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Il 18 dicembre sono scaduti i termini per il versamento della seconda rata dell’Imu, la tassa sulla proprietà degli immobili (ma non sulla prima casa) da 22 miliardi di euro all’anno. Il versamento è stato eseguito a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno, con eventuale conguaglio sulla prima rata corrisposta, sulla base delle delibere pubblicate alla data del 28 ottobre 2023 nel sito Internet delle Finanze.

In oltre 200 Comuni, tuttavia, secondo la Confedilizia, “vi è il rischio che alla prima rata di giugno e alla seconda di dicembre se ne aggiunga una terza il 29 febbraio 2024“. E ciò “a causa di un emendamento al disegno di legge di bilancio che concede ulteriore tempo alle amministrazioni locali che non hanno provveduto a trasmettere nei termini alle Finanze la delibera di approvazione delle aliquote” Imu.

Come funziona la terza rata Imu

Nei Comuni dove non risulta pubblicata una delibera aggiornata ai fini del saldo Imu di dicembre si sono applicati i valori dello scorso anno. Sostanzialmente si è quindi pagato lo stesso importo già versato alla scadenza dell’acconto di giugno 2023. Successivamente, entro il 15 gennaio 2024 si potranno consultare sul sito del ministero dell’Economia e finanze le delibere con le nuove aliquote. Che si dovranno utilizzare per determinare l’importo del conguaglio dovuto entro la scadenza del 29 febbraio. Ovviamente senza l’applicazione di sanzioni e interessi di mora.

Esenzioni per la Chiesa

Il pacchetto di emendamenti alla Manovra di Bilancio 2024, presentato da Guido Quintino Liris (FdI), Elena Testor (Lega) e Dario Damiani (Forza Italia), ha portato con sé questa nuova significativa novità nel settore abitativo. Parallelamente ha previsto esenzioni per gli immobili di enti non commerciali, come fondazioni ed enti ecclesiastici.

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In pratica, ciò significa che la Chiesa e altri enti simili possono beneficiare di una significativa agevolazione fiscale, purché l’immobile in loro possesso sia destinato a scopi non commerciali. Questo include attività come ad esempio la celebrazione di servizi religiosi (e quindi stiamo parlando di chiese e monasteri, ad esempio). Ma anche attività di beneficenza o altri scopi socialmente utili. L’esenzione si applica indipendentemente dalla capacità dell’ente di generare entrate monetarie attraverso l’utilizzo di tali immobili.

 L’Imu non c’è più su alcuni immobili

La scadenza Imu – aggiunge la Confederazione – presenta quest’anno un’importante novità, derivante dalla legge di bilancio dello scorso anno. Dal 2023, infatti, non sono più soggetti al pagamento dell’Imu gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali si sia presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di ‘violazione di domicilio’ e ‘invasione di terreni o edifici’. O per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale“.

La normativa prevede che il soggetto passivo comunichi al Comune interessato il possesso dei requisiti che danno diritto all’esenzione dall’Imu. E deve farlo secondo le modalità telematiche che ha stabilito un decreto del ministro dell’Economia e delle finanze. Analoga comunicazione la si deve trasmettere quando cessa il diritto all’esenzione. Con un comunicato stampa del 12 dicembre scorso, il ministero dell’Economia e delle finanze, su sollecitazione della Confedilizia, ha chiarito che l’esenzione spetta anche se non si è ancora adottato il previsto decreto di attuazione, che riguarda solo il modello dichiarativo. “I contribuenti che fruiscono dell’esenzione – ha inoltre precisato il ministero – dovranno poi presentare la dichiarazione Imu, esclusivamente in via telematica, entro il 30 giugno 2024“.

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