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Maternità nel contratto a termine: Il caso in cui una lavoratrice con contratto di lavoro a termine venga a trovarsi in stato di gravidanza è regolato da varie norme e istruzioni fornite dal Ministero del Lavoro e dall’INPS, oltre che dalla normativa generale, costituita dal D.Lgs. n. 151/2001 (Legge sulla maternità) ed in particolare dall’art. 16, sul divieto di adibire al lavoro le donne:

a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all’articolo 20;

b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;

c) durante i tre mesi dopo il parto;

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d) durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta.

Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternita’ dopo il parto”.

E l’art. 20 del D.Lgs. n. 151/2001 cit., intitolato alla flessibilità del congedo per maternità, invece, prevede che: “1. Ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro. 2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali, definisce con proprio decreto l’elenco dei lavori ai quali non si applicano le disposizioni del comma 1“.

Sia il Ministero del Lavoro che l’INPS sono intervenuti sulla questione della gravidanza per le lavoratrici a termine rispettivamente con la Circolare n. 70 dell’1.12.2004 (Ministero) e con la Circolare n. 50 del 17.3.2005 (INPS), hanno fornito le prime istruzioni operative.

In particolare l’INPS con la Circolare n. 50 ha precisato che “Ai fini del riconoscimento del diritto alla prestazione economica di maternità, non dovranno essere indennizzati dopo la cessazione del rapporto di lavoro i periodi di interdizione (anticipata e/o prorogata) che eventualmente dovessero essere stati riconosciuti dalle Direzioni provinciali del lavoro ai sensi delle lett. b e c dell’art. 17 del D. Lgs. 151/2001, senza che queste fossero a conoscenza di una successiva cessazione del rapporto di lavoro, richiedendo quindi, se del caso, alle Direzioni suddette la rettifica dei provvedimenti emessi prima di conoscere la cessazione del contratto“.

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