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 La lettera b) dell’art. 3 del D.L.vo n. 368/2001 stabilisce che, fatta salva l’esistenza di una diversa disposizione degli accordi sindacali, è vietata l’assunzione di lavoratori a tempo determinato presso “unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi … che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato“.

Mentre invece, presso le medesime unità produttive, si può ricorrere al contratto a tempo determinato in tre ipotesi e cioè:

a) sostituzione di lavoratori assenti (per lunga malattia o maternità),

b) lavoratori già collocati in mobilità per una durata massima di 12 mesi (ex art. 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223),

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c) durata iniziale del contratto a tempo determinato non superiore a 3 mesi.

Il ricorso all’assunzione a tempo determinato è altresì vietata, ex art. 3, lett. c) del D.L.vo n. 368/2001, nelle “unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine“.

Anche in tale ipotesi il divieto vige esclusivamente per le singole unità produttive e non per l’azienda nel suo complesso e che opera unicamente con riferimento al caso di lavoratori assunti per svolgere le medesime mansioni.

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