Pensioni: ecco cosa succederà nel 2025. Gli ultimi provvedimenti del Governo sull’uscita dal mondo del lavoro

La tanto attesa riforma strutturale non è arrivata, e le alternative finora introdotte rimangono misure temporanee, spesso legate a condizioni specifiche. Questo significa che nel 2026 potrà andare in pensione solo chi è nato in determinati anni e soddisfa precisi requisiti contributivi ed anagrafici.

Vediamo nel dettaglio chi potrà effettivamente accedere alla pensione e con quali formule.

Pensioni nel 2026: le soglie

La modalità più comune resta la pensione di vecchiaia, che nel 2026 potrà essere ottenuta da chi avrà 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi versati. Dunque, l’anno di nascita di riferimento è il 1959. Esiste anche una variante, nota come “deroga Amato”, che consente di accedere alla pensione con soli 15 anni di contributi, ma solo in presenza di specifici requisiti, come il possesso di anzianità contributiva precedente al 1992.

Soglie pensioni
Le soglie per la pensione – (diritto-lavoro.com)

Entrambe le formule rientrano nell’architettura della Legge Fornero, che continuerà a rappresentare il canale ordinario di uscita anche nei prossimi anni.

Un’altra possibilità è la pensione anticipata ordinaria, che prescinde dall’età anagrafica e si basa solo sull’anzianità contributiva. Per accedervi nel 2026 serviranno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Questa misura consente l’uscita anche prima dei 60 anni, a condizione di avere iniziato a lavorare molto presto.

Non è prevista alcuna penalizzazione sull’assegno per chi va in pensione con questa formula, ma è riservata a chi ha alle spalle una lunga carriera contributiva.

Esiste anche la possibilità della pensione anticipata contributiva, pensata per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 e rientra nel sistema contributivo puro. In questo caso, si può andare in pensione a 64 anni di età con almeno 20 anni di contributi effettivi, a patto che l’importo della pensione sia pari almeno a 2,8 volte l’assegno sociale (circa 1.500 euro lordi mensili nel 2025). I nati nel 1962 possono quindi rientrare in questa categoria.

L’Ape Sociale sarà disponibile anche nel 2026. Si tratta di una misura rivolta a particolari categorie svantaggiate: disoccupati di lungo corso, lavoratori con invalidità, caregiver o chi svolge mansioni gravose. L’età minima richiesta è 63 anni e 5 mesi, con almeno 30 anni di contributi (36 per alcune mansioni gravose). Questo significa che potranno beneficiarne i nati nella prima parte del 1962, sempre che rientrino nei profili tutelati.

Una delle ipotesi su cui il governo sta ancora lavorando è la cosiddetta Quota 41 per tutti, in versione “flessibile”: potrebbe consentire il pensionamento a 62 anni di età con 41 anni di contributi, ma con penalizzazioni per chi ha redditi superiori a 35.000 euro annui. In quel caso, l’importo dell’assegno pensionistico verrebbe ridotto del 2% per ogni anno di anticipo rispetto all’età di vecchiaia.

Anche se questa misura non è ancora certa, se introdotta, permetterebbe a chi è nato nel 1964 o prima di lasciare il lavoro nel 2026.

Dal 2027 le cose potrebbero complicarsi: è previsto un adeguamento automatico dei requisiti anagrafici in base all’aspettativa di vita, che potrebbe portare l’età pensionabile a 67 anni e 3 mesi. Un trend che continuerà nei prossimi anni e renderà sempre più difficile accedere alla pensione in anticipo, con assegni che potrebbero risultare anche meno vantaggiosi.