima del soggiorno, indice evidente di una stabile residenza nel territorio dello Stato. Sottolineva inoltre che tale limitazione non era in contrasto con il divieto di discriminazione di cui all’art. 14 della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo.

L’originaria ricorrente impugnava la sentenza della Corte di Appello innanzi alla Suprema Corte. Resisteva l’INPS con controricorso.

La Suprema Corte ha deciso con ordinanza n. 11053/2014, come indicato in epigrafe, e ha ordinato la immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, nonchè la notifica della medesima ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicazione al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei Deputati.

Allegato: sentenza n. 11053_2014

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