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Tutela lavoratrice in gravidanza e puerperio:

La salute della lavoratrice in quel particolare e delicato periodo della sua vita legato alla gravidanza e alla nascita di un bambino, è stato avvertito dal nostro ordinamento con particolare interesse, poiché è attinente proprio ad eventi che toccano le ragioni profonde dell’esistenza di una donna, ma anche di un uomo, legati alla continuazione della vita. Tali eventi proprio per l’importanza che rivestono non solo a livello personale ma anche per gli interessi generali e della collettività, richiedono una adeguata protezione per la madre, per il padre ed anche per il nascituro.

Per tale ragione il T.U. sulla tutela della maternità e della paternità ha dedicato il Capo II (artt. 6-15) della legge proprio alla “tutela della sicurezza e della salute” della lavoratrice durante il periodo della gravidanza e fino a sette mesi di età del figlio, mediante l’indicazione di misure preventive adatte allo scopo cui si devono attenere anche e soprattutto i datori di lavoro. Giova evidenziare che la legge applica tali tutela altresì “alle lavoratrici che hanno ricevuto bambini in adozione o in affidamento, fino al compimento dei sette mesi di età“.

In particolare l’art. 7 del T.U. vieta ai datori di lavoro di adibire le donne in stato di gravidanza allo svolgimento di determinate attività ed in particolare al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri“.

I lavori considerati pericolosi, faticosi ed insalubri sono indicati nell’allegato A del T.U.sulla tutela della maternità e sono in sintesi: divieto al trasporto, sia a braccia e a spalle, sia con carretti a ruote su strada o su guida, e al sollevamento dei pesi, compreso il carico e scarico e ogni altra operazione connessa; quelli previsti dal D.L.vo n. 345/1999 e dal D.L.vo n. 262/2000.

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I lavori vietati durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto sono: quelli di cui alla tabella allegata al D.P.R. n. 303/1956 e per i quali vige l’obbligo delle visite mediche preventive e periodiche; quelli che espongono alla silicosi e all’asbestosi, nonché alle altre malattie professionali di cui agli allegati 4 e 5 al D.P.R. n. 1124/1965 e succ.mod.; i lavori che comportano l’esposizione alle radiazioni ionizzanti; i lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti per malattie infettive e per malattie nervose e mentali; i lavori agricoli che implicano la manipolazione e l’uso di sostanze tossiche o altrimenti nocive nella concimazione del terreno e nella cura del bestiame;

Mentre i lavori vietati durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione al lavoro sono: i lavori su scale ed impalcature mobili e fisse; i lavori di manovalanza pesante; i lavori che comportano di restare in piedi per più di metà dell’orario o che obbligano ad una posizione particolarmente affaticante; i lavori con macchina mossa a pedale, o comandata a pedale, quando il ritmo del movimento sia frequente, o esiga un notevole sforzo; i lavori con macchine scuotenti o con utensili che trasmettono intense vibrazioni; i lavori di monda e trapianto del riso; i lavori a bordo delle navi, degli aerei, dei treni, dei pullman e di ogni altro mezzo di comunicazione in moto.

Inoltre tra i “lavori pericolosi, faticosi ed insalubri sono inclusi quelli che comportano il rischio di esposizione agli agenti ed alle condizioni di lavoro, indicati nell’elenco di cui all’allegato B“.

Gli agenti sono quelli fisici, biologici e chimici: tra gli agenti fisici: il lavoro in atmosfera di sovrapressione elevata (es.: in camere sotto pressione, immersione subacquea); tra gli agenti biologici: toxoplasma; virus della rosolia (a meno sia provato che la lavoratrice è sufficientemente protetta contro questi agenti dal suo stato di immunizzazione); tra gli agenti chimici: piombo e suoi derivati, nella misura in cui questi agenti possono essere assorbiti dall’organismo umano.

Mentre invece per quanto concerne le condizioni di lavoro esse riguardano in special modo i lavori sotterranei di carattere minerario.

Successivamente al parto invece sono vietate alle lavoratrice l’esposizione agli agenti chimici come il piombo e suoi derivati; nonchè per quanto concerne le condizioni di lavoro, i lavori sotterranei di carattere minerario.

Naturalmente in tutti questi casi la lavoratrice dovrà essere addetta ad altre mansioni per tutto il periodo nel quale vige il divieto, ma anche nel caso in cui i Servizi Ispettivi del Ministero del Lavoro “d’ufficio o su istanza della lavoratrice, accertino che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna“.

Può essere comunque consentito al datore di lavoro di assegnare la lavoratrice a mansioni inferiori a quelle abituali, tuttavia la retribuzione resta quella corrispondente alle mansioni (superiori) precedentemente svolte.

Naturalmente la lavoratrice può anche essere adibita a mansioni superiori, ma in tal caso si applicano le disposizioni di cui all’art. 13 dello Statuto dei lavoratori il quale prevede testualmente che: «Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ogni patto contrario è nullo».

Può verificarsi tuttavia che la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, rispetto a quelle di appartenenza precedentemente svolte, in tali casi il Servizio Ispettivo, competente per territorio, del Ministero del Lavoro può disporre nei suoi confronti l’interdizione dal lavoro per tutto il periodo sottoposto a tutela.

In caso di inosservanza di tali disposizioni è previsto l’arresto fino a sei mesi.

Inoltre le donne, durante la gravidanza, secondo l’art. 8 del T.U. sull’esposizione alle radiazioni ionizzanti, “non possono svolgere attività in zone classificate o, comunque, ad attività che potrebbero esporre il nascituro ad una dose che ecceda un millisievert durante il periodo della gravidanza“.

Giova inoltre evidenziare che a norma del comma 2 del citato art. 8, le lavoratrici sono obbligate a comunicare al datore di lavoro lo stato di gravidanza non appena accertato.

È fatto divieto al datore di lavoro anche di “adibire le donne che allattano ad attività comportanti un rischio di contaminazione“, secondo quanto previsto dal comma 3.

Per quanto concerne poi le lavoratrici della Polizia di Stato, Penitenziaria e Municipale, l’art. 9 del T.U. fa divieto alla Amministrazioni di adbire le donne durante la gravidanza al lavoro operativo. Inoltre a norma del comma 2, gli accertamenti tecnico-sanitari previsti dal T.U. “sono devoluti al servizio sanitario dell’Amministrazione della pubblica sicurezza“.

Infine per quanto concerne il Personale militare femminile, a norma dell’art. 10 del T.U., durante la gravidanza e fino a sette mesi successivi al parto, non può essere adibito “a svolgere incarichi pericolosi, faticosi ed insalubri“.

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