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Reiterazione del patto di prova: ammissibilità e inammissibilità

La reiterazione del patto di prova, inoltre, è ammessa anche in due contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente fra gli stessi soggetti (datore e prestatore), in forza della volontà delle parti stesse di derogare alla disciplina tipica del rapporto e consentire quindi ad una di esse la libera recedibilità prima della scadenza del termine.

Tale ripetizione è consentita anche al fine di verificare la persistenza nel tempo della professionalità, del comportamento e della personalità del lavoratore in relazione all’adempimento della prestazione, poichè tali elementi sono suscettibili di modifiche nel corso del tempo in relazione alla circostanza che tra le due assunzioni può trascorrere anche un notevole intervallo di tempo.

È ovvio che la reiterazione del patto di prova in due contratti di lavoro a termine stipulati tra le stesse parti sarà illegittimo qualora lo stesso abbia intenti elusivi di norme imperative e non risponda a finalità apprezzabili.

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Si rammenta che il patto di prova rappresenta, anche nel caso del contratto a termine, l’oggetto di una specifica clausola del contratto di lavoro diretta ad attuare un tentativo attraverso il quale le parti (datore di lavoro e lavoratore) possono verificare la reciproca convenienza del contratto: il datore di lavoro, cioè, potrà sperimentare le capacità professionali del lavoratore, mentre quest’ultimo potrà constatare in concreto la natura della prestazione che gli viene richiesta e delle condizioni in cui il rappporto di lavoro si svolge.

La durata massima del periodo di prova, in genere, è stabilita dalla contrattazione collettiva: tuttavia un tetto “massimo” di sei mesi è desumibile indirettamente dall’art. 10 della L.n. 504/1966, la quale pone appunto il limite di un semestre, oltre il quale il datore di lavoro non può licenziare l’impiegato o l’operio in prova, senza giusta causa o giustificato motivo. Superato il periodo di prova, tutto il servizio prestato viene computato nell’anzianità del lavoratore.

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