L’assegno di mantenimento è uno strumento fondamentale per garantire l’equilibrio economico tra i coniugi dopo la separazione
Tuttavia, cosa accade se chi è tenuto a pagarlo perde il lavoro? L’obbligo si annulla automaticamente o resta in vigore? La questione è delicata e ha implicazioni legali importanti.
Una gestione responsabile e trasparente della propria situazione economica, anche nei momenti più difficili, è fondamentale per rispettare gli obblighi previsti dalla legge e tutelare la propria posizione giuridica.
Mantenimento e doveri legali: cosa dice la legge?
Secondo l’articolo 156 del Codice Civile, il giudice può stabilire, in sede di separazione, che uno dei due coniugi versi all’altro un assegno di mantenimento qualora quest’ultimo non abbia mezzi adeguati o non possa procurarseli. Questo contributo ha lo scopo di garantire al beneficiario un tenore di vita il più possibile simile a quello goduto durante il matrimonio.

L’obbligo di mantenimento resta valido anche se il coniuge obbligato si trova in una situazione di difficoltà economica, compresa la disoccupazione. In altre parole, la perdita del lavoro non basta da sola a far decadere l’obbligo, a meno che non sia dimostrata una reale e incolpevole impossibilità di adempiere. Questo significa che il semplice stato di disoccupazione non è sufficiente: bisogna dimostrare che non si hanno altre fonti di reddito o beni patrimoniali dai quali attingere per sostenere il pagamento dell’assegno.
La Corte di Cassazione è stata molto chiara nel corso degli anni: la disoccupazione, per quanto possa costituire un elemento di valutazione, non può essere usata come pretesto per sottrarsi agli obblighi economici derivanti da una separazione o da un divorzio. Il coniuge obbligato deve dimostrare di essersi attivamente impegnato nella ricerca di un nuovo lavoro e di non avere mezzi alternativi per mantenere l’ex coniuge o i figli, se previsti.
Se il coniuge inadempiente ha capacità lavorativa ma non si attiva per trovare una nuova occupazione, ciò può essere interpretato come un comportamento colposo. In questi casi, i giudici possono rigettare la richiesta di sospensione o riduzione dell’assegno.
Chi si trova in una situazione di reale difficoltà economica ha la possibilità di rivolgersi al giudice per chiedere la revisione dell’assegno di mantenimento. La richiesta va fatta attraverso un’apposita istanza di modifica delle condizioni economiche, allegando la documentazione che prova la nuova situazione reddituale, come la cessazione del contratto di lavoro, l’assenza di nuove entrate e l’impossibilità di trovare un’altra occupazione.
Il giudice, valutate le circostanze, potrà decidere se ridurre temporaneamente o definitivamente l’importo dell’assegno, o se sospenderlo del tutto, ma solo in presenza di motivazioni valide e documentate.
Il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento può avere conseguenze molto gravi. In ambito civile, il coniuge beneficiario può avviare un’azione esecutiva, con il rischio per l’altro di pignoramenti su stipendio, conto corrente o altri beni.
Ma le ripercussioni non si fermano qui. Dal punto di vista penale, il mancato pagamento può configurarsi come reato, in base all’articolo 570 del Codice Penale, che punisce chi fa mancare i mezzi di sussistenza ai familiari. La sanzione può arrivare fino a un anno di reclusione o una multa, con aggravanti se sono coinvolti minori.





