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Rassegna massime Sez. Lav. Corte di Cassazione (2011)

 Recesso volontario del lavoratore dal rapporto di lavoro (Cass. Sez. Lav. n. 5454/2011)

Dimissioni – Comportamento inequivocabile – Allontanamento del lavoratore dal posto di lavoro – Recesso volontario – Configurabilità – Previsione contrattuale di disdetta scritta – Valenza – Requisito formale di validità del recesso – Esclusione.

“Il recesso volontario del lavoratore può essere desunto da dichiarazioni o comportamenti che, inequivocabilmente, manifestino l’intento di recedere dal rapporto, come nel caso in cui il prestatore si sia allontanato dal posto di lavoro e non si sia più presentato per diversi giorni; né l’applicazione di tale principio è esclusa dalla previsione del contratto collettivo di una forma scritta, ove questa non sia imposta ad substantiam e dovendosi, per converso, intendere la presentazione di una disdetta scritta come un onere a carico del prestatore e non come un intrinseco requisito di validità del recesso”. 

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Giusta causa di licenziamento (Cass. Sez. Lav. n. 5095/2011)

Licenziamento – Licenziamento individuale – Licenziamento per giusta causa – Nozione legale – Specificazioni in sede interpretativa – Rilevanza nel giudizio di cassazione quali norme di diritto – Sussistenza – Accertamento dei fatti e della loro concreta idoneità a costituire giusta causa – Giudizio di fatto – Configurabilità – Sindacabilità in cassazione – Condizioni – Fattispecie.

“La giusta causa di licenziamento, quale fatto «che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto», è una nozione che la legge allo scopo di un adeguamento delle norme alla realtà da disciplinare, articolata e mutevole nel tempo configura con una disposizione (ascrivibile alla tipologia delle cosiddette clausole generali) di limitato contenuto, delineante un modulo generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa, mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama. Tali specificazioni

del parametro normativo hanno natura giuridica e la loro disapplicazione è quindi deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l’accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni, e della loro concreta attitudine a costituire giusta causa di licenziamento, si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e sindacabile in cassazione a condizione che la contestazione non si limiti ad una censura generica e meramente contrappositiva, ma contenga, invece, una specifica denuncia di incoerenza rispetto agli standards, conformi ai valori dell’ordinamento, esistenti nella realtà sociale. (Nella specie, il lavoratore, durante un periodo di assenza dal servizio per malattia, aveva sottoscritto certificati di sanità veterinaria rilasciabili solo dal veterinario in servizio presso il distretto di appartenenza per la spedizione internazionale di prodotti caseari con apposizione di falsi protocolli alle certificazioni medesime, così realizzando una grave violazione del vincolo fiduciario alla base del rapporto di lavoro; la S.C., in applicazione del principio su esteso, ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il recesso)”

 

Carattere ritorsivo del licenziamento disciplinare (Cass. Sez. Lav. n. 5555/2011)

Licenziamento – Licenziamento individuale – Licenziamento disciplinare – Deduzione nel ricorso del carattere ritorsivo del provvedimento datoriale – Condizioni – Efficacia determinativa ed esclusiva del recesso – Necessità – Ulteriori inadempienze del lavoratore – Comparazione tra le ragioni causative del recesso – Esclusione – Fattispecie.

“In tema di licenziamento disciplinare, ove il lavoratore deduca il carattere ritorsivo del provvedimento datoriale, è necessario che tale intento abbia avuto un’efficacia determinativa ed esclusiva del licenziamento anche rispetto agli altri eventuali fatti idonei a configurare un’ipotesi di legittima risoluzione del rapporto, dovendosi escludere la necessità di procedere ad un giudizio di comparazione fra le diverse ragioni causative del recesso, ossia quelle riconducibili ad una ritorsione e quelle connesse, oggettivamente, ad altre inadempienze. (Nella specie, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto ininfluente che le contestazioni mosse al dipendente, investito di funzioni di responsabilità in diverse filiali di un istituto bancario, fossero state originate da una ispezione, asseritamente disposta come reazione ingiusta a sue segnalazioni in ordine alle modalità di gestione di un gruppo finanziario)”.

 Licenziamento per giusta causa (Cass. Sez. Lav. n. 6375/2011)

Licenziamento – Licenziamento individuale – Licenziamento per giusta causa – Malattia del lavoratore – Allontanamento del lavoratore dalla propria abitazione e ripresa di attività della vita privata – Su prescrizione medica – Giusta causa – Configurabilità – Esclusione – Onere del lavoratore di provare la perdurante inabilità lavorativa – Esclusione – Onere del datore di lavoro – Contenuto.

“In tema di licenziamento per giusta causa, la condotta del lavoratore, che, in ottemperanza delle prescrizioni del medico curante, si sia allontanato dalla propria abitazione e abbia ripreso a compiere attività della vita privata la cui gravosità non è comparabile a quella di una attività lavorativa piena senza svolgere una ulteriore attività lavorativa, non è idonea a configurare un inadempimento ai danni dell’interesse del datore di lavoro, dovendosi escludere che il lavoratore sia onerato a provare, a ulteriore conferma della certificazione medica, la perdurante inabilità temporanea rispetto all’attività lavorativa, laddove è a carico del datore di lavoro la dimostrazione che, in relazione alla natura degli impegni lavorativi attribuiti al dipendente, il suddetto comportamento contrasti

con gli obblighi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto di lavoro”.

Licenziamento disciplinare (Cass. Sez. Lav. n. 7021/2011)

Licenziamento – Licenziamento individuale – Licenziamento per giusta causa – Licenziamento disciplinare – Esercizio di altra attività lavorativa durante il periodo di congedo familiare – Divieto – Violazione – Conseguenze – Fattispecie.

“In tema di licenziamento disciplinare, l’espresso divieto di svolgere qualsivoglia attività lavorativa da parte del dipendente fruitore di congedo familiare ai sensi dell’art. 4, co. 2, della legge n. 53 del 2000, non importa che lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente in congedo sia in ogni caso tale da giustificare la sanzione espulsiva, per il solo fatto di aver contravvenuto il suindicato principio, dovendo verificarsi se la diversa attività abbia in concreto compromesso il soddisfacimento degli interessi alla base del congedo e inciso sulla fiducia dal datore di lavoro. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto gli episodi contestati tali da non ledere il vincolo fiduciario o da concretare un grave inadempimento contrattuale, tenuto conto dell’elemento psicologico della condotta del lavoratore, causata dalla necessità di percepire una retribuzione, e della sporadicità dell’attività lavorativa, limitata a quattro giorni in relazione ad un periodo di aspettativa di due mesi, con impegno di poche ore in tre giorni)”.

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo (Cass. Sez. Lav. n. 7046/2011)

Licenziamento – Licenziamento individuale – Licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Licenziamento per ragioni inerenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro – Generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile – Criteri di individuazione del soggetto (o dei soggetti) da licenziare – Principi di correttezza e buona fede – Operatività – Fondamento.

“In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e per ragioni inerenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 604 del 1966, se il motivo consiste nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, in relazione al quale non sono utilizzabili né il normale criterio della posizione lavorativa da sopprimere, né il criterio dalla impossibilità di repechage — il datore di lavoro deve pur sempre improntare l’individuazione del soggetto (o dei soggetti) da licenziare ai principi di correttezza e buona fede, cui deve essere informato, ai sensi dell’art. 1175 c.c., ogni comportamento delle parti del rapporto obbligatorio e, quindi, anche il recesso di una di esse.”

Infortuni e malattie professionali: responsabilità del datore di lavoro (Cass. Sez. Lav. n. 5437/2011)

Orario di lavoro – Superlavoro – Usura da stress psico-fisico – Risarcibilità – Condizioni – Danno biologico – Valutazione medico legale – Necessità – Fattispecie.

“Anche in tema di responsabilità del datore di lavoro per infortuni e malattie professionali trova applicazione la definizione legislativa (art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000) del danno biologico quale «lesione della integrità psico-fisica della persona, suscettibile di valutazione medico legale», sicché la liquidazione equitativa di tale danno presuppone necessariamente l’accertamento medico legale della lesione subita dal lavoratore. (Nella specie, la S.C. ha annullato la sentenza di merito che in relazione a lavoratore sottoposto nello svolgimento delle mansioni ad «usura da stress psico-fisica» a causa dell’effettuazione di un numero rilevante e continuativo di ore di lavoro straordinario aveva liquidato il danno biologico in via equitativa in misura pari al 15% delle retribuzioni percepite nell’arco temporale interessato, senza avere previamente fatto ricorso a consulenza tecnica medico legale)”.

Lavoro subordinato: risoluzione consensuale del rapporto di lavoro (Cass. Sez. Lav. n. 5887/2011)

Risoluzione consensuale del rapporto di lavoro – Manfestazione della volontà delle parti – Mera inerzia del lavoratore dopo l’impugnazione del licenziamento – Sufficienza – Esclusione

In tema di risoluzione del rapporto di lavoro subordinato per mutuo consenso tacito ed al fine della dimostrazione della chiara e certa comune volontà delle parti di porre fine ad ogni rapporto lavorativo, non è di per sé sufficiente la mera inerzia del lavoratore dopo l’impugnazione del licenziamento, o il semplice ritardo nell’esercizio del diritto e, in ogni caso, la valutazione del significato e della portata del complesso degli elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto che i circa due anni e mezzo trascorsi dall’impugnativa del licenziamento potessero essere giustificati dalla necessità di prendere consapevolezza della propria posizione giuridica e di assumere le conseguenti azioni legali)”.

Legittimità del trasferimento del lavoratore (Cass. Sez. Lav. n. 5099/2011)

Trasferimento del lavoratore – Presupposti – Sussistenza di ragioni tecniche, organizzative e produttive – Controllo giurisdizionale – Limiti – Merito della scelta imprenditoriale – Insindacabilità – Inevitabilità della scelta – Necessità – Esclusione – Fattispecie.

“Il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell’impresa, non può essere dilatato fino a comprendere il merito della scelta operata dall’imprenditore; quest’ultima, inoltre, non deve presentare necessariamente i caratteri dell’inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte, tutte ragionevoli, che il datore di lavoro può adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo. (Nella specie, la S.C. ha annullato la sentenza impugnata che, ritenendo insussistenti le esigenze organizzative e produttive poste a base del trasferimento di un dipendente bancario, aveva sottolineato l’assenza di esperienza del lavoratore nelle nuove mansioni e la ripartizione dei suoi originari compiti tra più dipendenti e, quindi, aveva valutato il merito delle scelte organizzative)”.

Infortuni sul lavoro e azione di regresso (Cass. Sez. Lav. n. 5134/2011)

Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali – Infortunio sul lavoro – Azione di regresso dell’Inail contro il datore di lavoro – Termine triennale per l’esercizio dell’azione – Decorrenza – Mancato inizio del procedimento penale – Dalla data di liquidazione dell’indennizzo al danneggiato – Fondamento.

“In tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, l’azione di regresso dell’Inail nei confronti del datore di lavoro può essere esercitata nel termine triennale previsto dall’art. 112 del d.p.r. n. 1124 del 1965, che, ove non sia stato iniziato alcun procedimento penale, decorre dal momento di liquidazione dell’indennizzo al danneggiato, il quale costituisce il fatto certo e costitutivo del diritto sorto dal rapporto assicurativo, dovendosi ritenere che detta azione, con la quale l’Istituto fa valere in giudizio un proprio credito in rivalsa, sia assimilabile a quella di risarcimento danni promossa dall’infortunato, atteso che il diritto viene esercitato nei limiti del complessivo danno civilistico ed è funzionale a sanzionare il datore di lavoro, consentendo, al contempo, di recuperare quanto corrisposto al danneggiato”.

Obbligazioni contributive (Cass. Sez. Lav. n. 1230/2011)

Contributi assicurativi – Prospetto modello DM/10 – Denuncia di contributi da versare – Mancata presentazione – Conseguenze – Omissione contributiva – Configurabilità – Fondamento.

“In tema di obbligazioni contributive nei confronti delle gestioni previdenziali, nel vigore della legge 23 dicembre 2000, n. 388, la mera mancata presentazione del modello DM/10 (recante la dettagliata indicazione dei contributi previdenziali da versare) configura la fattispecie della omissione e non già della evasione contributiva, ricadente nella previsione della lett. a) dell’art. 116, co. 8, della medesima legge, qualora il credito dell’istituto previdenziale sia comunque evincibile dalla documentazione di provenienza del soggetto obbligato (nella specie libri contabili e denunce riepilogative annuali), dovendo in tal caso escludersi l’occultamento del rapporto di lavoro e delle retribuzioni erogate”.

Fiscalizzazione degli oneri sociali (Cass. Sez. Lav. n. 6383/2011)

Contributi assicurativi – Fiscalizzazione degli oneri sociali – Natura industriale – Configurazione – Requisito della creazione di un risultato nuovo – Semplice trattamento della materia prima senza modificazioni estrinseche – Sussistenza del requisito – Condizioni – Fattispecie relativa ad assemblaggio di prodotti a scopi promozionali.

“In tema di fiscalizzazione degli oneri sociali (art. 1 del d.l. 7 febbraio 1977, n. 15, convertito in legge 7 aprile 1977, n. 102) ed ai fini dell’individuazione delle imprese industriali (art. 2195 c.c.) che possono fruire di sgravi contributivi, la creazione di un risultato economico nuovo, che caratterizza la natura industriale di un’impresa, può riscontrarsi anche nell’ipotesi di semplice trattamento della materia prima, operato nell’esercizio di un’attività economica organizzata, senza che sia necessario che la materia prima stessa subisca modificazioni nelle sue proprietà intrinseche, quando risulti prevalente sotto il duplice profilo economico e funzionale il momento della trasformazione della materia prima e della produzione di servizi, preordinati alla commercializzazione di un bene direttamente utilizzabile per il consumo con caratteristiche diverse da quelle del bene originario. Tali caratteristiche si rinvengono nell’attività di assemblaggio dei prodotti con gadgets e regali a scopi promozionali con relativo confezionamento e valgono a caratterizzare la natura industriale dell’impresa”.

Contratto di lavoro all’estero (Cass. Sez. Lav. n. 7041/2011)

Contributi assicurativi – Contratto di lavoro all’estero – Trattamento economico e normativo – Indennità di trasferta – Effettiva natura – Rilevanza ai fini contributivi.

“Nel caso di contratto di lavoro all’estero autorizzato dal Ministero del Lavoro ai sensi dell’art. 2, co. 4, lett. b) del d.l. 31 luglio 1987, n. 317, convertito in legge 3 ottobre 1987, n. 398, per il quale il trattamento economico e normativo offerto non deve essere inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di lavoro vigenti in Italia per la categoria di appartenenza del lavoratore e deve essere distintamente prevista l’entità delle prestazioni in denaro o in natura connesse con lo svolgimento all’estero del rapporto di lavoro le somme indicate nella busta paga come indennità di trasferta sono assoggettabili a contribuzione previdenziale solo ove non abbiano natura di rimborso spese ma natura retributiva”.

Sgravi contributivi: concessione (Cass. Sez. Lav. n. 8069/2011)

Contributi assicurativi – Sgravi contributivi – Presupposti – Novità dell’azienda – Contenuto – Conseguenze – Impresa di nuova costituzione – Diritto agli sgravi – Condizioni – Fattispecie.

“Ai fini della concessione degli sgravi contributivi di cui agli artt. 8, co. 2 e 4, della legge 23 luglio 1991, n. 223 ed in relazione alla novità dell’impresa, deve trattarsi di azienda effettivamente nuova, dovendosi avere riguardo al concetto di azienda in senso oggettivo, senza che possano assumere rilievo tutte le eventuali variazioni intervenute nella titolarità dell’impresa, come nelle ipotesi di trasferimento, trasformazione o fusione di aziende, nelle quali si verifichi il mero passaggio di personale alla nuova impresa senza un effettivo incremento dei lavoratori occupati. Pertanto, non ricorre il presupposto per l’attribuzione degli sgravi suindicati nell’ipotesi di un’impresa, anche societaria, che sia derivata da un’altra impresa di cui abbia rilevato attrezzature, dipendenti e sede sociale restando immutato il numero dei lavoratori occupati, anche se la derivazione sia stata parziale, nel senso che l’azienda sia stata conferita in natura per la costituzione di una impresa avente in parte un oggetto diverso e più ampio e in parte il medesimo oggetto di quella precedente. (Nella specie, è stato ritenuto determinante, a tal fine, che i dipendenti avessero lavorato senza soluzione di continuità negli stessi cantieri ove già operavano e che non vi fosse stata alcuna opzione riguardo all’assunzione presso la società subentrante in un ipotesi di cessione concordata di manodopera)”.

Coltivatrici dirette e trattamento di maternità (Cass. Sez. Lav. n. 8074/2011)

Maternità – Coltivatrici dirette – Trattamento di maternità – Presupposti – Iscrizione negli elenchi dei coltivatori diretti – Sufficienza – Versamento di contributi – Necessità – Esclusione – Fondamento.

“Ai fini del diritto all’indennità di maternità in favore delle coltivatrici dirette, non è necessario il versamento effettivo della contribuzione, ma è sufficiente l’iscrizione negli elenchi dei coltivatori diretti, non sussistendo alcuna corrispettività tra accreditamento contributivo e prestazione (essendo previsto solo un contributo annuo per ogni iscritto) e non configurandosi, peraltro, alcun automatismo nel rapporto assicurativo, che non si instaura al momento in cui viene ad esistenza una posizione lavorativa astrattamente idonea a legittimare l’iscrizione nell’elenco di categoria ma, solo, al momento dell’effettiva iscrizione”.

Rito del lavoro: contestazione conteggi (Cass. Sez. Lav. n. 3236/2011)

Controversie di lavoro e previdenziali – Conteggi relativi agli emolumenti pretesi – Onere di specifica contestazione – Contestazione dei criteri di calcolo – Sufficienza – Fondamento.

“Nel rito del lavoro, la contestazione dei criteri posti a base dei conteggi non equivale a semplice negazione del titolo degli emolumenti pretesi, di per sé non idonea a contestare l’esattezza del calcolo, né integra un comportamento processuale incompatibile con la negazione del fatto, in quanto, al contrario, essa implica, logicamente, l’affermazione della erroneità della quantificazione”.

Rito del lavoro: nuove prove in appello (Cass. Sez. Lav. n. 6498/2011)

Controversie di lavoro e previdenziali – Appello – Divieto di nuove prove – Riferibilità ai documenti – Sussistenza – Produzione di nuovi documenti in appello – Condizioni – Fattispecie relativa a riprese video potenzialmente idonee a evidenziare la commissione dell’illecito contestato al lavoratore.

“Nel rito del lavoro, in deroga al generale divieto di nuove prove in appello, è possibile l’ammissione di nuovi documenti, su richiesta di parte o anche d’ufficio, solo nel caso in cui essi abbiano una speciale efficacia dimostrativa e siano ritenuti dal giudice indispensabili ai fini della decisione della causa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione del giudice di appello di consentire l’utilizzazione delle riprese video dell’ambiente in cui, secondo la motivazione del licenziamento, era avvenuta l’apprensione indebita di un plico contenente valori da parte del lavoratore, visto che tali riprese apparivano potenzialmente idonee a evidenziare la commissione dell’illecito contestato)”.

Quesito di diritto nel ricorso per cassazione (Cass. Sez. Lav. n. 4146/2011)

Ricorso per cassazione – Ricorso fondato sulla deduzione di errores in procedendo in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. – Formulazione del quesito di diritto – Necessità anche in caso di deduzione del vizio riferibile ad un errore di fatto rapportabile alla violazione dell’art. 112 c.p.c. – Modalità della sua prospettazione.

“Il motivo di ricorso per cassazione con cui si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. da parte del giudice di merito, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., deve essere concluso in ogni caso con la formulazione di un quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis del codice di rito civile, che non può essere generica (esaurendosi nella enunciazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato), né può omettere di precisare su quale questione il giudice aveva omesso di pronunciare o aveva pronunciato oltre i limiti della domanda”

Poteri del giudice e rispetto del limite del petitum e della causa petendi (Cass. Sez. Lav. n. 455/2011)

Sentenza – Vizio di ultrapetizione o extrapetizione – Nozione – Portata – Configurabilità del vizio – Sussistenza – Condizioni – Fattispecie relativa a rapporto di lavoro subordinato.

“Il giudice di merito ha il potere-dovere di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione; tale potere incontra peraltro il limite del rispetto dell’ambito delle questioni proposte in modo che siano lasciati immutati il petitum e la causa petendi, senza l’introduzione nel tema controverso di nuovi elementi di fatto. Pertanto, il vizio di ultrapetizione o extrapetizione ricorre quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione (petitum e causa petendi) e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (petitum immediato), ovvero attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (petitum mediato). Ne consegue che il vizio in questione si verifica quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori, attribuendo alla parte un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato. (Nella specie, la Corte di merito, investita della questione avente come presupposto la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e la illegittimità del licenziamento disposto dalla società datoriale, con conseguente richiesta di reintegra nel posto di lavoro e condanna della società al pagamento delle retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento fino all’effettiva reintegra, pur ritenendo l’interruzione di fatto del rapporto e la mancanza di prova in ordine al dedotto licenziamento, aveva condannato la società resistente al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede, argomentando dalla affermata continuità giuridica del rapporto lavorativo in questione. La S.C., in applicazione del riportato principio, ha cassato la sentenza impugnata ritenendo sussistente il lamentato vizio di ultrapetizione della stessa)”.

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